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mons. renato corti

Annotazione autografa di mons. Renato Corti sul libro degli Ospiti dell'Associazione S. Agostino

Cassago: autografo di mons. Corti

 

Omelia di mons. Renato Corti

 

SANT'AGOSTINO AI GIOVANI D'OGGI

(21 Giugno 1986)

 

 

È veramente una grande gioia potermi trovare con voi per parlare di S. Agostino, questo gigante straordinario della storia del cristianesimo, col quale ben pochi altri santi possono paragonarsi. Perchè in Lui si è realizzata una sintesi di qualità diverse complementari che ci permettono di parlar ne come di un grande teologo, di un grande monaco, di un gran de Vescovo, di un grande filosofo, di un grande scrittore.

Era bravo in tutto, eccezionale.

Soprattutto per queste capacità di radunare nella sua personalità ricchissimi aspetti che, di solito, si ritrovano accentuati in maniera differente in varie persone.

lo poi sento che veramente ha molto da dire oggi. E così il ricordare come facciamo oggi e come ci saranno altre occasioni durante il prossimo anno. S. Agostino non ha nulla di retorico, non lo si fa perchè lo si deve fare, lo si fa piuttosto prendèndo occasione da un anniversario per compiere un lavoro di approfondimento che di per sè andrebbe fatto comunque e che sarebbe prezioso in tutti i casi. E S. Agostino in maniera particolare è una montagna che contiene pietre preziose, insomma l'abbondanza per cui se noi ne facciamo una miniera nella quale scaviamo, potremmo arricchirci moltissimo.

Credo anzi che a questo proposito, si debba confessare un peccato che più o meno ampiamente, più o meno consapevolmente, commettiamo tutti: che è quello di avere dei tesori e di lasciarli sepolti, per poi arrabattarci a cercare di capire o di intraprendere scelte e iniziative di vario genere come se il mondo, o la storia del mondo e del cristianesimo, incominciasse da noi.

Mentre sarebbe molto, ma molto più efficace il nostro pensare e il nostro agire se andassimo a scuola dei grandi maestri, come ad esempio Agostino. Voi sapete che, tra l'altro, da venti anni in qua circa, per una strana interpretazione del Concilio, so no stati trascurati i Santi. E se l'abbiamo fatto abbiamo sbagliato, perchè proprio il mettere al centro della nostra vita Gesù Cri sto è l'esperienza che può trovare nei Santi, nei gran di maestri spirituali l'illustrazione più adeguata, più illuminante, più persuasiva. E per quanto sia vero che una certa maniera di scrivere le vite dei Santi doveva essere cambiata, l'avere dedotto che si dovesse buttare tutto al macero per non parlar ne più, dal punto di vista pedagogico e anche dal punto di vista teologico se l'abbiamo fatto, è stato un vero errore.

E direi un gesto che certamente non ha aiutato i giovani, perchè essi in particolare avrebbero potuto trovare in questi confronti un grande aiuto. E noi questa sera facciamo un confronto. E io lo vorrei fare in particolare per ì giovani senza escludere tutte le altre persone evidentemente. Ma io mi vorrei rivolgere soprattutto ai giovani e vorrei dire loro quasi rivolgendomi a ciascuno di essi: "Guardate, se volete comprendere qualcosa del misterioso itinerario di fede che siete chiamati a vivere, ad approfondire, a ribadire, l'esperienza personale di S. Agostino vi può aiutare moltissimo".

E io lo voglio far emergere questa sera attorno a un capitolo fondamentale della sua vita, e direi soprattutto della sua vita giovanile: la conversione.

Ragioniamo su questo, vediamo quali sono gli elementi caratterizzanti per comprendere su questo sfondo che cosa significherebbe dunque da parte nostra vivere un'esperienza cristiana come esperienza di conversione. Forse è il caso di premettere che l'esperienza alla quale mi riferisco è durata da quando S. Agostino aveva diciannove anni a quando ne aveva trenta due, trentatre, e che quanto io accennerò potrete leggerlo, studiarlo e analizzarlo in una parte di quella meravigliosa, anche se non facile opera autobiografica che si intitola "Le Confessioni" di S. Agostino; mi riferisco al libro VIII.

