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Parco di sant'Agostino a Cassago
L'OTIUM DI CASSICIACO
Una giornata nella villa romana di Verecondo
Christianae vitae otium
La decisione di Agostino d'appartarsi nell'ambiente di campagna, reputato tradizionalmente umile e di scarsa importanza, si manifesta come una vivace e contraddittoria novità rispetto alle consuetudini della sua epoca, ma pure pienamente consona al nuovo spirito che lo anima da qualche tempo. In altre occasioni Agostino specificherà meglio i suoi rapporti con la civiltà e le tradizioni dell'impero, definendo il carattere e la funzione di Roma pagana in termini che non dovevano più essere dimenticati. Il famoso interrogativo: "Che altro non sono i regni senza la giustizia, se non grandi latrocini ? " e insieme il suo caldo appello "alla nobile natura romana, alla progenie dei Regoli, degli Scevola, degli Scipioni, dei Fabrizi perché cercasse i comandamenti del vero Dio, e i doni e i favori suoi, ben distinguendoli dalle vane turpitudini e dalle malvage menzogne dei démoni ", costituiscono i due argini ideali della condanna del vecchio e della conversione al nuovo ordine di cose entro i quali fu accolta dalla coscienza cristiana medioevale la tradizione di Roma e dell'Impero. In un mondo che sta per perire Agostino getta le basi per la nascita di una nuova civiltà, la cui evoluzione si affermerà fra inenarrabili sofferenze.
Il suo genio illuminerà tutto lo svolgersi della civiltà europea per più di un millennio, rappresentando uno dei muri maestri della cultura medioevale. Le sue idee incominciano a maturare e ad elaborarsi in questa campagna di Cassiciaco, nella cui pace rurale si svolgono le discussioni filosofiche che sono al centro dell'attività intellettuale di Agostino e dei suoi amici, pronti ed ansiosi oltre ogni speranza, dopo qualche esortazione e stimolo allo studio. L'inizio delle dispute coincide praticamente con l'arrivo alla villa. Lo sviluppo della giornata a rus Cassiciacum si regola sui ritmi della natura, che ne scandisce il tempo e le occupazioni. Gli episodi ed i fenomeni naturali, anche i più comuni, offrono ad Agostino efficaci motivi per poter scoprire ed avvertire la presenza del divino. Il ciclo stesso delle stagioni, l'alternanza e l'attesa dei raccolti, propongono un rapporto privilegiato, che verifica continuamente l'equivalenza fra Provvidenza e Storia.
Agostino crede in una Provvidenza animata da vivo amore per gli uomini, in netto contrasto con il panteismo deterministico degli stoici e crede che essa solleva nello stesso tempo la dignità umana fino a Dio, per un'opera eterna e ineffabile di pedagogia. La disabitudine alla civiltà contadina, sostituita da quella industriale moderna, che al contrario dell'altra pianifica e quantifica i rapporti con ben poche e relative incertezze, non ci permette più di cogliere ed apprezzare quel carico di speranza e fiducia, propria di quei tempi. La disgregazione di questa antica cultura è stata notevole e dalle sue ceneri si sono originate teorie che hanno frantumato la società in tanti mondi caotici, disorganici e ineguali, avendo fatto in gran parte tacere o dimenticato di soddisfare alla domanda inquieta ed eterna dell'origine e del fine dell'uomo, cioè Dio, che impone la coscienza di se stessi. Lo spessore della giornata di Agostino si tramuta tosto in una appassionata ricerca della verità. La quotidianità ne consiglia il corso. L 'alba è una costante proposta al giorno nascente ed Agostino prega. Sbrigate le faccende domestiche, " domestica negotia o res familiaris " e le pratiche agricole, le passeggiate per i campi o il ritrovo alle terme introducono una sempre vivace ed acuta discussione. Un sobrio pasto al quale spingeva la madre Monica che un giovane servo annunciava, separa una disputa dall'altra, interrotte solo da una naturale pausa di riflessione al calare delle tenebre. Prima di consumare la cena Agostino era solito leggere e spiegare alcuni testi di Virgilio ai suoi compagni. Nel silenzio notturno la ricerca si interiorizza e vasti spazi della prima e della seconda notte partoriscono le tormentate riflessioni di Agostino. In questo periodo egli ha ormai abbandonato il giovanile manicheismo di prima maniera e sta avvicinandosi velocemente al cristianesimo attraverso la lettura di Plotino. Sul significato e lo sviluppo della sua evoluzione spirituale in quell'anno, il 386 d.C., la critica è piuttosto divisa. I Razionalisti asseriscono che se a Cassiciaco ci fu conversione, questa fu al neoplatonismo e non al cristianesimo, che, secondo alcuni, avvenne più tardi, probabilmente verso il 399 d.C. Altri sostengono, forse troppo unilateralmente, che la conversione di Agostino al cristianesimo non fu influenzata dal neoplatonismo. La maggior parte degli autori crede invece in una effettiva conversione, stimolata e influenzata dal neoplatonismo e soprattutto da Plotino.
