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Agostino e Ambrogio colpiscono gli eretici
ZELOTTI GIOVANNI BATTISTA
1559-1564
Praglia, Abbazia, Biblioteca Monumentale
Agostino e Ambrogio colpiscono gli eretici
Caposaldo della colonizzazione agricola benedettina nell'XI secolo, l'abbazia di Praglia ebbe importanza fondamentale nella ricostruzione e nella bonifica della campagna padovana all'alba rinascimentale, dopo il mezzo millennio di abbandono e devastazioni delle invasioni barbariche. Fondata attorno al 1000 dai Maltraverso di Montebello, l'Abbazia si è sviluppata ai piedi dei colli Euganei a circa 12 chilometri da Padova, e a poco meno di 4 Km da Abano Terme, lungo l'antichissima strada che conduceva ad Este. Il primo Abate di Praglia fu un certo Iselberto dei Tadi, che era diventato monaco a S. Benedetto Polirone di Mantova. Il suo nome compare nell'importante bolla pontificia di Callisto II del 1123, con la quale il papa prendeva sotto la sua protezione la nuova fondazione.
Nel 1304 cessò il rapporto di dipendenza della fondazione monastica nei confronti della potente Abbazia di Polirone, fondata dai Conti di Canossa nel 1007 ed entrata poi nell'orbita dell'osservanza cluniacense. Con gli inizi del XIV secolo la comunità di Praglia, consolidatasi e radicata più stabilmente nell'ambiente padovano, iniziò come Abbazia autonoma il suo nuovo corso, con a capo un Abate eletto dal "proprio corpo", cioè dai propri monaci.
Il Quattrocento si apre con buone speranze per le sorti del monachesimo italiano dopo i disastrosi effetti materiali e spirituali causati dall'imposizione dell'Abate Commendatario ai vari monasteri. La grande Riforma monastica benedettina che si diffuse su tutta la penisola fino in Sicilia, partì dall'Abbazia di Santa Giustina di Padova, che possedeva gran parte del territorio padovano e numerose abbazie di campagna, i quali procedono, nel 1490, ad un radicale restauro e riedificazione del monastero e della chiesa. Praglia aderì alla Riforma nel 1448 e tale scelta fu origine della sua "seconda nascita" spirituale, culturale e materiale.
Il monastero, come molti altri, viene soppresso con le riforme napoleoniche del 1810, poi ripristinato dagli Austro-Ungarici nel 1834 e nuovamente soppresso 1866. Nel 1882 una parte del complesso venne dichiarata monumento nazionale, ma contemporaneamente venne chiusa al culto la chiesa e corpi secondari svenduti a privati. Nel 1904, dopo alcuni anni di trattative e acquisizioni da privati, ritorna definitivamente in mano ai benedettini.
L'abbazia è costituita dalla basilica e dal monastero. La chiesa attuale, iniziata nel 1490 forse su progetto di Tullio Lombardo, venne consacrata nel 1545. L'interno, a croce latina, è diviso in tre navate da slanciati pilastri ionici, ai cui lati si aprono cinque cappelle, profonde come il transetto.
Nel presbiterio è collocato un Crocifisso ligneo di scuola giottesca padovana. La cupola è decorata da affreschi dello Zelotti raffiguranti i quattro Evangelisti nei pennacchi, scene della Natività ed episodi della vita di Cristo (la Natività, la Circoncisione, Gesù tra i dottori e le nozze di Cana), nel cielo il Trionfo degli strumenti della Passione. Il corpo dell'abside è suddiviso in cinque sezioni in cui sono rappresentati dei paesaggi sovrastati da cielo nuvoloso. Nell'Abbazia è ospitata una Biblioteca Monumentale Nazionale, dove sono conservati circa 100.000 preziosi volumi, tra cui diversi manoscritti di Antonio Fogazzaro, che qui soggiornò a lungo. Il maestoso portale lombardesco apre un'ampia sala dove si può ammirare l'elegante decorazione del soffitto realizzata da Giovanni Battista Zelotti, pittore del tardo Cinquecento veneziano. Si tratta di 17 grandi tele racchiuse in cornici lignee che sviluppano un complesso racconto iconografico, dove rinveniamo, tra le altre, la rappresentazione dei santi padri Gregorio e Girolamo sulla sinistra, Ambrogio e Agostino sulla destra con l'Ascensione di Cristo. Tra il 1559 e il 1564 Zelotti è documentato presso l'abbazia ed a lui vengono concordemente attribuiti gli affreschi della cupola della chiesa, una pala, le ante dell'organo nonché il ciclo della libreria con scene bibliche e soggetti cari all'ordine benedettino. Agostino è qui rappresentato con in mano un martello a simbolizzare il suo epiteto di malleus haereticorum: così era definito nel medioevo il santo, di cui qui rivive una efficace rappresentazione. Lo splendido coro ligneo del 1564 è opera di Giovanni Fiorentino. Nella sagrestia, introdotta da un atrio dove è collocato il dipinto I Benefattori del monastero del 1572 attribuito a Palma il Giovane, si conservano numerosi quadri, tra cui una Gloria di Angeli attribuita a Paolo Veronese.
Giovanni Battista Zelotti
Nacque con ogni probabilità a Verona verso il 1526. La sua formazione si svolse presso la bottega di Antonio Badile, dove entrò in contatto con il collega e coetaneo Paolo Caliari, di cui divenne in breve socio e collaboratore. Nel 1551 ai due artisti, uniti in un fecondo sodalizio, furono assegnati gli affreschi di villa Soranzo a Treville di Castelfranco Veneto. Con Paolo Veronese, con Domenico Brusasorci e con lo stuccatore Bartolomeo Ridolfi, nel 1551 Zelotti si recò a Vicenza per attendere alla decorazione del palazzo di Iseppo da Porto. Tra il 1552 e il 1554 fu affiancato da Giovanni Antonio Fasolo negli affreschi di villa Da Porto Colleoni a Thiene. Intorno al 1557 l'artista collaborò con Paolo Veronese e Battista del Moro nella decorazione del palazzo di Camillo Trevisan a Murano, ma nel 1558 decise di abbandonare Venezia per rivolgersi a una più appagante carriera di frescante nella Terraferma veneta. Artista di grande talento, Zelotti s'impose più d'ogni altro nell'ambito della decorazione di ville e di palazzi, in parte seguendo i principi pittorici che Veronese aveva inaugurato alla Soranza e facendosi promotore di un raffinato manierismo di ascendenza emiliana. Morì a Mantova nel 1578, dove da poco era stato nominato prefetto alle fabbriche dal duca Guglielmo Gonzaga.