Lì in modo speciale si descrive il momento culminante della conversione, quello che probabilmente va collocato attorno ai trentadue anni della vita di S. Agostino. A me piacerebbe leggere questo libro, questo capitolo diremmo noi oggi, e spiegarlo frase per frase perchè in verità quanto più ci si sofferma, tanto più ci si accorge che non c'è niente da trascurare, però è impossibile, altrimenti domani saremmo qui ancora. Quali sono dunque gli elementi che emergono a dare volto a questa esperienza? E quali sono quelli che potremmo interpretare come emblematici, cioè come elementi che si trovano in lui, ma non per sbaglio, non casualmente, ma che si connettono con la natura delle cose, con la natura della conversione, con la natura di quella esperienza che significa diventare cristiani e che, proprio per questo, può essere ritenuta capace di guidare la nostra esperienza oggi.

Esprimo questi elementi in maniera abbastanza telegrafica.

Chi è il protagonista.

Voi sapete che tutto il libro delle Confessioni è un colloquio con il Signore. Dalla prima parola di questo libro all'ultima Agostino si rivolge al Signore, si confessa.

Dunque in questo libro emerge che il protagonista di quella esperienza che si chiama la conversione è, e resta, unicamente il Signore.

In varia maniera S. Agostino descrive come il Signore si è avvicinato a lui, si è insinuato nella sua esistenza, l'ha toccato in profondità, non l'ha abbandonato. Per esempio dice il Signore: agisci, svegliati, richiamaci, accendi, rapisci, ardi, sii dolce.

E non vi è pagina di questo racconto che non continui a ribadire questa prospettiva. Ora, per esempio, scrive, tratterò come tu mi abbia liberato. E così ancora avanti in tutte le altre pagine, mi illumini la tua misericordia. E così fino alla fine.

Noi che siamo qui stasera dobbiamo renderci conto che se siamo cristiani è perchè il Signore ci fa cristiani. Se voi giovani, a venti anni, potete dire: "Credo", dovete dire "Signore in me realizza la capacità dell'atto di fede".

Su questo noi dobbiamo avere una grande chiarezza e attribuire al Signore ciò che è del Signore. E non dimenticarlo mai in tutta la pedagogia della fede perchè quando noi dovessimo trattare le cose della fede dimenticando che il protagonista è .il Signore, già siamo fuori strada, e dovremo tener conto che agendo in questa maniera non concluderemo nulla.

Poi trovo un secondo elemento ed è quello che consiste nel fatto che nell'esperienza di Agostino appare che il cammino della conversione è un cammino complesso. Questo racconto contesta un'idea di conversione che dovesse suonare in questa maniera: tu ti devi convincere di una verità. Quando ti sei convinto, hai fatto tutto quello che bisognava fare. Sei a posto.

S. Agostino ci aiuta a capire che le cose non sono così semplici, a parte che è già difficile arrivare a questo; ma quand'anche si arrivasse a questo, non si è arrivati a tutto ciò a cui si dovrebbe arrivare, perchè proprio all'inizio di questo libro S. Agostino dice che ormai era arrivato a possedere la certezza che nel Vangelo vi è la verità. Era arrivato. Ci aveva impiegato parecchi anni, ma era arrivato. Era stato un travaglio molto difficile, ma vi era arrivato.

Ma arrivato lì, ha dovuto ammettere che questo non bastava, perchè immediatamente e automaticamente venisse dietro, diciamo così, tutta quanta la sua personalità, i sentimenti, i desideri, le abitudini, la volontà. Tutte queste facoltà, o caratteristiche della persona umana, avevano anch'esse bisogno di essere raggiunte come dei grandi territori e venire percorsi ad essere rinnovati, perchè soltanto quando tutta intera la persona viene dietro all'invito del Signore, finalmente si è compiuta la conversione.

E' il contrario di una concezione intellettualistica della conversione, ed è l'affermazione di una maniera di intendere la conversione che investe tutta la persona. Il diventare cristiani non è fare il compito di aritmetica. Non è studiare un testo a memoria, non è ammettere astrattamente alcune cose. È andare dietro a Gesù. Ora l'andare dietro vuoi dire riconoscere il lui la verità, ma vuoi dire poi rischiare nel suo nome e sulla sua parola e entrare nella logica evangelica per tutte le conseguenze che essa ha sulla nostra vita quotidiana. Ora questo richiede una trasformazione graduale di tutta intera la nostra personalità.

Devo dire di più, ed è che da questo racconto che ho, riferito appunto in maniera prevalente agli anni giovanili, risulta che per Agostino questa complessità della conversione è da intendere, tra l'altro, precisamente come fatica a trovare un equilibrio nel vivere tutta la sfera affettiva seguendo il vangelo.

Agostino era molto passionale, oltre che molto intellettuale, e vi è stato un lungo travaglio affettivo e morale.

