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Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Cinquecento: BaschenisPITTORI: Baschenis
Simone Baschenis:
affresco nella Chiesa
dell'Assunta a Dasindo
LA FAMIGLIA BASCHENIS
Quella dei Baschenis è una prolifica famiglia originaria di Averara, nel bergamasco, ricca di interessanti personalità di artisti che spesso lavorarono assieme, rendendo così non sempre facile la distinzione degli apporti stilistici di ognuno. Alcuni esponenti di questa stirpe di pittori fra il XV e il XVI secolo operarono, oltre che in Lombardia, anche in Trentino. Si possono infatti ascrivere al periodo dal 1470 al 1540 circa gli interventi pittorici lasciati dai Baschenis in numerose chiese e cappelle delle Valli Giudicarie, della Val Rendena, della Val di Non e della Val di Sole. Per più di 200 anni, a partire dalla metà del Quattrocento, la famiglia Baschenis diede dunque molti uomini alla pittura che si sono succeduti di padre in figlio, abbellendo di affreschi numerose chiese in terra Bergamasca e diffondendo il nome della loro patria fin nelle più lontane valli del Trentino. Differenti per ispirazione e virtuosismo artistico, legati alla cultura quattrocentesca e piuttosto refrattari alle novità del Rinascimento, riuscirono tutti a interpretare con gusto e originalità i temi dell'arte sacra.
La loro pittura, piuttosto semplice dal punto di vista stilistico, non ricerca effetti prospettici, né particolari sfumature cromatiche; ama invece i colori accesi, che sottolineano la vivacità delle scene ritratte. I loro dipinti risultano pertanto molto omogenei, tanto che anche per gli esperti in molti casi, è difficile attribuirli all'uno o all'altro. E' un'arte povera di prospettive, di sfumati e di cura nella resa anatomica dei corpi, ma ricca di colori, di fede e di voglia di rendere più consone al culto le chiesette. Dal punto di vita iconografico il bagaglio dei Baschenis di Averara è piuttosto compatto e ripete l'iconografia dei santi più conosciuti e raffigurati, sono i santi di una fede semplice ben evidenziati dai loro attributi: Francesco con le stimmate, Antonio abate con il maialino e il bordone, Caterina, Agata, Lucia e Barbara con i rispettivi segni del martirio, ovvero la ruota, il seno tagliato, gli occhi strappati e la torre o la pisside, Martino che taglia in due il mantello, Sebastiano trafitto dalle frecce, Lorenzo con la graticola, Rocco che mostra il bubbone.
Accanto a loro trovano però spazio anche figure trentine, come San Vigilio con lo zoccolo e "San Simonino", ricoperto di ferite e con la sciarpa bianca attorno al collo, oppure soggetti più complessi come l'Ultima Cena, la Crocifissione, la Danza Macabra o i cicli con storie di santi, spesso tratti dalla Legenda aurea di Jacopo da Varagine o dai racconti dei Vangeli apocrifi. Sulle volte absidali abitualmente raffigurano i quattro Evangelisti e i quattro Padri e Dottori della Chiesa. Le loro opere affrontarono anche i territori del profano, tanto da consegnare alla grande pittura italiana, le prestigiose opere di Evaristo, veri capolavori in assoluto.
I 19 artisti che conosciamo sotto il nome di Baschenis e che in qualche modo hanno lasciato traccia della loro produzione, vanno ripartiti fra due distinte casate: quella di Lanfranco, che annovera quattro esponenti, attivi tra la seconda metà del Quattrocento e i primi decenni del Cinquecento e quella di Cristoforo, assai più numerosa che fu attiva fino alla seconda metà del Seicento. Pur operando in due terre diverse, quella bergamasca d'origine e quella delle vallate trentine, dove e' documentata la presenza di almeno una decina di loro, i Baschenis seppero affermarsi come i pittori delle fatiche e delle sofferenze del popolo contadino di montagna.
I loro dipinti esprimono appieno le aspirazioni della gente umile, fosse essa bergamasca o trentina, gente che trovò nei Baschenis interpreti ideali del loro sentire. Praticamente quasi tutti i pittori Baschenis nacquero nella frazione Colla di Santa Brigida di Averara dove è stata individuata quella che fu la dimora della dinastia di Cristoforo. Questa loro origine è chiaramente rivelata dalla firma, Baschenis di Averara, con cui autenticavano le loro opere oppure si qualificavano nei documenti che li riguardavano. Negli atti notarili redatti in Valle Averara dai notai locali prevale invece sempre il riferimento ai Baschenis della Colla.
La discendenza di Lanfranco:
Antonio de Baschenis
Antonio Baschenis:
san Sebastiano e san Giuliano
Giovanni e Battista de Baschenis
Angelo de Baschenis
Antonio Baschenis (1450-1490) E' il primo pittore della famiglia. Figlio di Giacomo e nipote di Lanfranco. Nel 1451 ha una bottega a San Michele all'Arco nella città di Bergamo. In seguito, primo dei Baschenis, si trasferisce in Trentino, dove nel 1461 affresca la chiesa di Santo Stefano a Carisolo con un ciclo comprendente fra l'altro un'Ultima cena, due Madonne in trono con Bambino e varie figure di Santi. Ancora in Trentino affrescò le pareti interne della chiesa di San Virgilio a Pinzolo e dipinse una Madonna col Bambino e Santa Caterina nella chiesa di Mione in Val di Rumo. Quest'ultima opera risulta firmata e datata 1480. Antonio è citato in un atto notarile di Averara del 1450 con il quale suo fratello Taddeo acquistava dei beni nella contrada Muggiasca per sè e per i fratelli Antonio e Angelo.
Giovanni e Battista Baschenis (1471-1503)
Entrambi figli di Antonio, lavorarono inizialmente in Trentino, affrescando diverse chiese, tra cui la cappella di San Valerio a Tasullo e la chiesa di sant'Uldarico a Rumo, in Val di Non, dove nel 1471 realizzarono una bella Ultima Cena. Tornati a casa, Giovanni si dedicò alla pittura lavorando da solo e realizzando tra l'altro la Raffigurazione del peccato originale nella sagrestia di Alino (1478) nonchè il Cristo sul sepolcro tra la Madonna e San Giovanni (1486) oggi conservato in una collezione privata di Fuipiano al Brembo (San Giovanni Bianco)
Angelo Baschenis (1450-1490)
Fratello di Antonio, compare per la prima volta come pittore nel 1482, quando affresca il presbiterio di San Defendente alla Roncola con figure di Santi. Ben più importante è comunque il ciclo della sagrestia della parrocchiale di Ornica, da lui firmato "Angelus de Averaria pinxit una cum filio suo" e datato 15 Novembre 1485. Ad Angelo Baschenis sono attribuiti gli Episodi della vita di San Nicola da Tolentino e altri affreschi della chiesa di Santa Brigida, risalenti allo stesso periodo. Qualche anno più tardi tornò a dipingere in Trentino, prima a Flavon e quindi, nel 1490, nella chiesa di San Virgilio a Pinzolo.
La discendenza di Cristoforo
Cristoforo I° Baschenis (1465-1475) E' il capostipite, in senso pittorico, dell'altro ramo della famiglia. Pur figurando residente alla Colla di Averara, i suoi lavori si trovano prevalentemente in Trentino. Sembra che abbia soggiornato per qualche tempo anche a Brescia. Nel 1474 dipinse e firmò il Sant'Antonio Abate della facciata della chiesa cimiteriale di Pelugo in Val Rendena, l'unica opera di attribuzione certa. Per affinità stilistica si potrebbero attribuire alla sua mano anche altri affreschi della stessa facciata, tra cui la Madonna con Bambino, l'Annunciazione, la Processione e San Giorgio.
Dionisio Baschenis:
affresco di san Cristoforo
a Pelugo, chiesa S. Antonio
Dionisio Baschenis (1493)
Figlio di Cristoforo, lavorò anch'egli nella chiesa di Pelugo, firmando il 9 ottobre 1493, il grande San Cristoforo che occupa il lato destro della facciata. A Dionisio vengono attribuite le Scene della vita di sant'Antonio dipinte sulla parete esterna destra della chiesa.
