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Agostino fra il sangue di Cristo crocifisso e il latte della Vergine
MAESTRO BOLOGNESE
1500-1550
Firenze, Museo del Cenacolo di Andrea del Sarto, Depositi
Agostino fra il sangue di Cristo e il latte della Vergine
Il quadro, opera di ignoto artista nel panorama bolognese-emiliano della prima metà del XVI secolo, è conservato a Firenze, presso il Museo del Cenacolo di Andrea del Sarto, Depositi. L'episodio descritto è collegato a una leggenda legata alla devozione agostiniana che nasce probabilmente in Italia.
Diversi pittori si sono ispirati a essa che trae spunto da passi delle sue meditazioni: il santo è presentato innanzi al Cristo crocefisso ed alla Vergine, mentre, pregando, si domanda: "Hinc a vulnere pascor", e, volgendosi verso Maria, soggiunge: "Hinc lactor ab Ubere", concludendo: "Positus in medio quod me vertere nescio, Dicam ergo Jesu Maria miserere". Sembra che l'episodio prenda spunto da un passo della S. Aurelii Augustini Hipponensis episcopi et S. R. E. doctoris vita di Cornelius Lancelotz (1574-1622) O.S.A. edito ad Anversa nel 1616.
Lancillottus scrive, riportando parole apocrife di Agostino: "Positus in medio quo me vertam nescio. Hinc pascor a vulnere, hinc lactor ab ubere."
La medesima scritta fu riportata da Francesco Francia e poi da Kartarius, un incisore nativo di Viterbo, che lavorò a Roma fra il 1560 e il 1570, nella sua stampa della Vita di Agostino edita nel 1570.
La prima immagine di Maria "Galactotrephousa" (così era chiamata in Oriente, mentre in Occidente veniva appellata come "Maria Lactans") è di origine copta e si trova in una cella monastica di Banit in Egitto e in una caverna eremitica del Monte Latmos in Asia minore (entrambi del sec. VI - VII) nonché a Roma in un frammento di scultura del secolo VI rinvenuto nel Cimitero di San Sebastiano. L'immagine paleocristiana della Virgo lactans, che nella rappresentazione del gesto materno per eccellenza evidenziava l'incarnazione del Cristo in una creatura terrena, fu recuperata nel secolo XII e incontrò enorme successo a partire dal XIII secolo, in coincidenza con la diffusione, promossa dai crociati, delle icone della Galactotrephousa che stimolò una fiorente produzione d'immagini devozionali sia nella pittura che nella scultura.
In questo esempio l'anonimo pittore ha raffigurato Agostino in ginocchio davanti alla visione che gli appare quasi in sogno del Cristo crocefisso e della vergine. Il santo porta in testa la mitra mentre il bastone pastorale si leva in piedi appoggiato alle sue spalle. Il santo ha una sguardo intenso e un viso giovanile reso più maturo dalla presenza di una foltissima barba che gli copre le guance e il mento. Il suo sguardo ancora giovanile è rivolto alla visione della Vergine e di Cristo crocifisso. Sotto il piviale il santo indossa la tunica nera dei monaci agostiniani, che seguono la sua regola. La scena si svolge all'interno di un grandioso edificio a colonne che si apre su un largo panorama di campagna.
Il dipinto misura in altezza 116 cm e 88 in larghezza e originariamente si poteva trovare nel Monastero di S. Michele.
Il Museo del Cenacolo di Andrea del Sarto è situato negli ambienti dell'antico convento dei monaci benedettini vallombrosani dedicato a san Salvi. L'Abbazia fu fondata nel secolo XI, venne ampliata e restaurata agli inizi del Cinquecento sotto la direzione di Biagio Milanesi e poi dell'abate Ilario Panichi. Il progetto di ampliamento rese necessaria la costruzione del porticato sud del loggiato, della cucina, della sala del lavabo e del refettorio, dove nel 1511 fu commissionato ad Andrea del Sarto l'affresco con l'Ultima Cena. Andrea del Sarto, che si ispirò al famoso Cenacolo di Leonardo da Vinci a Milano, coglie gli apostoli nel momento in cui ricevono l'annuncio del tradimento da Gesù.