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Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Cinquecento: Maestro cremonesePITTORI: Maestro cremonese
Agostino monaco allo scrittoio
MAESTRO CREMONESE
1558
Cremona, chiesa di sant'Agostino
Agostino monaco allo scrittoio
La pittura è posizionata in un sottarco all'ingresso della chiesa. Vi è raffigurato sant'Agostino seduto su un'ampia seggiola davanti ad uno scrittoio monumentale con dei libri aperti che il santo sta sfogliando e leggendo. La scena si svolge all'aperto con sullo sfondo delle montagne.
Il santo indossa la tunica nera dei monaci agostiniani e guarda con molta attenzione i libri che gli stanno davanti. Il suo volto paffuto rivela un uomo ormai maturo in età, alquanto stempiato e dallo sguardo rigoroso.
La chiesa di S. Agostino sorse nel XIII secolo sulla base della preesistente chiesa di S. Giacomo in braida, nei pressi della città "quadrata" romana. Nella parlata longobarda la braida era un'ortaglia presso l'abitato. La facciata, ad una cuspide, con galleria ad archetti gotici, risale al 1339-45. Nei secoli XIV-XVIII la chiesa era uno degli edifici più illustri, con 2 chiostri e la famosa Libreria, creata tra il 1461 e il 1478. Le modifiche apportate all'esterno, campanile compreso, e all'interno, con l'aggiunta di volte, testimoniano una ricostruzione rinascimentale, così come pure le due cappelle esterne, quella dei Cavalcabò e quella dei SS. Grisante e Daria, andata distrutta, tranne i Ritratti dei Duchi. Mentre l'affresco della cappella Cavalcabò risale alla metà del Quattrocento, i dipinti e le terracotta dell'altra cappella manifestano influssi tosco-romani. All'interno di S. Agostino è custodita la celebre tavola con Madonna e Santi di Pietro Vannucci detto il Perugino, datata 1494. La costruzione subì nel 1553 una grande ristrutturazione interna, che le conservò, della forma originaria, solo la facciata. La chiesa e l'annesso monastero divennero ben presto un punto di riferimento per la vita religiosa e culturale della città. Le donazioni arricchirono la chiesa di importanti opere d'arte, che sono visibili ancora oggi. Di straordinaria ricchezza artistica sono gli affreschi di Bonifacio Bembo e della sua bottega nella cappella Cavalcabò (sec. XV) nonchè la pala del Perugino con la Madonna fra i SS. Agostino e Giacomo dipinta nel 1494. La chiesa subì un considerevole mutamento nella seconda metà del Cinquecento quando il corredo artistico venne aggiornato per rispettare le imposizioni dottrinali della Controriforma. E' a quest'epoca che risalgono le pale d'altare commissionate soprattutto al Malosso e al Chiaveghino. Proprio un'opera di quest'ultimo, per l'insolita iconografia, si differenzia dalle altre: si tratta della pala dell'altare maggiore con Cristo sotto il torchio. Mainardi la dipinse nel 1594 e realizzò un'opera che alludeva alla grandezza dei meriti di Cristo: il sangue che sgorga dalle sue ferite è la linfa dei credenti che viene raccolto e dispensato dalla Chiesa attraverso la penitenza e le indulgenze. Come accennato una peculiarità della chiesa di S. Agostino in Cremona le deriva dalla famosa Cappella di Cavalcabò che vi è ospitata. La Cappella venne fatta edificare dal "generosus miles" Ugo Cavalcabò nel 1399 per celebrare la Beata Vergine Maria. La decorazione venne iniziata dopo il 1447 a seguito della donazione di terreni al convento da parte di Giovanna, figlia di Ugolino. Tale donazione impegnava i Frati Agostiniani a far dipingere "entro quattro o cinque anni prossimi futuri" la Cappella. La decorazione venne commissionata dagli Agostiniani a Bonifacio Bembo, il quale "realizzò una delle più alte pagine della pittura lombarda del 1400". Visitando la chiesa e fermandosi davanti alla Cappella si nota che è decorata da una serie di affreschi aventi come tema comune gli ultimi avvenimenti della vita terrena della Vergine, esempio di ogni virtù e Mater misericordiae. Inoltre, vi sono raffigurate e affrescate le Virtù teologali e cardinali, personificate ognuna da una figura femminile, nonché le opere di misericordia. La Carità è colta in un duplice gesto: quello di allattare un bambino che porta in braccio e quello di porgere con l'altra mano un pane ad un vecchio, quasi a significare le due età dell'uomo, l'infanzia e la vecchiaia, i due estremi cronologici della vita umana, in cui si ha più bisogno di cure, di attenzione e di amore. Ma l'iconografia della Carità in atto di offrire l'elemosina compare anche negli affreschi del Cappellone di S. Nicola a Tolentino del 1325, luogo particolarmente caro agli Agostiniani per il ricordo del più importante Santo dell' Ordine dopo il fondatore. In questo caso, però, la figura allegorica della donna riflette una tipologia più tradizionale, quella della distribuzione di denaro ad un gruppo di fanciulli. Per quanto riguarda le allegorie della Cappella Cavalcabò a Cremona, sembra di poterne individuare una fonte d'ispirazione nell'Arca di S. Agostino sita nella Basilica di S. Pietro in Ciel d'Oro in Pavia, opera dei maestri campionesi realizzata tra il l362 e il 1397. Nel complesso scultoreo le allegorie delle Virtù presentano più di un elemento in comune con quelle cremonesi: l'opera, infatti, era certamente nota agli agostiniani di Cremona poichè vi era sepolto il fondatore del loro Ordine. La Carità è anche qui in atto di allattare, sebbene due bambini contemporaneamente. La tipologia dell'allattamento era la più ricorrente in Lombardia per la presenza del prestigioso prototipo dell'Arca di S. Pietro Martire, nella Chiesa di S. Eustorgio di Giovanni Balduccio in Milano. Comunque, nonostante la pluralità delle realizzazioni, la precisa scelta della committenza agostiniana sul tema della carità trova sempre fondamento nella cultura derivata loro dal pensiero di S. Agostino, loro Maestro.