Simone I° Baschenis (1488-1503) Fratello di Dionisio, lavorò in Trentino assieme al fratello, ma non resta nessuna opera che sia chiaramente attribuibile a lui. Purtroppo alcuni affreschi della parrocchiale di Londrone, che erano stati firmati da lui assieme al fratelloDionisio, sono andati persi nel corso del XX secolo.
Cristoforo II° Baschenis (1472-1520)
Figlio di Simone I°, nacque nel 1472, lavorò sempre in Trentino, dove nel 1496 affrescò l'interno della chiesa di San Felice a Bono di Bleggio con un bel ciclo recentemente ristaurato, comprendente tra l'altro una bella Crocifissione, un'Annunciazione, Scene della vita di San Felice, una serie di Santi, la teoria degli Apostoli, i Dottori della Chiesa e Cristo Pantocratore. Attorno al 1500 affresco' la chiesa di San Giorgio a Dorsino e quella vicina di San Rocco a San Lorenzo in Banale con due cicli che riprendono i soggetti già dipinti in San Felice. Altre opere certe di Cristoforo II° sono il Cristo benedicente e le storie di San Lorenzo della chiesa di Condino (1519), il ciclo della chiesa dei Santi Faustino e Giovita a Ragoli e gli Episodi della vita di Cristo in Sant'Antonio a Pelugo. La presenza di Cristoforo II° a Santa Brigida e' documentata da un atto notarile rogato a Muggiasca nel 1505 dal notaio Antonio Mascheroni dell'Olmo.
Simone II° Baschenis (1490-1555)
Figlio di Cristoforo II°, è considerato il pittore di affreschi più qualificato di tutta la dinastia, in quanto la sua produzione presenta una certa impronta rinascimentale e un gusto creativo personale. Tra i dipinti vanno ricordati senz'altro l'assemblea dei Santi e Dottori della Chiesa a Commezzadura (1512), la leggenda di Carlo Magno e le Storie di Santo Stefano nell'anonima chiesa di Carisolo (1519), l'Annunciazione e altri affreschi sul protiro della chiesa della Natività a Pellizzano (1534), la grande Crocefissione di Santa Maria Javrè (1543) e la decorazione degli interni di quello splendido gioiello che è la chiesa di San Vigilio a Pinzolo (1539), dove tra l'altro è possibile ammirare la rappresentazione dei Vizi capitali, una Crocefissione, un Cristo Pantocratore con i Quattro Evangelisti e i Dottori della Chiesa e Scene della Vita di San Vigilio. A San Vigilio si trova certamente l'opera più famosa di tutta la produzione artistica dei Baschenis e una delle più interessanti, in quanto rivela l'atteggiamento nei confronti della vita e della morte della cultura medievale. La chiesa cimiteriale, dedicata a San Vigilio, assunse l'attuale fisionomia nei primi anni del 1500 grazie alle decorazioni che vi dipinse Simone Baschenis assieme ai suoi collaboratori.
Chiesa dell'Assunta a Dasindo
Lungo la parete esterna, subito sotto il cornicione, dipinse una famosissima Danza Macabra datata 1539. L'affresco presenta una teoria di personaggi illustri, come imperatori, signori e cardinali, e umili come mendicanti, monache e soldati, intervallati da scheletri beffardi. Le immagini sono corredate da versetti simili a ritornelli popolari che ricordano l'ineluttabile fine di ogni uomo, impossibilitato per sua natura a sfuggire alla morte. I dipinti di Pinzolo sono preceduti da una esperienza pittorica che Simone condusse nel 1536 nella quattrocentesca chiesa di S. Lucia .che proprio in quel periodo assunse al ruolo di centro o sede della Curazia di Sopracqua. La chiesa di chiara ispirazione gotica riceve l'impronta prestigiosa del pennello di Simone Baschenis che orna l'interno del presbiterio e del coro, nonché la parete esterna meridionale. Su quest'ultima, secondo l'Alberti, sarebbero stati dipinti i temi della Danza macabra e dei peccati capitali, già dal pittore delineati a Carisolo e Caderzone, e che avrebbero toccato il vertice dell'espressione artistica nel 1539 sulla chiesa di san Vigilio a Pinzolo. Purtroppo gli ampliamenti a questa chiesa, ormai da tempo centro riconosciuto della cura d'anime di tutta l'alta valle (Sopracqua), fecero uno scempio degli affreschi di Simone. Negli anni 1590 - 1592 infatti fu prolungata la navata, sacrificando purtroppo le vecchie superfici murarie, affrescate nel 1536 da Simone Baschenis. Grande è il rammarico per la distruzione così repentina di una opera d'arte che doveva testimoniare il passaggio di Simone dalle prime esperienze giovanili (Carisolo) ai capolavori della piena maturità (Pinzolo e Javrè).