Nel 386 Agostino sta attraversando una profonda e grave crisi spirituale che coinvolge la sua vita e il suo pensiero in una assidua e concreta valutazione della problematica filosofica. Il colloquio con uomini delle varie esperienze, quali Ambrogio, Manlio Teodoro, Zenobio, Ponticiano o Simpliciano, lo aveva costretto ad una revisione di fondo della propria situazione spirituale. Ambrogio lo aveva avviato a superare i suoi retaggi materialistici di origine manichea chiarendogli che la dottrina cattolica non era quella che i Manichei gli avevano insegnata. Agostino fece questa scoperta ascoltando le sue prediche, che, appena arrivato a Milano, seguì costantemente, prima per pura curiosità estetica e poi per interesse all'argomento trattato. La grande influenza di Ambrogio nella conversione di Agostino si espresse in effetti nella predicazione più che con i contatti personali. Infatti Agostino lo incontrò in rare occasioni: appena arrivato a Milano per una visita di cortesia, un'altra volta per sottoporgli la questione del digiuno postagli da sua madre, altre volte casualmente per via. In certi momenti Agostino avrebbe voluto parlargli a lungo, andò a trovarlo in episcopato, ma non osò interromperlo dalle sue occupazioni. Questi incontri mancati non gli impedirono tuttavia di apprezzare Ambrogio, a tal punto che la sua ammirazione giunse a invitare esplicitamente Paolino a comporre una biografia del grande vescovo milanese. A lui infatti era debitore di due principi che lo avevano incoraggiato alla conversione, l'interpretazione spirituale o allegorica delle Scritture e l'assoluta spiritualità dell'anima e di Dio. Con Ambrogio i suoi pregiudizi contro la chiesa cattolica cadono uno dopo l'altro, ma non sono ancora vinti completamente. È Simpliciano, l'anziano pedagogo di Ambrogio, amato da Ambrogio proprio come un padre, che lo incoraggerà a proseguire nel cammino, invitandolo a leggere ancora con costanza i platonici, nella traduzione latina del retore romano Vittorino convertitosi al cristianesimo qualche anno prima. Le prediche ambrosiane e le conversazioni del circolo neoplatonico di Milano lo avevano ormai preparato a studiare quei libri con occhio cristiano. Dalla loro lettura Agostino astrae una profonda aspirazione alla saggezza come elevazione morale, riscopre un ritorno all'interiorità per liberare la verità di Dio e di se stesso, la realtà e la bontà del mondo e della vita, l'armonia dell'universo. In essi trovò la soluzione di due grossi problemi che lo tormentavano, la spiritualità dell'essere e l'origine del male, approfondendone e chiarendone i principi metafisici, che entreranno a far parte della filosofia, che sarà sostegno e frutto insieme della dottrina cristiana. Questo incontro con i platonici, che taluni hanno definito di " importanza fatale " nel pensiero della storia occidentale, presenta diversi problemi riguardanti tanto gli autori letti, quanto le opere che lesse. Le opinioni diffuse hanno proposto inizialmente Platone, sostituito da Plotino, dopo che l'analisi critica di P. Henry ha dimostrato che nel De beata vita 1,4 il Platonis va letto in Plotinis, e Porfirio, o più comunemente tutti e due.
