Contenuto
Percorso : HOME > Associazione > Attività > Notte al Museo > 20102010: una notte al museo
La pedalina da stampa
UNA NOTTE AL MUSEO
25-26 settembre 2010
MOSTRA: DALLA SCRITTURA ALLA STAMPA
a CASSAGO - Sala Consiliare
sabato 25: 9-12 e 15-18
domenica 26: 15-18
Fin dai tempi più antichi l'uomo ha manifestato la volontà di tramandare testimonianza di sé e della propria esistenza superando i limiti della tradizione orale e tracciando i primi segni di scrittura.
I segni grafici si possono sostanzialmente suddividere in tre grandi famiglie: i pittogrammi, gli ideogrammi e i fonogrammi.
I pittogrammi
Con i pittogrammi, l'uomo inizia a rappresentare la realtà che lo circonda, e lo fa attraverso raffigurazioni naturalistiche. Utilizza segni grafici molto semplici con i quali cerca di fissare la propria esperienza. Prima testimonianza di questa evoluzione si ritrova nei cosiddetti graffiti rupestri, una sorta di disegni schematici che rappresentano un oggetto o, in alcuni casi, un'idea elementare e raffiguranti, per lo più, scene di caccia, di combattimento o di danza. Successivamente dal disegno figurato si passò a quello simbolico. Ecco che allora il sole diventa giorno, la stella rappresenta la notte, un occhio che piange esprime tristezza.
Gli ideogrammi
Dalla pittografia si passa alla ideografia. In questo caso i segni utilizzati diventano la rappresentazione grafica del concetto che si intende esprimere. Il passo importante nell'evoluzione della comunicazione scritta consiste proprio nel riuscire a rappresentare non solo realtà concrete, ma anche idee. Esempi di scrittura ideografica sono quella cinese, quella maya o quella egiziana (chiamata geroglifica).
I fonogrammi
I fonogrammi sono, invece, dei segni che non indicano più le cose ma, bensì, come si chiamano e i suoni ad esse associati. Il periodo fonetico rappresenta una grande scoperta per il genere umano in quanto determina la nascita dell'alfabeto, dove ad ogni suono della lingua corrisponde un segno chiaro e distinto, Il passaggio dalla tradizione orale a quella scritta ha segnato un momento fondamentale nella storia dell'umanità: la transizione dalla preistoria alla storia documentata. La scrittura ha quindi consentito all'uomo di tradurre la sua esperienza e le sue idee in una forma visibile, di fermarle e di poterle tramandare.
C'era un cinese in Cina
Correva l'anno 105 d. C. e la leggenda narra di un ministro cinese, alto funzionario della corte degli Han, tale Ts'ai Lun che, recandosi quotidianamente in meditazione nei pressi di un vicino stagno dove le donne del villaggio si ritrovavano a lavare gli indumenti sporchi, era solito osservarle nel loro operare. Fu così che si accorse che dai panni strofinati e battuti si staccavano delle sottilissime fibre di tessuto logoro che via via si accumulavano in un'ansa dello stagno fino a formare, sull'acqua, un velo chiaro e sottile. Ts'ai Lun, incuriosito, recuperò questo composto e lo stese ad essiccarsi al sole. Ottenne così un foglio biancastro, abbastanza resistente e su cui sembrava si potesse scrivere. Era nata la carta. Il cammino che la carta compì, dalla Cina al resto del mondo, fu millenario ...
Nel XV secolo, poi, con l'invenzione della stampa a caratteri mobili, la carta divenne un bene di prima necessità, fondamentale per il progresso della società. Verso la fine del Seicento, però, proprio a causa del proliferare della stampa che richiedeva una produzione sempre maggiore di carta, gli stracci (la materia prima, cioè con cui è fabbricata) iniziarono a scarseggiare tanto che, unitamente a qualunque altro materiale utile alla sua fabbricazione, ne venne vietata l'esportazione. Dovranno passare due secoli prima che, grazie all'invenzione del tedesco Friedrich Keller, il legno possa essere utilizzato in sostituzione ai cenci. In Italia, l'arte della carta si sviluppò in molte città, come Venezia, Amalfi, Bologna e Modena, ma è a Fabriano che va il riconoscimento del più importante centro di produzione. Nella storia della carta, il periodo fabrianese è caratterizzato da importanti e rivoluzionarie invenzioni. Prima fra tutte, la sostituzione del mortaio di pietra e il pistone di legno manuale con la pila idraulica a magli multipli mossa dalla forza generata dal mulino.
