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PITTORI: Carucci Iacopo

Crocifissione di Cristo, San Giuliano l'Ospedaliere e Sant'Agostino

Crocifissione di Cristo con San Giuliano l'Ospedaliere e Sant'Agostino

 

 

CARUCCI IACOPO

1520-1530

Firenze, Accademia delle Arti del Disegno

 

Crocifissione di Cristo con San Giuliano l'Ospedaliere e Sant'Agostino

 

 

 

L'affresco che raffigura la crocefissione di Cristo e santi, fra cui Agostino, è noto anche con la denominazione tradizionale di Tabernacolo di Boldrone. L'affresco è stato staccato dalla sua sede originaria e le sue dimensioni sono variabili. Il pannello centrale misura 307x175 cm. mentre i due pannelli laterali misurano 275x127 cm.

La critica attribuisce l'opera a Carucci Iacopo che è poi lo è pseudonimo di Pontormo che fu attivo a Firenze. l'opera è attualmente conservata a Firenze presso l'Accademia delle Arti del Disegno. Agostino è stato raffigurato sulla destra, ma non indossa gli abiti che caratterizzano la sua dignità episcopale. Piuttosto il santo indossa un ampio mantello, quasi una tunica che ricorda quella degli Agostiniani. Con la mano destra impugna il bastone pastorale mentre con la sinistra accenna ad un libro che impugna in mano. La scena non è molto complessa con al centro la figura di Cristo in croce e ai suoi piedi nettamente si stagliano i personaggi di Maria e Giovanni, nonché Agostino e san Giuliano.

Il viso del santo è molto espressivo, con lo sguardo rivolto verso la croce. Il pittore l'ha immaginato piuttosto anziano, calvo e con una folta barba bianca che gli copre il viso.

 

 

Jacopo Carucci

Jacopo Carucci nacque a Pontormo, nel 1494 da Bartolomeo di Jacopo Carucci e da Alessandra, figlia di un calzolaio, Pasquale Zanobi. Il padre era pittore, allievo del Ghirlandaio, ma morì quando il figlio aveva solo cinque anni e, dopo poco, fu seguito dalla moglie. Rimasto orfano, fu affidato insieme con la sorella Maddalena alla nonna Brigida Zanobi, che a sua volta lo affidò ad un lontano parente calzaiuolo fino a quando nel 1507-1508 la sua tutela fu assunta dal Magistrato dei Pupilli. Notata la sua abilità nel disegno, fu incoraggiato  e a Firenze frequentò le botteghe di Leonardo da Vinci, Piero di Cosimo, Mariotto Albertinelli ed Andrea del Sarto del quale fu allievo. Condusse una vita solitaria con pochi amici, fra cui l'allievo Agnolo Bronzino. Jacopo Carucci è spesso associato a Giovan Battista di Jacopo detto Rosso Fiorentino, egli pure allievo di Andrea del Sarto, ed al senese Domenico di Pace, detto Beccafumi. Pontormo, Rosso e Beccafumi sono gli artisti che danno vita al  "manierismo" in Toscana. Vasari ricorda che Pontormo nel 1510 dipinse una piccola Annunciazione, che fu vista da Raffaello in visita a Firenze. L'urbinate la lodò molto, cosa di cui l'artista sedicenne "menò gran vanto". I suoi primi lavori sono gli affreschi del chiostrino dei voti della Chiesa della Santissima Annunziata (1514-1516). Intorno al 1518 dipinse la Madonna in trono e santi per la Chiesa di San Michele Visdomini di Firenze, cui seguono i dipinti di Empoli. Tra il 1519 e il 1521 affresca la villa medicea di Poggio a Caiano, con figure di ispirazione pagana. Esegue le Storie della Passione nel Chiostro della Certosa al Galluzzo (1523-1525) ispirate a Durer con un nordicismo quasi provocatorio, la Cena in Emmaus (agli Uffizi) dove precorre El Greco e Caravaggio. Il suo capolavoro è considerato "La Deposizione"(1525-1528), nella chiesa fiorentina di S. Felicita. Dopo il 1530 elabora uno stile che emula Michelangelo mentre le cronache lo ricordano irrequieto, tanto che Vasari scrive: "Si travagliava il cervello che era una compassione, guastando e rifacendo oggi quello che aveva fatto ieri". Il giovane artista probabilmente era alla ricerca di un proprio stile. Nel 1545 il duca di Firenze, Cosimo I, gli commissiona la decorazione della Cappella Maggiore di San Lorenzo, chiesa da sempre sotto il patronato della famiglia dei Medici. Mentre stava affrescando il registro inferiore del Coro, centrando la narrazione pittorica sulla storia della Salvezza, la morte interruppe bruscamente il suo lavoro il 31 dicembre del 1556. L'opera fu compiuta da Agnolo Bronzino e inaugurata il nel 1558. Vasari criticò aspramente le figure per i colori freddi, gli apparvero come “malinconiche scene di cadaveri ammucchiati”. Al limite dell'ortodossia, gli affreschi furono abbandonati ad un progressivo degrado: non vennero protetti durante i lavori di ristrutturazione tanto che nel 1738 andarono distrutti.