Ecco, ai giovani che sono qui, appunto stasera, io vorrei dire: giovani, guardate che il cammino che conduce ad una adesione piena al vangelo comprende il riconoscimento che in Cristo è svelata la verità dell'uomo.

E comprende insieme l'adesione alla logica del vangelo giorno per giorno e nel concreto delle nostre scelte a cominciare da quelle che toccano tutta la vita affettiva, escludendo che vi sia per un verso un'adesione a Gesù riconosciuto come la verità, e per un altro verso che, ciò che riguarda la nostra vita, soprattutto per esempio per questo capitolo, vada per un'altra strada.

Se questo avviene, dobbiamo onestamente riconoscere che la conversione in parte è avvenuta, ma in parte no. Io credo di dover sottolineare questa cosa perchè, per esempio, per quanto concerne la sessualità, l'amore, l'amore vissuto nell'età giovanile, il matrimonio, noi viviamo in un periodo storico nel quale appare con molta evidenza che la logica del mondo non corrisponde a quella del vangelo, anzi la contrasta. Renderci conto di questo potrebbe includere la tentazione di dire, che, a parte questo siamo in linea col vangelo.

Agostino ci dice che non si può affermare "a parte questo", perchè in realtà è una dimensione della vita umana molto importante per testimoniare che veramente ci convertiamo al Vangelo.

E chiaro che, analogamente bisognerebbe dire qualcosa di altri capitoli della vita etica, ma io accenno questo perchè S. Agostino è proprio su questo capitolo che esplicitamente si sofferma, forse perchè era nell'età giovanile, e personalmente aveva dei grandi problemi, delle grandi difficoltà, aveva grandi tentazioni, aveva una vita disordinata e doveva riordinarla, gli costava molto, voleva rimandare, voleva aspettare, voleva pensarci meglio.

In realtà non voleva mettere una scadenza a questo grande momento nel quale finalmente vivere da cristiano.

E descrive queste tentazioni con parole meravigliose e lucidissime.

Ecco, anche noi dobbiamo portare dietro tutti noi stessi verso Gesù e il Vangelo; non lasciare indietro qualcosa che conta, perchè se lo facessimo non potremmo parlare di conversione e lasceremmo sussistere una grave contraddizione che prima o poi si manifesterà forse con il distoglierci completamente dall'adesione anche nella verità del Vangelo. Il secondo elemento è la complessità della conversione. Ma ve n'è un terzo; ed è quello che consiste nel notare che in questo processo di trasformazione Agostino non è stato solo e che, se l'ha compiuto, chiaramente Dio si è servito di altri credenti.

Noi non avremmo Agostino se non avessimo Ambrogio. Noi non avremmo Agostino se non avessimo Simpliciano. Noi non avremmo Agostino se non avessimo altri personaggi meno noti, ma che sono entrati con un peso straordinario nel cammino di Agostino.

lo credo che si possa dire che l'esperienza di Agostino, un uomo geniale al di sopra assolutamente della media, e che ha compiuto un cammino assolutamente personale, un uomo così, e per un cammino così, ha potuto fare quello che ha fatto perchè ha incontrato la chiesa, ha incontrato chi gli ha visibilizzato la fede della comunità cristiana di coloro che avevano aderito al Vangelo e che la vivevano con coerenza dentro questa logica della sequela di Gesù.

Sarebbe molto bello studiare gli incontri di Agostino, e io prima di tutto dovrei ricordare l'incontro con Simpliciano, questo prete di Milano, al quale deve molto anche S. Ambrogio, maestro di S. Ambrogio, padre spirituale di S. Ambrogio, e che è diventato padre spirituale di Agostino, il quale, condotto da Dio, dice: "Devo andare da Simpliciano" e va, da quest'uomo anziano, va perchè chiede qual è il metodo per compiere un cammino di conversione, lo dice esplicitamente.

Ed è interessante che Agostino mostri quanto Simpliciano ha intuito chiaramente che egli non aveva bisogno di tanti ragionamenti, perchè di ragionamenti ne aveva già fatti fin troppi. Ma che aveva bisogno di coraggio, aveva bisogno di arrivare a fare il passo che ormai aveva intuito, ma che non si decideva a fare.

E per aiutarlo in questo lui, che era già testimone, gli racconta una storia di un altro testimone, e cioè il momento nel quale un famoso retore di quel tempo che si chiamava Vittorino giunge a proclamare di fronte alla comunità cristiana il credo, prima di andare al battesimo, lui che era famoso nel foro romano e che decide di diventare cristiano e che non ha vergogna di andare davanti a tutta la comunità a dire, "Sì, io credo".