Quanto alle opere, Agostino assicura che furono poche. Una minuziosa analisi di confronto tra i Dialoghi cassiciacensi, Le Confessioni e La Città di Dio, ha consentito di stabilire che Agostino delle Enneadi di Plotino molto probabilmente lesse i brani 1,6 (La Bellezza); 1,8 (Quali e donde i mali?); 3,23 (La provvidenza); 5,1 (Le tre ipostasi originarie); 5,2 (Genesi e ordine delle cose dopo il Primo); 6,4.5 (L'essere uno, identico, onnipresente); 6,6 (Numeri); 6,9 (Il Bene) e altri trattati più difficilmente individuabili. Di Porfirio lesse il De regressu animae, L'unità della dottrina di Platone e Aristotele, La filosofia degli oracoli, Le sentenze. Marginalmente qualche autore ha pure tentato di identificare l'uomo gonfio d'orgoglio che procurò ad Agostino questi libri. C'è chi ha creduto di riconoscerlo in Manlio Teodoro, altri, con minore verosimiglianza, in Porfirio, che sarebbe, in tal caso, un intermediario mediato. Le dottrine neoplatoniche comunque non appesantirono l'originalità e l'autenticità del pensiero agostiniano, poiché non le accettò completamente, in parte le respinse e in parte le trasformò. Più che il logos di Plotino ad esempio, Agostino ha largamente utilizzato nei Dialoghi e nei Soliloqui, i trattati di Filone e di Amelio. Ha invece utilizzato i suoi trattati relativi a Dio e alla possibilità di raggiungerlo quale armonia e bellezza, attraverso la contemplazione, nonché quelli riguardanti l'anima e i problemi morali della dignità della vita e della felicità. Se stiamo ai testi dei Soliloqui e dei Dialoghi, limitatamente al De beata vita e De ordine, possiamo concludere che Agostino ha preso contatto, variamente definibile, con i trattati plotiniani, in un raffronto assiduo con le conoscenze che possedeva del testo di Platone. Il lavoro di rilettura del neoplatonismo ci è presentato con una certa freschezza dalla franca corrispondenza che Agostino scambiò con Nebridio proprio in quei mesi a Cassiciaco. Queste lettere riflettono gli interessi filosofici che allora impegnavano la mente del retore in piena conversione e che trovano ampie integrazioni e sviluppi nei Soliloqui e nei Dialoghi. Gli argomenti trattati in queste epistole non si fermano ai problemi puramente speculativi, ma investono tutto l'orientamento della vita, che deve rivolgersi dalle cose sensibili e caduche alle spirituali ed eterne. Qualche sprazzo di luce sul suo stato d'animo in questo periodo, viene fornito quand'egli descrive un'esperienza personale di contemplazione. Già in questa fase del pensiero agostiniano è impossibile separare l'aspetto filosofico dal religioso, del che si compiace Nebridio, che avverte nelle lettere di Agostino, accanto agli echi di Platone e Plotino, quelli dell'insegnamento di Cristo. Agostino infatti si sta accorgendo dell'incompletezza del neoplatonismo e della necessità di ricercare la verità in spazi più liberi e universali. In effetti nei libri dei platonici non trova il Dio verbo e verità, ne il messaggio cristiano palesato nella straordinaria lezione d'umiltà dell'incarnazione. Solo la lettura di Paolo e degli evangelisti gli apprenderà la verità del Dio cristiano, che si pone nella crisi del mondo, per restituire all'uomo la coscienza della sua salvezza. Nella tranquillità di Cassiciaco Agostino interroga se stesso e ce ne assicura una fresca e sempre viva memoria nelle opere, dove incomincia a scoprire e introdurre i temi fondamentali del messaggio cristiano.
L'aiuto del pensiero divino nei momenti di crisi dell'uomo e la necessità dell'autorità del Cristo per il conseguimento d'una dottrina, altrimenti impossibile al filosofo, che ha coscienza di non possederne una umana, sono i temi conclusivi del Contra Academicos. Così pure il finale del De beata vita annuncia la ritrovata serenità e pienezza dello spirito nell'incontro fra la saggezza, già nota ai filosofi, e la novità del Figlio, che è la somma misura della verità. La purificazione e la visione ordinata dell'Universo, che spalancano al pensiero l'intuizione dei disegni divini, sono i motivi terminali del De ordine, che già introducono ai Soliloqui. In quest'ultima opera conosciamo un grande Agostino, nelle cui riflessioni trovano spazio le invocazioni e le interiori e profonde aspirazioni della sua esperienza di creatura angosciata in cerca di se stesso e della sicurezza. La sua attività intellettuale si sviluppa ininterrottamente per tutto il suo soggiorno in un continuo lavoro di lima e di approfondimento. L'otium a Cassiciaco si rivelerà ben presto fruttuoso, effondendosi in una grande libertà di pensiero e di sintesi fra neoplatonismo e cristianesimo.