Filippo Baschenis (1525-1597)
Figlio di Simone II°, fu sua sua volta pittore, come si evince da vari documenti. Tuttavia a parte gli affreschi di Pinzolo e Massimeno a cui lavorò assieme al padre, nulla è rimasto delle sue opere. Tornato a Santa Brigida assieme al resto della famiglia, Filippo diventò sindaco della confraternita del Rosario della sua parrocchia. Filippo compare in diversi documenti Numerosi sono i documenti che riguardano Filippo: nel 1590 figura tra i capofamiglia che sottoscrivono lo strumento di juspatronato della chiesa parrocchiale di Santa Brigida. Nel 1588 viene registrato nello stato d'anime della parrocchia: abita nella sua casa della Colla, con lui, d'anni 63, pittore, vive Lucia sua moglie d'anni 53 e suo nipote Antonio di anni 10.
Cristoforo Baschenis il Vecchio (1520-1613)
Fratello di Filippo, dopo le prime esperienze in Trentino, si trasferì a Bergamo in borgo San Leonardo e dal quel momento lavorò sempre nella Bergamasca. Nel 1564 affrescò il ciclo delle Storie di San Bernardino a Lallio e nel 1576 firmò gli affreschi della chiesa di Sant'Egidio a Fontanella. A Cristoforo il Vecchio sono attribuite anche una grande Crocifissione e la Predica di un santo Francescano nel monastero di Romacolo a Zogno. Sempre a lui sono attribuiti gli affreschi della chiesa di Santa Trinità a Urgnano e diverse opere minori. Anche Cristoforo il Vecchio compare in diversi atti rogati a Santa Brigida, fra una compravendita che fece per il nipote Giovanni Battista Guarinoni, pure pittore, di una pezza di terra "campiva e prativa" in contrada Ripa.
Cristoforo Baschenis il Giovane (1560-1626)
Nipote di Cristoforo il Vecchio, apprese l'arte dell'affresco a Bergamo, nella bottega dello zio, al quale fu affidato dal padre, come apprendista, per cinque anni, con un regolare contratto notarile. Le sue opere più note sono le Scene della vita di San Giovanni Battista nell'omonima cappelletta di Cusio (1583) e gli Episodi della Vita di San Benedetto da Norcia, nel monastero di San Benedetto a Bergamo (1597).
Cristoforo Baschenis: vita di san Giovanni
Pietro Baschenis: visitazione di Maria
Pietro Baschenis (1590-1630)
Pronipote di Cristoforo il Vecchio, è probabilmente il primo esponente della famiglia a non essere nato a Santa Brigida, bensì a Bergamo, nella casa a suo tempo acquistata dal nonno in Borgo San Leonardo. Tra i suoi primi lavori figurano gli affreschi mitologici di casa Galizzi (ora casa parrocchiale) a Leffe (1613) e la Madonna col Bambino nella segrestia della Basilica si Santa Maria Maggiore (1616). Successivamente lavorò in vari paesi della bergamasca, realizzando opere sacre e profane. Notevoli sono le sue Storie della Vergine nel Santuario di Sombreno, gli affreschi del monastero dell'Incoronata a Martinengo e quelli della chiesa dell'Assunta a Grassobbio. Pietro Baschenis, morì di peste nel 1630 e fu l'ultimo degli affreschisti. Dopo di lui la fama della famiglia sarà legata ai capolavori di Evaristo.