Questo nuovo meccanismo permetteva di ridurre gli stracci in fibra in minor tempo, di aumentare la produttività e di ottenere una materia prima meglio lavorata e, di conseguenza, una qualità migliore del prodotto finito. Una nuova scoperta, ma non meno importante, fu il nuovo metodo di collatura della carta. Con la collatura, veniva conferita al foglio la proprietà di ricevere l'inchiostro. Questo metodo innovativo permetteva di ottenere la gelatina che veniva utilizzata per rendere la carta più lucida, impermeabile, resistente e adatta allo scopo, attraverso un procedimento di origine animale. Altri importanti cambiamenti, che portano la firma fabrianese, furono il perfezionamento delle forme e l'introduzione della filigrana nei fogli, una specie di contrassegno distinguibile soprattutto in trasparenza.
Nel caso della filigrana, più che di invenzione si dovrebbe parlare di scoperta casuale. Pare che la sua introduzione sia dovuta al fatto che, in una forma per la produzione della carta, fosse accidentalmente caduto un filo di metallo, la cui impronta rimase impressa nel prodotto finito. La carta, si sa, nasce utilizzando, come materia prima, cenci di canapa o di lino che, dopo essere stati ridotti in poltiglia, venivano stesi in modo uniforme su un telaio e fatti essiccare. Per circa cinquecento anni la storia della carta rimane indissolubilmente legata a quella della sua materia prima, i cenci, facendo nascere anche una nuova figura professionale, quella del cenciaio o stracciarolo, colui, cioè, che raccoglieva gli stracci per la produzione cartaria. Solamente nel 1846 il tedesco Friedrich Keller mise a punto un procedimento atto a produrre una pasta a base di legno. La materia prima diventa quindi l'albero, ma non un qualsiasi tipo di albero. L'idoneità a essere un vegetale valido per la produzione cartaria è costituita dalla percentuale di cellulosa in esso contenuta. La cellulosa, impiegata ancora oggi nella produzione della carta, è un composto costituito da carbonio, idrogeno e ossigeno, che viene estratto dal legno degli alberi, in particolare da conifere e latifoglie. Le fasi della produzione della carta sono le seguenti:
- la carta da stracci, nata dalla lavorazione degli indumenti dismessi;
- la carta meccanica, ottenuta dall'impiego della macchina "olandese" per la raffinazione della pasta ottenuta dai cenci lavorati;
- la carta chimica, che scaturisce dall'impiego del legno e dalla necessità di eliminare gli scarti dalla pasta con l'impiego della chimica per dissolvere le sostanze inutili mantenendo però intatta la cellulosa;
- la carta riciclata, che deriva dal problema dell'eccessivo disboscamento e dell'urgenza di una fonte alternativa al legno.