E tutti meravigliati: "Come, Vittorino che diventa cristiano. Questo grande professore, questo grande avvocato che diventa cristiano".

Agostino capisce che Simpliciano gli racconta la storia per aiutarlo appunto sul fronte di un cammino personale attraverso un personaggio che per tanti aspetti gli assomigliava.

E bisogna ricordare ancora che nella storia della conversione di S. Agostino, soprattutto nella fase finale, entra un altro personaggio: Ponticiano, meno famoso di Simpliciano per noi. Lo conosciamo attraverso S. Agostino è stato importante per Agostino lo ha incontrato, gli ha parlato, è diventato importante per lui ancora una volta, perchè espresso nel nome della fede, cominciando a notare che sul tavolo della casa nella quale si trovava Agostino c'erano le lettere di S. Paolo. "Ah, ma tu leggi le lettere di S. Paolo, ti interessano le lettere di S. Paolo". E poi che, incomincia a parlare, e gli raccontano testimonianze di uomini che, per la causa del vangelo, hanno piantato tutto in modo speciale, gli racconta della storia dei Monaci di S. Antonio nel deserto, di monaci che abitavano fuori le mura di Milano ed erano guidati da S. Ambrogio. E poi gli racconta ancora della storia che gli è capitato di vivere in quella che oggi è la Germania, a Treviri, che era poi la patria originale di S. Ambrogio dove era andato come uomo dell'impero e dove insieme ad alcuni dei suoi amici aveva vissuto un'esperienza straordinaria perchè essendo in libera uscita apparteneva all'esercito ed avendo perduto dei suoi compagni commilitoni, alla fine scopre che qualcuno di questi suoi compagni aveva incontrato uomini che per la causa del vangelo avevano cambiato totalmente vita ed erano diventati monaci e vivevano in una capanna. E qualcuno di questi amici di Ponticiano si era pur deciso a piantare tutto e a mettersi sulla strada del vangelo anche con questa totale consacrazione.

E Ponticiano racconta tutte queste cose a S. Agostino lasciandolo esterefatto e provocando dentro di lui un ripensamento che appunto non era soltanto il ragionare, ma era il vedere come nella vita di altre persone il Vangelo aveva trasformato concretamente il quadro della vita quotidiana. Ecco, questo è un tema pure molto importante, noi diventiamo cristiani normalmente attraverso altri cristiani, noi riusciamo a compiere i passi decisivi contemplando altri che hanno fatto dei passi decisivi.

Noi diventiamo testimoni incontrando dei testimoni, non perchè essi si sostituiscono a noi, perchè nessuno ci può sostituire, ci deve sostituire, ma perchè in essi si vede esattamente ciò che siamo chiamati noi a fare.

Sono i passi di vita. Anche questo è un problema pedagogico fondamentale per tutte le nostre parrocchie, perchè tutta la pastorale giovanile in particolare, ha bisogno di testimoni, ha bisogno di questa fisionomia ecclesiale come suo modo normale di muoversi, ha bisogno di questo contatto con gente che si è decisa per il Vangelo e che svela questa sua decisione, non per venderla, ma per testimoniarla come lode a Dio e come aiuto ai fratelli.

lo capisco che, a proposito di quello che sto dicendo, c'è sempre il rischio di andare da un estremo all'altro, cioè per un verso di concepire tutto un cammino di conversione in maniera individualistica che trascurano questo aspetto dell'incontro con altri testimoni, o, all'altro estremo di concepire il cammino di conversione di vita cristiana esaurendola nell'esperienza di gruppo, mentre noi siamo chiamati in causa come persone, con la nostra libertà, con la nostra personale responsabilità.

E dobbiamo tenere in equilibrio questi elementi dialettici, perchè soltanto un equilibrio dinamico tra i due elementi fa di noi dei cristiani maturi. Ma la spinta sulla quale stasera io vorrei porre la vostra attenzione, perchè S. Agostino la manifesta è quella dell'importanza dei testimoni.

Qui probabilmente ci sono dei catechisti; io vorrei dire a loro per esempio: guardate che i vostri ragazzi a cui fate catechismo è importante spiegare bene il catechismo, ma è non meno importante che vedano in voi della gente che quelle cose le vive, le pensa, le condivide, le ama appassionatamente, e che fuori dalla mezz'ora del catechismo non sono più nulla, ma sono i testimoni del Vangelo per cui se li incontrano nella vita si accorgono che non era nel catechismo che parlava di quelle cose, ma dovunque sia, vive quelle cose, voi a questi ragazzi date veramente la capacità di aderire in maniera profonda al Vangelo; senza questo io francamente penso che il nostro lavoro è debolissimo, e basta una spugna per pulire tutto e per azzerare tutto.

