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PITTORI: Domenico Chiesotto

Agostino Dottore della Chiesa con San Giovanni

Agostino Dottore della Chiesa con San Giovanni

 

 

DOMENICO CHIESOTTO

1580-1590

Merate, Coro della chiesa di Santa Maria Nascente a Sabbioncello

 

Agostino Dottore della Chiesa con San Giovanni

 

 

 

Il paziente lavoro di padre Vincenzo Conti, di padre Ottavio Mancini e del pittore Franco Torazza ha permesso di recuperare sotto la volta del coro della chiesa francescana di Santa Maria Nascente a Sabbioncello di Merate una serie di affreschi di buon pregio della fine del Cinquecento. Nel 1984 i restauri, sotto la guida del prof. Brena, hanno riportato alla luce le figure dei quattro evangelisti e dei quattro padri della Chiesa.

L'affresco è opera di Domenico Chiesotto che lo dipinse fra il 1580 e il 1590. Sant'Agostino, raffigurato come vescovo, è in compagnia di san Giovanni apostolo. Questa accoppiata fra il Dottore della Chiesa e l'evangelista Giovanni segue una consolidata tradizione. Entrambi sono seduti su delle nuvole mentre reggono fra le mani dei libri aperti.

Una memoria documentaria ricorda l'accordo stipulato in data 4 novembre 1589 con il pittore Domenico Chiesotto per la realizzazione degli affreschi: "... di dipingere sopra lo coro li quattro evangelisti e i 4 Doctori della Santa Gesia ..." I lavori furono conclusi nel 1590.

 

Figlio di Zebedeo e Salomè e fratello dell'apostolo Giacomo il Maggiore, Giovanni prima di seguire Gesù era discepolo di Giovanni Battista. I vangeli gli attribuiscono un ruolo speciale all'interno della cerchia dei dodici apostoli. Il luogo e la data di nascita non ci sono noti. La tradizione successiva che lo indica come il più giovane degli apostoli, o meglio come l'unico di questi morto in tardissima età.

La vocazione di Giovanni da parte di Gesù è esplicitamente narrata dai tre vangeli sinottici. Matteo (4,21-22) e Marco (1,19-20) ne forniscono un sobrio resoconto: i due fratelli Giovanni e Giacomo vengono chiamati da Gesù "presso il Mare di Galilea" mentre sono sulla barca col padre Zebedeo, intenti a riparare le reti da pesca.

In At. 3,1-11 viene descritto il miracolo della guarigione di un uomo storpio dalla nascita, compiuto da Pietro e Giovanni presso la porta "bella" del tempio di Gerusalemme. La grande risonanza che il fatto ebbe portò all'arresto dei due apostoli che furono fatti comparire davanti al Sinedrio. Il consiglio però non li punì e li lasciò liberi (At. 4,1-21).

Circa gli anni successivi agli eventi narrati negli Atti, le antiche tradizioni cristiane concordano nel collocare l'operato di Giovanni in Asia (cioè l'attuale Turchia occidentale), in particolare a Efeso, con una breve parentesi di esilio nell'isola di Patmos.

L'apocrifo Atti di Giovanni (seconda metà II secolo) descrive dettagliatamente alcuni eventi della vita di Giovanni nel periodo del suo soggiorno a Efeso con lo stile agiografico-leggendario proprio degli apocrifi. Secondo la versione lunga del testo, pervenuta priva della parte iniziale, Giovanni si reca da Mileto a Efeso per un rivelazione divina. Qui incontra Licomede, un magistrato della città, e sua moglie Cleopatra. Dopo poco entrambi muoiono ma Giovanni li risuscita. L'apostolo poi guarisce pubblicamente molti malati nel teatro della città.

Giovanni rappresenta un caso particolare tra i dodici apostoli poiché la tradizione lo indica come l'unico morto per cause naturali e non per martirio. Oltre agli Atti di Giovanni, alcune indicazioni patristiche sono concordi nel datare la morte a Efeso sotto l'impero di Traiano (98-117), e Girolamo specifica la data con precisione al 68° anno dopo la passione del Signore, cioè nel 98-99.

 

La Santità Vostra ricorda che siamo soliti commentare il Vangelo di Giovanni seguendo il criterio della lettura continuata. Senonché sono giunti quei giorni solenni e santi nei quali essendo nella Chiesa fissate particolari letture tratte dal Vangelo ed insostituibili in queste annuali ricorrenze, abbiamo dovuto sospendere la trattazione del programma iniziato; ma ciò non significa che l'abbiamo abbandonato. Stavo appunto pensando quali pagine della Scrittura, intonate alla gioia di questi giorni, dovessi, con l'aiuto del Signore, nel corso di questa settimana, commentarvi così da terminare la trattazione in sette o otto giorni, quando mi capitò sott'occhio l'Epistola del beato Giovanni. Era una buona occasione di ritornare a sentire, col commento della sua Epistola, la voce di quello stesso di cui avevamo, per il momento, messo da parte il Vangelo. Soprattutto perché in quest'Epistola, così gustata da coloro che hanno conservato sano il palato del cuore per sentire il sapore del pane di Dio e che è assai nota nella Chiesa, si tesse, più che in altri scritti, l'elogio della carità della quale Giovanni ha detto molte cose, anzi pressoché tutto. Chi ha conservato in sé la capacità di udire, non può che gioire di quanto ode. Questa lettura sarà allora per lui come l'olio sulla fiamma. Se c'è in lui qualcosa da nutrire, essa lo nutre, lo fa crescere, lo fa durare. Per altri la lettura sarà come una fiamma accostata all'esca; avverrà che chi era senza fiamma di carità, potrà prendere fiamma per effetto della nostra predicazione. Ne risulta perciò che in certuni si dà accrescimento a ciò che già c'è in loro; in altri viene fatta accendere la fiamma della carità che loro manca: e così tutti godiamo in unità di carità. Ma dove è carità, c'è pace, e dove c'è umiltà, c'è carità. E' tempo ormai di sentire l'apostolo Giovanni e noi cercheremo di esporvi ciò che, davanti alle sue parole, il Signore ci suggerirà, così che possiate anche voi comprenderle bene.

AGOSTINO, Commento alla Lettera di San Giovanni, Prologo