Evaristo Baschenis (1617-1677)
Nasce a Bergamo nel 1617 e si distacca nettamente da tutti gli altri pittori della famiglia, sia perché si dedicò quasi esclusivamente alla pittura a olio sia per il livello artistico straordinario che raggiunse, il che fa di lui uno dei più qualificati artisti del Seicento. Poco si sa dei rapporti che intercorsero tra Evaristo e il resto della famiglia, salvo supporre che in gioventù abbia conosciuto il cugino Pietro, morto quando egli aveva appena tredici anni. Figlio di un Simone della famiglia di pittori Baschenis, originari di Averara in val Brembana e attivi nei secoli XV e XVI nel Bergamasco e in Trentino, risulta già sacerdote in un documento del 1643. Il prete Baschenis fece di Bergamo (dove una solida struttura di classe aveva fin dal Cinquecento offerto sbocco alla grande ritrattistica del Moroni e poi del Ceresa) un centro di alta specializzazione e di vasta notorietà nel campo delle «nature morte», genere in cui egli maturò una duplice specializzazione ritraendo gruppi di strumenti musicali ambientati (tavoli con tappeti, di tipo orientale e occidentale; tende-cortinaggi in broccato o damasco) e gruppi di polleria, pesci, selvaggina, frutta, verdura, talora biscotti e formaggi, utensili e basi di metallo e terraglia, su tavoli da cucina. L'importanza di Bergamo in tale genere iconografico risulta con evidenza dall'esame comparativo della produzione autografa superstite (60 opere ca.) e da quello della ancor più vasta produzione di bottega. Non meno importante a questo fine è lo studio della produzione degli imitatori bergamaschi e lo studio degli interessanti rapporti con altre aree italiane, dal napoletano Giuseppe Recco e da Fieravino il Maltese fino all'emiliano Cristoforo Munari (attivo a Roma e a Firenze nel primo Settecento). Da tempo è caduta l'ipotesi di una dipendenza della sua pittura da analoghi soggetti fiamminghi e olandesi: in questi la presenza visiva dell'oggetto musicale è estrinseca (talora allegorica) e priva del rigore strutturale del bergamasco, mentre l'invenzione del Baschenis è forse da riferire a una sua conoscenza di trattati illustrati di prospettiva del Cinquecento, dove lo strumento musicale è esempio preferenziale di modello stereometrico, inizialmente legato alla pratica dell'intarsio.
Spesso Baschenis applica questi metodi di strutturazione visiva primaria (non contraddetta, anzi in rapporto di interazione con il massimo illusionismo luministico-cromatico) a singoli elementi oppure a complessi oggettuali del tutto identici, ripresi da un quadro all'altro: gli stessi metodi sono evidenti e dimostrabili tanto nelle «cucine» quanto nelle nature morte musicali. Ricordiamo le quattro nature morte musicali dell'Accademia Carrara di Bergamo; gli strumenti musicali e la «cucina» della Pinacoteca di Brera a Milano; le singole tele di strumenti musicali del museo di Bruxelles, della Galleria Sabauda di Torino, del Museo Boymans di Rotterdam, del Museo della Scala e della Pinacoteca Ambrosiana di Milano. Fra i rarissimi quadri con presenza umana, spiccano il Ragazzo con cestino di dolci, già nella Collezione Suardi, e il grande trittico con due tele di figure e strumenti (compreso l'Autoritratto del Baschenis alla spinetta) e una di soli strumenti, «ab origine» in casa Agliardi a Bergamo. La formazione artistica di Evaristo, maturata alla sua vocazione sacerdotale, fu comunque del tutto autonoma rispetto alla tradizione dei suoi antenati frescanti.
Le sue personali esperienze maturarono la sua inimitabile creatività che lo collocano nel novero dei grandi pittori bergamaschi di ogni tempo. L'eleganza e la raffinatezza del suo stile eccellono in particolare nelle molteplici composizioni con strumenti musicali, considerate tuttora ineguagliate, e nelle nature morte in cucina. Il gusto cromatico, il rigore composito, la sapiente resa dei volumi e delle forme conferiscono all'opera di Evaristo Baschenis la straordinaria forza evocativa di un modello per la natura umana e induce a meditare sull'essenza intima delle cose e sull'inarrestabile fluire del tempo. L'originalità della sua opera non venne pienamente compresa e apprezzata dai contemporanei, influenzati dall'imperante gusto barocco dell'epoca e solo ultimamente la critica ha valorizzato l'opera di Evaristo.