E questo è vero analogamente anche nella vita giovanile; i nostri gruppi giovanili hanno bisogno di avere dentro questa passione per il Signore che non ha vergogna di manifestarsi.

Anche oggi c'è bisogno di qualcuno che assomiglia a Ponticiano, e naturalmente io dico per me, per i sacerdoti che sono qui presenti che naturalmente gli Agostini di oggi hanno bisogno di trovare Simpliciano, dei maestri spirituali, delle guide spirituali, della gente che ha la saggezza del Vangelo, e che vive di queste cose e che non ha in mente altro. E poi vorrei ricordare ancora un elemento: ed è che quando finalmente giunge alla conclusione di questo itinerario, lui che aveva già scoperto, credeva di avere scoperto Cristo come il Maestro, lo scopre in un'altra maniera che sarà più decisiva per tutta la sua teologia, per tutto quello che scriverà.

Meditando attentamente proprio le lettere di Paolo, in particolare due lettere, non casualmente bisogna dire oggi, due lettere, ai Galati e la lettera ai Romani, voi sapete che sono due lettere fondamentali di tutto l'epistolato Paolino, scopre che Gesù, il Maestro è il Salvatore.

Forse qualcuno di voi mi dirà: "Va bene, ma dove sta la novità? È una grande scoperta questa?" Certo che è una grande scoperta!

Perchè sta ad indicare che S. Agostino scopre in Gesù non soltanto colui che svela il senso delle cose, ma colui che gli rende realmente possibile un cammino nuovo, e gli permette di vincere quella battaglia che deve combattere dentro di sè contro le forze del male. Chi mi libererà? La grazia di Dio in Gesù Cristo.

Mentre come accennavo all'inizio, tutta l'esperienza di Agostino lo porta a dire che il protagonista è Dio, l'esperienza della conversione lo porta a dire che Dio si svela come Dio, per lui in Gesù.

È veramente il Redentore colui che libera, riscatta, recupera, permette di percorrere una strada nuova con la forza della sua grazia.

E diventerà il teologo della grazia di Cristo, diventerà il teologo che la affermerà in una maniera che nei secoli successivi sarà giudicata anche eccessiva. E la storia della teologia discuterà molto a lungo su queste accentuazioni agostiniane, giudicherà perfino eccessiva questa accentuazione della grazia di Cristo per la salvezza dell'uomo.

Ed è una grande profonda verità, per tutti noi. Vengo a qualche osservazione conclusiva.

S. Agostino ha impiegato tredici anni o pressa poco, a convertirsi.

Se noi ci impieghiamo qualche mese è poco. Se poi dovessimo dire: "Ma io per la verità fino adesso... È così importante questa faccenda della conversione?" Beh, io vi dico stasera: "Guardate che Agostino ha impiegato tutti questi anni". Se noi ne impieghiamo troppo poco io dico: "Guardate, francamente dubitiamo un pochino della nostra conversione. Potrebbe essere un bel francobollo, non la carne della nostra carne. In particolare gli anni giovanili sono anni nei quali l'iniziativa o l'impegno fondamentale deve vivere sulla conversione.

Allora io scrivo a voi giovani "Ragazzi, mettete in programma sull'onda della forza di Dio, ma esplicitamente, per la vostra esistenza, di fare diventare la giovinezza il tempo delle grandi decisioni su Dio e sul Vangelo.

Osservazione: io noto in questo libro che ho velocissimamente accennato che l'esperienza della conversione si congiunge praticamente in quella della vocazione. Voi sapete che S. Agostino diventerà monaco, ma in questo libro mentre non si parla ancora della sua vocazione, si può dire che i personaggi che emergono e sui quali egli è condotto a riflettere per capire la sua conversione, sono monaci. Ma a parte il fatto che egli è diventato monaco e che per lui diventare monaco voleva dire offrire a Dio la risposta più grande, fare il dono più totale di sè, visto che aveva ricevuto tutto poichè Dio si era rivelato, quello che rimane da cogliere da parte di tutti noi è che la conversione inevitabilmente diventa passo che immette in quello della vocazione perchè voi mi sapete spiegare come sarebbe possibile convertirsi veramente al Vangelo senza porsi questa domanda: Signore, ma in concreto, per me, con nome e cognome, che mi converto al Vangelo, che cosa vuoi dire, qual è il mio sentiero?

