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La Vergine con il Bambino con i santi Agostino e Nicola da Tolentino
GIROLAMO DA BRESCIA
1516-1519
Torino, Museo d'Arte Antica di Palazzo Madama
La Vergine con il Bambino e i santi Agostino e Nicola da Tolentino
L'opera, su tela (63 x 50 cm), è conservata a Torino nel Museo d'Arte Antica di Palazzo Madama ed è entrato in museo per lascito del torinese Ettore Mentore Pozzi nel1932 con l'attribuzione alla bottega di Macrino d'Alba. L'autore invece è il frate carmelitano bresciano Girolamo delle Croci, meglio noto come Girolamo da Brescia, un pittore cinquecentesco dal tocco delicato anche se un po' di maniera. Sebbene ancora da accertare, il manufatto evidenzia nei suoi protagonisti una probabile committenza eremitana agostiniana. Dipinta fra il 1516 e il 1519 la tela raffigura un tema abbastanza frequente nella iconografia agostiniana: il santo è in piedi a fianco della Vergine Maria che tiene in grembo il Bambino. Dal lato opposto è in genere raffigurato un altro santo, che in questa occasione è san Nicola da Tolentino.
Lo si riconosce facilmente poiché tiene in mano un giglio oltre al crocefisso. Agostino viene presentato con gli attributi vescovili: tuttavia sotto il ricco manto si vede la nera cocolla agostiniana che riafferma l'appartenenza del santo all'ordine agostiniano.
Il viso di Agostino è alquanto compunto, segnato da rughe profonde che esprimono uno sguardo serio e dolce nello stesso tempo. Una folta barba nera gli copre il mento: con la mano sinistra impugna il pastorale, mentre con la destra regge un libricino dalla copertina rossa, che il Bambinello sta sfogliando con cura. Sullo sfondo una tela copre parzialmente la vista su un panorama caro ai pittori cinquecenteschi.
Nicola da Tolentino nacque nel 1245 a Sant'Angelo in Pontano un paesino nelle vicinanze di Fermo. I suoi genitori, forse Compagnono de Guarutti e Amata de Guidiani, erano gente pia e profondamente religiosa. La leggenda della sua vita rappresentata da un ignoto pittore giottesco detto Maestro della Cappella di San Nicola, narra come i suoi genitori, ormai anziani, si fossero recati a Bari su consiglio di un angelo in pellegrinaggio alla tomba di san Nicola di Mira, per avere la grazia di un figlio.
Ritornati a Sant'Angelo concepirono finalmente il figlio desiderato e, contenti di aver ricevuto la grazia richiesta, lo chiamarono Nicola. Il giovane Nicola entrò nell'Ordine degli Eremitani di sant'Agostino. Si distinse a tal punto nei suoi studi che, prima che essi fossero compiuti, fu eletto canonico della chiesa di san Salvatore. Ascoltando una predica di un eremitano agostiniano sulla frase latina Nolite diligere mundum, nec ea quae sunt in mundo, quia mundus transit et concupiscenzia ejus ("non amate il mondo, né le cose che sono del mondo, perché il mondo passa e passa la sua concupiscenza"), si sentì chiamare alla vita religiosa.
Implorò allora l'agostiniano di ammetterlo nel proprio Ordine, e i suoi genitori acconsentirono con gioia. Così a 14 anni, è l'epoca dello scontro tra re Manfredi, figlio di Federico II, e papa Alessandro IV per i territori pontifici, entra fra gli Eremitani di Sant'Agostino di Castel Sant'Angelo, suo luogo natale, come oblato, cioè ancora senza obblighi e voti. Già prima della sua ordinazione venne mandato in diversi monasteri dell'ordine: San Ginesio, Recanati, Macerata e altri, e i biografi mettono in evidenza che fu un modello di generoso impegno verso la perfezione.
Nel 1274 viene ordinato sacerdote a Cingoli. La comunità agostiniana di Tolentino diventa la sua "casa madre"; e suo campo di lavoro è il territorio marchigiano con i vari conventi dell'Ordine, che lo accolgono via via nell'itinerario di predicatore. Anche le regole monastiche più severe alleggeriscono di solito certi obblighi (lunghe preghiere, digiuni) per chi è in viaggio o fuori sede. Lui invece non si fa mai sconti, perché dappertutto si sente a casa sua: dunque, preghiere e penitenze sempre. E alla gente quasi non sembra vero, perché all'ingrosso s'immagina l'asceta in un quadro di severità e di mestizia. Padre Nicola, invece, è un asceta che diffonde sorriso, un penitente che mette allegria. Lo ascoltano predicare, lo ascoltano in confessione o negli incontri occasionali, ed è sempre così: lui viene da otto-dieci ore di preghiera, dal digiuno a pane e acqua, e immediatamente fa il gesto e dice le parole che spargono sorriso. Molti vengono da lontano a confessargli ogni sorta di misfatti, e vanno via arricchiti dalla sua fiducia gioiosa. Dopo la sua ordinazione, predicò soprattutto a Tolentino, dove fu trasferito intorno al 1275. Nel convento agostiniano di Tolentino fra Nicola rimase fino alla sua morte nel 1305.
Nicola da Tolentino fu santificato per le sue virtù e costituisce il primo santo trecentesco dell'Ordine agostiniano nato solo nella seconda metà del Duecento.
Girolamo da Brescia
Girolamo Muziano (1532 circa-1592) fu attivo nel tardo-rinascimento e si espresse in stile manierista. Era nato a Acquafredda, vicino a Brescia, ma fu attivo principalmente a Roma. Il suo primo lavoro noto è Hercules che uccide il Leone di Nemea (1565) a Villa d'Este a Tivoli. Muziano ha iniziato a lavorare sotto la tutela del Romanino, un seguace di Tiziano. