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Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Cinquecento: Angelucci CamilloPITTORI: Angelucci Camillo
Crocifissione con Monica, Agostino e Nicola da Tolentino
ANGELUCCI CAMILLO
1574
Visso, Museo cittadino
Crocifissione e i Santi Monica, Agostino e Nicola da Tolentino
La tela venne dipinta da Camillo Angelucci nel 1574 per la chiesa di S. Agostino di Visso. Lo ricorda la scritta "Camillus fecit AD" 1574. Attualmente è conservato nel Museo della stessa località. La scena raffigurata riprende temi cari al medioevo con l'adorazione del Crocifisso: ai due lati della croce stanno in piedi Agostino, vestito da vescovo, e Monica, che invece indossa il nero saio delle agostiniane. Guardano con affetto al giovane Nicola da Tolentino, frate agostiniano, che tiene in mano un giglio e con l'altra un libro. E' in ginocchio davanti al Crocefisso ai cui piedi ritorna il medioevale simbolo della morte costituito da un teschio con due ossa a croce. Fu il simbolo dello stemma agostiniano fino al 1500 inoltrato.
Il dipinto si fa notare soprattutto per l'uso vivace e appropriato del colore. Criticabile invece l'errore di prospettiva che riduce la statura del Cristo rispetto a santa Monica, Agostino e Nicola da Tolentino. Nella parte alta dell'affresco è visibile una Madonna con bambino con accanto altri due puttini, forse a stemperare la monotonia ed il manierismo presente nell'immagine centrale.
Camillo Angelucci
Camillo Angelucci insieme al fratello Gaspare, diede vita a una bottega di pittori, che per quasi un secolo produsse, dopo l'esperienza romana, egregie pitture, affreschi, tabernacoli, lavori in legno. Come gran parte della pittura umbro-marchigiana dell'epoca si trattava essenzialmente legata alla devozione religiosa. Si intravedono comunque alcune affinità con la pittura veneta o di alcune botteghe d'arte contemporanee operanti a Roma.
Consapevole della centralità della croce nel disegno salvifico di Dio sull'umanità e della straordinaria molteplicità di rimandi ad essa nell'Antico e nel Nuovo Testamento, Agostino si impegna nella sua interpretazione e meditazione lungo tutto l'arco della vita come confermano i numerosi riferimenti alla croce di Cristo, disseminati in tutta l'ampia produzione dell'Ipponate. Ciò che Agostino intende evidenziare è che la scelta di Gesù di portare la croce sulla quale verrà messo a morte è una lucida indicazione su cosa debba significare la vita cristiana. I credenti sono esortati in tal modo a seguire l'esempio del Maestro.
«La croce tiene insieme lo scandalo e la salvezza, la fine e l'inizio, perché in essa si compie qualcosa di assolutamente e radicalmente nuovo: sul legno, Cristo ci istruisce sul significato della nostra vita presente e futura, perché è con la sua morte che Egli ha vinto per noi la morte».
Tu stesso ci avevi folgorati con le frecce del tuo amore, e portavamo conficcati nel ventre gli arpioni delle tue parole e gli esempi dei tuoi servi, che da oscuri avevi reso splendidi e da morti, viventi. Bruciavano ammassati nel fondo della mente divorando la sua pesantezza e il torpore, per impedirci di scendere in basso, ed era un tale incendio che tutto il fiato soffiatoci contro dalle subdole lingue l'avrebbe ravvivato, non estinto.
AGOSTINO, Confessioni, 9, 2, 3
PSEUDO AGOSTINO, Planctus Mariae edito a Parigi 1842
Scrive Agostino commentando l'episodio della Crocifissione e della presenza di Maria accanto a Suo Figlio: "Allora, sotto la croce la riconobbe, lui che da sempre l'aveva conosciuta. E prima che fosse nato da lei, aveva conosciuto la madre nella predestinazione. Prima che, come Dio, egli creasse colei dalla quale doveva essere creato come uomo, conosceva la madre."