Correva l'anno 1450
Non si conosce esattamente l'anno di nascita di Johannes Gutenberg, l'inventore della stampa a caratteri mobili, che sembra sia datata intorno al 1394, ma di sicuro si sa che, nel 1450, i suoi studi e i suoi esperimenti gli permisero finalmente di comporre e stampare voluminosi libri con una tecnica rivoluzionaria. La stampa a caratteri mobili è solo la prima, ma non unica, grande invenzione di Gutenberg che anticipò il fondamento tecnico della produzione seriale. La seconda è stata la creazione di un particolare inchiostro che aderiva in maniera pressoché perfetta alle singole lettere di metallo. Tornando ai caratteri i primi usati per la stampa hanno lettere grosse e spesse, dal sapore gotico. I singoli caratteri tipografici creati con un particolare processo di fusione venivano poi sistemati nella cassa tipografica ed ordinati in apposite celle. Dalla cassa tipografica venivano poi raccolti per essere assemblati nel compositoio, l'uno accanto all'altro, ma al contrario, per poter essere stampati in modo leggibile, nella sequenza necessaria a comporre le righe di testo da stampare. Una volta composte più righe di testo nel compositoio, si doveva procedere al loro trasferimento su un ripiano, aperto da un lato, chiamato vantaggio. Con l'invenzione della stampa a caratteri mobili ed il moltiplicarsi dei testi sorge il problema, per i tipografi, di illustrare i testi con immagini e decorazioni, fino a un certo punto realizzate con la paziente opera degli amanuensi. Sarà l'incisione a rilievo, nota con il nome di xilografia, ad adattarsi perfettamente a questa esigenza. Si tratta di una tecnica incisoria su legno (dal greco "xilon", legno). Può essere effettuata sul legno di filo (matrice ricavata tagliando il tronco in senso longitudinale) e su legno di testa o di punta (matrice ricavata tagliando il tronco perpendicolarmente). La xilografia si realizza scavando la superficie del legno con appositi strumenti (la sgorbia ed il coltello per il legno di filo, il bulino per il legno di punta); al termine dell'intaglio le parti non incise (i rilievi) vengono inchiostrate mediante rullo. La fase di stampa avviene per pressione manuale o meccanica, attraverso un torchio tipografico o piano cilindrico. Successivamente, il disegno lineare e semplice che caratterizzava l'illustrazione xilografica dei volumi stampati a cavallo dei due secoli, il Quattrocento ed il Cinquecento, si trasforma in una nuova tecnica, chiamata pittorica, che cercherà di avvicinare l'arte incisoria alla pittura vera e propria, con l'imitazione della resa dei chiaroscuri tipica dei dipinti. Quando si parla di chiaroscuro ci si riferisce a una particolare tecnica xilografica che prevede la sovrapposizione, con tirature successive, di due o più legni, ciascuno dei quali destinato a tonalità di colore diverse. La xilografia, a differenza di altre tecniche utilizzate, permetteva di integrare direttamente nella pagina composta anche le illustrazioni (caratteri tipografici e matrici xilografiche erano entrambe in rilievo) evitando il doppio passaggio di stampa: uno per il resto e uno per le figure.
L'evoluzione ...
Se il Quattrocento è, come abbiamo visto, il secolo dell'invenzione della stampa a caratteri mobili, il Cinquecento è quello, invece, del suo sviluppo, tanto da essere considerato il suo periodo d'oro. In questo secolo la produzione libraria assume caratteristiche industriali e abbandona la sua fase sperimentale. Nuovi disegni delle lettere vengono creati ad hoc, i formati vengono modificati e adattati a nuove esigenze di praticità e trasportabilità stessa dei volumi, così come la legatura dei fogli e l'illustrazione dei testi, che viene resa riproducibile industrialmente grazie alla tecnica xilografica. I caratteri disegnati verso la fine di questo secolo sono "nuovi", perdono la loro natura calligrafica e si rifanno a un disegno progettato secondo principi scientifici. Nello stesso periodo vedono la luce i primi quotidiani (non giornalieri ma periodici con cadenza, soprattutto, settimanale). Successivamente, viene realizzato un nuovo prodotto editoriale, la rivista, che introdurrà novità grafiche e di stampa tali da far nascere una nuova figura professionale, quella del grafico impaginatore. E' il secolo in cui si assiste ad una graduale separazione dei ruoli: editore, stampatore e libraio diventano tre soggetti distinti. I caratteri di stampa si vestono li linee sobrie ed armoniose tipiche del neoclassicismo e si rifanno a rigorose proporzioni geometriche, grazie al contributo di Giovan Battista Bodoni.
La litografia ...