Come io posso praticare il Vangelo?

In quali condizioni di vita, in quale forma?

E appunto questa condizione, questa forma è la vocazione particolare di ciascuno di noi. E dunque è il volto della conversione a livello personale, non è un'altra cosa, ma è la tua maniera di vivere la fede. E perciò che allora io mi rivolgo ancora ai giovani e dico: "Giovani domandatevi se state camminando con il desiderio di rispondere a questa domanda: "Signore che cosa vuoi da me, come vuoi che io metta in pratica il Vangelo, dove mi vuoi? Con chi? In quale compito di vita ecclesiale e di vita sociale?". E la prova del nove che la conversione è vera è che ci apre ad una prospettiva di vocazione quanto alla maniera di impostare la propria esistenza.

Fino a che invece noi dovessimo ritenere questo discorso sulla vocazione quasi come il discorso sui soprammobili, per cui si dice: beh, se ci sono, possono andare bene anche quelli, ma se non ci sono la casa sta in piedi lo stesso. In verità non abbiamo ancora capito cos'è la conversione e che cos'è la vocazione. Tra parentesi vorrei dire una cosa a questo riguardo: io sono molto colpito dal fatto che S. Agostino ha impiegato 13 anni a convertirsi, e sono veramente tanti. Poi, secondo, che convertirsi ha voluto dire diventare monaco.

Pensate che lui con tutte le doti, le capacità, il successo che aveva perchè era una persona già affermata nel mondo, voleva dire piantare tutto, e così ha fatto. Lui che pensava solo di fare il monaco, viene fatto Vescovo. E lui non pensava affatto a diventare Vescovo; e diventa vescovo uno che si è convertito e che voleva fare il monaco.

lo sono convinto che, anche per me, per esempio, per fare bene il vescovo, bisogna non pensarci troppo, non desiderarlo, e invece desiderare di convertirsi e di seguire la vocazione, perchè questi sono i due pilastri che sorreggono il ministero, qualunque esso sia, compreso quello episcopale.

Poi dovrei aggiungere un'altra cosa, cioè che da quando poi Agostino è diventato vescovo, la vita per lui non è diventata facile, ma è diventata poi particolarmente difficile fino alla morte, perchè ha dovuto patire le pene dell'inferno per tante questioni che c'erano ai suoi tempi nei confronti della vita della chiesa dal di fuori e anche all'interno della vita stessa della chiesa, in particolare tutto il problema del donatismo. Vengo a un'altra osservazione conclusiva: la rilevanza del fenomeno della conversione spiega come mai in tutti gli scritti di S. Agostino esplode letteralmente il suo animo, come quello di chi ha tanto cercato, ha sinceramente scelto, è stato trovato da Dio, ha accolto Dio e ha vissuto dunque poi tutta la sua esperienza di teologo, di filosofo, di poeta, di Vescovo, di uomo spirituale, sempre con questa intensità dell'uomo che si è convertito.

Mai a freddo, sempre a caldo, sempre con gusto, sempre con sapore, sempre con bellezza, sempre con passione, sempre, diciamolo pure, anche un po' drammaticamente; così traspare da tutto quello che ha detto e ha scritto quest'uomo, per cui anche a distanza di anni o di decenni perchè ha vissuto fino, non a tardissima età. Diventato vecchio, fino agli ultimi suoi anni S. Agostino ha sempre manifestato la freschezza di colui che incontra una realtà meravigliosa. Posso fare a voi tutti un augurio di vivere a lungo come S. Agostino, ma di mantenere fino all'ultimo giorno l'entusiasmo di S. Agostino.

Come appare per esempio in quel commento alla parola Alleluia che la liturgia ambrosiana ci fa leggere nel periodo pasquale con quel suo commento a un pezzetto del salmo in cui spiega come tutta la nostra preghiera è insieme lode e gemito; sempre c'è questa, come dire, sensazione di S. Agostino di essere come un torrente in piena che non si depaupera mai e che non va mai in secca.

Ecco se tutto il prossimo anno che è dedicato al Centenario di S. Agostino verrà in varia maniera vissuto da parte nostra con l'accostamento a questa figura mirabile, io sono certo, il Signore attraverso di lui, che è un grande testimone per la chiesa di oggi, ci aiuterà ad essere veri cristiani.

 

Mons. RENATO CORTI

Vicario Generale della Diocesi Ambrosiana