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PITTORI: Giovanni Francesco Caroto

Madonna con Gesù Bambino benedicente in trono e santi

Madonna con Gesù Bambino benedicente in trono e santi

 

 

GIOVANNI FRANCESCO CAROTO

1540

Trento, Cattedrale di san Vigilio

 

Madonna con Gesù Bambino benedicente in trono e santi

 

 

 

L'opera è dipinta a tempera grassa su tela con la dimensione in altezza di 246 cm. E' conservata nella Collezione del Museo Diocesano Tridentino e risale al periodo certamente culminante dell'attività artistica di Caroto. L'opera comunque rivela un eclettismo superficiale e privo di partecipazione profonda, come è tipico dei cuoi lavori dell'ultimo decennio della sua vita. Al centro della scena se ne sta la Vergine in trono con il Bambino in braccio. Sopra la sua testa, fra nuvole di angeli, si scorge la figura a mezzo busto di Iddio Padre. A sinistra accanto ad Agostino, che indossa il piviale episcopale con la mitra in testa e il bastone pastorale nella mano sinistra, sta ritta in piedi con il capo chinato santa Massenzia. Agostino volge lo sguardo verso il fedele che osserva il quadro. A destra un vescovo e un altro religioso osservano la scena.

Un Bambino, forse Giovannino, indica la scena principale e il Bambino con accanto un docile agnello. Lo sfondo offre un panorama scarno, con rari alberi secondo uno stile e un gusto ancora quattrocenteschi.

 

 

Giovanni Francesco Caroto

Figlio di Pietro da Caravaggio, nacque probabilmente a Verona attorno al 1480. Negli atti del Consiglio cittadino del 1508, Caroto viene nominato come "pittore egregio ... che abita a Verona con la famiglia da ventisei anni e più ...". Caroto è ricordato anche come speziale. La sua era una condizione discretamente agiata, poichè aveva acquistato case a Casale e a Palù e sua era la casa con la spezieria, situata in piazza delle Erbe a Verona. Secondo Vasari Giovanni aveva lasciato gli studi letterari e "si pose a imparare la pittura con Liberale Veronese", diventando poi discepolo diretto di Mantegna.

La sua prima opera nota, firmata e datata, risale al 1501 e rappresenta la Madonna cucitrice. La sua composizione rivela, nell'impostazione cromatica, i suoi legami con lo stile di Liberale, ma anche la vicinanza nella sua fase iniziale ai motivi mantegneschi. Nel 1502 a Verona Caroto possiede una bottega sua e viene chiamato "pictor" nell'estimo della contrada di S. Maria in Organo. I contatti con la cultura emiliana si esprimono nelle quattro tavole con le Storie dell'infanzia di Cristo, degli Uffizi, un tempo portelle dell'altare dei Magi nella chiesa di S. Cosimo a Verona. Nel 1508 il pittore è documentato a Verona dove acquistò una casa per il figlio Bernardino. Con l'Annunciazione ad affresco nella chiesetta del convento di S. Gerolamo del 1508, si conclude il suo periodo giovanile. La successiva attività pittorica esprime il suo interesse per la pittura lombarda che si sviluppa durante il suo soggiorno a Milano presso la corte di Anton Maria Visconti. Nell'ambiente milanese entrò in contatto con Bramantino, Luini, Cesare da Sesto e l'arte fiamminga. Caroto è documentato a Casale Monferrato nel 1516 e nel 1517, ma nel 1518, dopo la morte del marchese suo mecenate, è probabile che abbia lasciato il Monferrato. Poco dopo il suo ritorno a Verona dipinse probabilmente il polittico di S. Giorgio in Braida, ancora colmo di reminiscenze lombarde. Anche nel periodo della maturità egli rivela l'eclettismo del suo percorso artistico. Del 1524 è un affresco a palazzo Portalupi a Verona e del 1527 la Natività di Maria oggi a Bergamo all'Accademia Carrara. Nel 1528 realizzò la pala di S. Fermo Maggiore dove appaiono elementi stilistici raffielleschi ed infiltrazioni fiorentine. Allo stesso periodo va riferito anche lo stupendo S. Giovanni in Patmos della Galleria Nazionale di Praga, con riflessi sia lombardi che toscani. Nel 1528 il pittore compare a Verona nel testamento di Gerolamo Pompei e nel 1529 nei registri della contrada di S. Maria Antica segnato con cinquant'anni di età. Nel 1530 il pittore firma la Sacra Famiglia, di gusto manieristico e nel 1531 la Resurrezione di Lazzaro. Fra le ultime due opere ricordiamo la pala d'altare con lo Sposalizio di santa Caterina nella parrocchiale in Bionde di Visegna e, del 1545, la pala con sant'Orsola in S. Giorgio in Braida a Verona di impronta raffaellesca. Fra il 1541 e il 1554 il pittore è ricordato in documenti veronesi ma sembra aver già rinunciato all'attività pittorica. Nel 1555 redige il suo testamento e muore probabilmente poco dopo. Fu sepolto, secondo il Vasari, "nella sua cappella di San Niccolò nella Madonna dell'Organo, che egli aveva delle sue pitture adornata".