Nel 1876 Senefelder inventa la litografia, la tecnica della riproduzione meccanica delle immagini e antenata della stampa offset. L'ottocento è il secolo delle grandi invenzioni e apre il panorama della comunicazione a nuovi mezzi e strumenti di lavoro alimentati da rinnovate esigenze e da nuove scoperte. Il torchio viene sostituito prima dalla macchina piano-cilindrica, poi dalla rotativa e infine dalla offset. La composizione a mano lascia il posto alla Linotype per la composizione meccanica delle linee di testo con l'ausilio di una tastiera. Il libro si perfeziona grazie alla precisione delle tecniche e dei nuovi mezzi a disposizione, e la stampa non viene più intesa solamente come Arte, ma anche, e soprattutto, come mezzo vero per la divulgazione delle idee.
Il Novecento ...
E' il secolo della grande rivoluzione del modo di produrre i testi. Dopo la scoperta di Gutenberg, il cui fondamento era la possibilità di riutilizzare i caratteri da stampa ricombinandoli fra loro attraverso la composizione manuale, si rese necessario un nuovo modo di comporre e di impaginare i testi che fosse sempre più veloce. Infatti, con il forte sviluppo che aveva avuto il processo di stampa, il collo di bottiglia di tutto il ciclo produttivo era rappresentato dalla lentezza dell'uomo nella composizione degli scritti. Due i tipi di compositrici: la Linotype inventata nel 1885 e la Monotype introdotta nel 1889.
La Linotype ...
Era una macchina costituita da una tastiera, completa di caratteri, segni diacritici, segni di interpunzione, numeri, simboli e così via, che permetteva di comporre meccanicamente le righe di testo. Tutto ciò che il linotipista batteva sulla tastiera veniva richiamato automaticamente dai cosiddetti magazzini (cassetti nei quali erano suddivise tutte le singole componenti dell'alfabeto) e disposte in righe di testo. Il problema che a questo punto sorgeva era quello delle correzioni. Infatti, per correggere ogni singolo errore, era necessario riscrivere l'intera riga con un dispendio di energie e di costi non indifferente. Questo inconveniente verrà risolto successivamente con l'impiego della Monotype ...
La Monotype ...
Compositrice che, nonostante risultasse più lenta della precedente, in caso di carattere errato ne permetteva la singola sostituzione, salvando il lavoro speso sulla composizione dell'intera riga.
La fotocomposizione ...
Dalla metà del XX secolo la composizione tipografica a caratteri metallici viene soppiantata dai sistemi di fotocomposizione. In questo modo, quanto scritto viene direttamente impresso su materiale fotografico, dal quale verranno originate le matrici per la stampa. L'utilizzo del supporto fotosensibile è ciò che ha offerto lo spunto per l'adozione del termine fotocomposizione. Termine poi rimasto inalterato anche quando, dalla macchina dedicata, si è passati all'utilizzo del personal computer. Sono gli anni Ottanta, e sono gli anni di uno dei più significativi cambiamenti in campo editoriale, paragonabile per l'impatto sul pubblico alla rivoluzione di Gutenberg: il DTP, anche conosciuto come "editoria da tavolo".
Il DTP ...
Si tratta, in sintesi, di un sistema di dimensioni ridotte e di prezzo accessibile costituito da tre elementi:
- 1 personal computer
- del software per la scrittura, l'impaginazione e il disegno
- una stampante
L'Arte della stampa: le tre grandi famiglie
La stampa rilievografica
La stampa in rilievo prevede che le parti che devono ricevere l'inchiostro per essere stampate debbano essere più alte (e tutte della medesima altezza) rispetto al piano di stampa che le accoglie. Intramontabile esempio di questo processo è la stampa tipografica, detta anche stampa diretta poiché l'inchiostro viene trasferito direttamente dalla forma al supporto di stampa.
La stampa incavografica
La stampa in cavo è, al contrario, caratterizzata dal fatto che i grafismi risultano incisi (e quindi più bassi) rispetto al piano di stampa. Il processo classico di questo sistema è la calcografia e la successiva, in ordine di tempo, stampa rotocalco. Il principio di stampa consiste in una prima inchiostratura di tutta la forma e la seguente asportazione dell'inchiostro dai contrografismi.
