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Roberto Beretta
DIZIONARIO BRIANZOLO-ITALIANO
Dall'Introduzione
La Brianza
Attualmente, quando si dice Brianza, il pensiero comune corre a un territorio dai contorni indefiniti che si estende sulle superfici, senza però mai coincidere con alcuna di esse, di ben quattro diverse province, Lecco, Como, Monza Brianza e Milano. Oltre ai confini, a complicare la questione sta il fatto che paesaggi, parlata, inurbamento, economia, storia locale di questa Brianza “allargata” si presentano piuttosto disomogenei. Una ricostruzione degli eventi, che hanno portato a questa situazione, non fatica a riconoscere che molti paesi, specialmente nel Novecento, si sono proposti o sono stati dichiarati “brianzoli” con l'obiettivo di darsi una rinnovata identità e un nuovo brand. Già nell'Ottocento le idee erano poco chiare se Cesare Cantù si permetteva di scrivere che la Brianza è denominazione della quale "non si conosce né l'origine, né il significato, né i limiti". Tuttavia, come sempre, la storia con i suoi documenti riesce a mettere ordine nel disordine delle scarse conoscenze. La Brianza in realtà è l'evoluzione di quello che un tempo si chiamava Monte di Brianza: già verso il 1340 Galvano Fiamma nella sua cronaca Manipulus Florum, parlando della mitica città di Barra, poneva questo luogo nel Monte di Brianza.
E nel 1411 il duca Gian Maria Visconti, probabilmente su suggerimento di Facino Cane conte di Biandrate, che allora signoreggiava il Monte di Brianza in nome del duca, confermò il 4 agosto le immunità e le esenzioni concesse da suo padre ai ghibellini della Martesana superiore. La conferma venne fatta sotto il titolo di "Montis brianzie partium nostrarum Martexane superioris".. L'anno seguente, il 10 luglio 1412, prestarono giuramento di fedeltà, per mezzo di procuratori, al nuovo duca Filippo Maria molti comuni delle pievi di Oggiono, di Garlate, di Brivio e di Missaglia, che nell'atto vengono ubicati nel Monte di Brianza nel contado della Martesana: "omnia communia Montisbriantie contrate Martescane". Questi documenti ci confermano che i villaggi delle pievi citate sopra, più quella di Agliate ultra Lambrum, che erano collocati per largo giro intorno al colle di Brianza, erano volgarmente noti come Universitas Montis Briantiae. Questo è in effetti il nucleo originario e autentico del territorio che è chiamato Brianza. Per questo motivo, date le notevoli differenze dialettali odierne rilevabili in Brianza e la difficoltà di uniformarle, abbiamo preferito circoscrivere la nostra ricerca, in questo lavoro, al dialetto della Brianza nei suoi confini originari, così come emergono dalle attestazioni storiche sopra delineate.
Il dialetto brianzolo nel tempo
Il dialetto brianzolo è parente stretto del dialetto milanese in quanto hanno la stessa origine e la stessa evoluzione portata al linguaggio dalle popolazioni che nel tempo hanno invaso i territori. E' però evidente la differenza nella parlata e nella cadenza, assai più rozza nella Brianza contadina e ignorante di un tempo, con l'uso frequente delle più grezze “u” anziché la “o” del milanese e “z” al posto della “s”. Il dialetto brianzolo ha invece meno a che fare con altri dialetti di zone comunque limitrofe tipo la bergamasca, le zone del lago di Como e Lecco, la Valtellina e il varesotto, le cui evoluzioni hanno seguito strade diverse. La base del dialetto brianzolo é celtica, i Galli che occuparono i territori 4 secoli A.C. dove all'epoca stanziavano Insubri ed Etruschi. I nomi dei paesi inizianti per Ar (= vicino alla palude) come Arlate, Arosio … Cas (= forte casa) come Casate, Cassago, Casletto ... Mar (= palude) come Maresso, Mariaga … o con desinenza ago – igo – ugo – uno tipo Lurago, Bulciago, Inverigo, Orsenigo, Carugo, Airuno ... sono vestigia lasciate da questa popolazione. La maggior parte delle parole hanno invece origine romanica-latina (i Romani occuparono la zona 2 secoli A.C) o dal successivo volgare, tuttavia i vari popoli che hanno occupato e dominato nei secoli a seguire questi territori, hanno tutti portato qualcosa di nuovo. Gli spagnoli ci hanno lasciato dei termini derivati dalla loro lingua tipo tumàtes (da tomato = pomodoro), danee (da dinero = soldi), scüsà (da excusar = fare a meno) per fare qualche esempio. Hanno anche influito sulla pronuncia della “s” morbida e appena allungata presente in tante parole in dialetto, che risulta uguale a quella che in spagnolo é la “ç” (vedere poi nella sezione pronuncia). Gli austriaci hanno pure lasciato dei termini derivati dal tedesco tipo trincà (da trinken = bere smodato), ranf (da krampff = crampo), sbruià (da brüen = scottare) e altri. Inoltre il suono“ö” che ritroviamo in parole tipo öcc (occhio), böcc (buco), piöcc (pidocchio) che nella lingua italiana non esiste, è invece corrispondente al suono tedesco. I francesi infine sono quelli che probabilmente hanno lasciato più tracce. I suoni del dittongo “eu” di neuf (nuovo o nove) e della vocale “ü” di dü (due), sconosciuti nella lingua italiana, hanno invece suono identico al francese. Di termini derivati o addirittura scritti o pronunciati come in francese se ne trovano in buona quantità.
2017 Formato 17 x 24 pp. 500 + XXIII