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Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Cinquecento: Francesco da Città di CastelloPITTORI: Francesco da Città di Castello
Matrimonio mistico di santa Caterina d'Alessandria con sant'Agostino, san Nicola da Tolentino
e san Florido, Annunciazione nella lunetta
FRANCESCO DA CITTA' DI CASTELLO
1504-1505
Città di Castello, Pinacoteca Comunale
Matrimonio mistico di santa Caterina d'Alessandria con sant'Agostino, san Nicola da Tolentino e san Florido, Annunciazione
A una data prossima al 1504-1505 è riconducibile questa pala proveniente dalla chiesa di Ognissanti, oggi nella Pinacoteca civica di Città di Castello. Nella lunetta, con l'Annunciazione di Maria, prevalgono ancora motivi tratti dal Perugino e dal Pinturicchio, come nell'architettura e nel paesaggio. Nel resto della pala, dove sono rappresentati la Madonna col Bambino e santi, si fanno più evidenti gli influssi di Raffaello giovane; in particolare nell'impianto compositivo, derivato dalla Pala Colonna dell'urbinate (New York, Metropolitan Museum), e nella figura di santa Caterina d'Alessandria, esemplificata sulla Vergine dello Sposalizio di Brera a Milano. Nell'uso dei colori e nei panneggi emergono invece reminiscenze di Signorelli. La presenza, nelle opere di Francesco, di precisi schemi compositivi derivati da Raffaello, a partire da questa pala, farebbe pensare che egli, oltre a copiare i dipinti del maestro, abbia utilizzato, come altri pittori della cerchia alcuni disegni dell'urbinate.
Nella scena principale Francesco da Città di Castello reinterpreta il Matrimonio mistico di santa Caterina d'Alessandria con sant'Agostino, san Nicola da Tolentino e san Florido. Il santo vescovo di Ippona viene raffigurato con i suoi attributi episcopali.
Francesco da Città di Castello
Soprannominato Tifernate, Francesco nacque a Città di Castello, nell'Alta Valle del Tevere, probabilmente verso il 1485-1487. Suo padre, Battista "Floridi", esercitò la professione di orefice e ricoprì diverse cariche pubbliche: nel 1511 era priore in rappresentanza del rione di Porta San Florido, ove evidentemente la famiglia risiedeva. Dalle poche opere a lui attribuibili e giunte sino a noi, desumiamo che la sua formazione artistica si sia formata in una bottega ricollegabile al Perugino. E' Francesco che introduce le novità di Raffaello nell'Alta Valle del Tevere e fu sicuramente in contatto con Raffaello, che forse aveva avuto modo di conoscere durante il soggiorno di questo a Città di Castello. Suo padre figura nel 1500 nell'atto di allogazione della smembrata Pala di san Nicola da Tolentino, in qualità di mallevadore di Raffaello e del suo collaboratore Evangelista da Pian di Meleto. Intorno al 1503-1504 Francesco realizzò la pala della chiesa parrocchiale di Selci raffigurante la Madonna in trono con il Bambino tra i santi Gerolamo e Florido. La pala presenta notevoli analogie iconografiche e stilistiche con dipinti del Perugino ed è paragonabile alla cosiddetta Pala dei Decemviri, oggi alla Pinacoteca Vaticana per la figura della Vergine assisa in trono con il Bambino sulle ginocchia.
L'unica opera datata è l'Annunciazione della Pinacoteca civica di Città di Castello, firmata "Franciscus Thifer". La pala data al 1506 dal momento che l'atto di commissione fu stilato l'anno precedente. L'opera fu realizzata per l'altare della famiglia Magalotti nella chiesa di S. Domenico a Città di Castello. I committenti chiesero che si ispirasse, per magnificenza e per quantità d'oro da utilizzare, alla cosiddetta Pala Mond di Raffaello (oggi a Londra, National Gallery), presente allora nella medesima chiesa. Il contratto prevedeva anche una predella con l'immagine di s. Caterina e qualche altra scena relativa alla vita della Vergine. Il pittore s'impegnava inoltre a dipingere nella cappella un'immagine della committente Ludovica Magalotti genuflessa.
La Pala Magalotti viene generalmente considerata come il vertice stilistico e qualitativo della sua pur breve parabola artistica. Successiva al 1506 sembrerebbe essere un'altra Annunciazione, oggi al Museo del duomo di Città di Castello e in origine, probabilmente, nella cappella Uberti dello stesso duomo. Un'altra sua opera, una tavola raffigurante S. Donnino e san Giobbe in S. Maria Nuova a Città di Castello, andò distrutta durante il terremoto del 1789.