La stampa planografica
Nella stampa in piano (grafica o chimica) le parti che ricevono l'inchiostro e quelle che non lo ricevono sono entrambe sullo stesso piano. Esempi di questo tipo sono la stampa litografica e la più recente offset, chiamata anche stampa indiretta, inventata all'inizio del secolo scorso. Nella stampa indiretta, a differenza di quanto visto finora, l'inchiostro non viene trasferito direttamente dalla forma al supporto, bensì dalla forma tipografica a un cilindro di gomma e da questo al supporto di stampa. Se Gutenberg è a tutti gli effetti l'inventore della stampa a caratteri mobili, a Senefelder va il merito di aver inventato, nel 1796, la litografia, una tecnica di riproduzione meccanica delle immagini, antenata dell'odierna tecnologia offset, che rivoluzionerà il modo di stampare conosciuto fino ad allora.
Questo particolare procedimento planografico prende il nome di "tecnica con matrice in piano", proprio perché opera su superfici sprovviste di parti in rilievo o in cavità, come invece avviene per altre tipologie di stampa. Spiegata in modo semplice, la litografia si basa sul principio fisico-chimico della incompatibilità dell'acqua alle sostanze grasse come per esempio, l'inchiostro utilizzato. Su un particolare tipo di pietra (generalmente di origine calcarea) preventivamente squadrata (con le facce perfettamente parallele) e opportunamente levigata e lisciata al fine di togliere qualsiasi rugosità, viene realizzato il disegno con una matita grassa. Cospargendo la superficie disegnata con un sottilissimo velo d'acqua accadrà che le parti non disegnate (i cosiddetti contrografismi) tratterranno l'acqua, mentre i segni grassi (chiamati grafismi) la respingeranno. Sulla pietra che funge da matrice saranno quindi presenti aree bagnate e segni non bagnati.
Se a questo punto, si prova a inchiostrare la superficie della pietra così trattata, si otterrà che l'inchiostro sarà respinto dalle parti umide e trattenute dalle parti grasse, cioè disegnate. In questo modo, un foglio pressato, con l'ausilio di un torchio, sulla pietra litografica riceverà l'inchiostro depositato sulle sole parti disegnate.
Logo della manifestazione
PRESENTAZIONE DEL RUS CASSICIACUM DI AGOSTINO E DEL LIBRO PER RAGAZZI "ADEODATO E L'UMBRA TENEBRARUM"
a BULCIAGO - Sala della Biblioteca Comunale
sabato 25 ore 21
Il terzo romanzo per ragazzi scritto dal prof. GianLuca Alzati si rifà ancora una volta ad una bella storia di Cassago. L'opera, pubblicata dalla Associazione S. Agostino, presentata il 16 maggio 2009 nell'ambito delle manifestazioni regionali lombarde "Fai il Pieno di Cultura". Partiamo dal personaggio principale del romanzo: Adeodato. Il protagonista è realmente esistito ed era l'unico figlio di Agostino, che nel 386 d. C., quando si svolgono le avventure del romanzo, aveva solo quindici anni. Di lui sappiamo quello che racconta papà Agostino; sappiamo ad esempio che era molto intelligente. Agostino in un passo del "De beata vita" dice di lui: "la grandezza della sua mente mi riempì di una sorta di terrore". Adeodato fece parte del gruppo di discepoli e amici africani che si trasferirono con Agostino da Mediolanum a Cassiciaco, tra l'estate del 386 e la primavera del 387 d. C. Partecipò tra l'altro ad alcune discussioni filosofiche e teologiche che sono state riportate nel "De beata vita" e soprattutto nel "De magistro." Alcune di queste discussioni, come quella sulla ricerca della felicità, è stata riportata pressoché fedelmente nel libro. Da questo limitato numero di notizie si sviluppa un avvincente racconto che cerca e riesce con maestria a creare la personalità di un adolescente quale avrebbe potuto essere il figlio di Agostino: intelligente, buono, altruista, ribelle quanto basta, alle prese con i problemi di un tipico ragazzo del IV secolo.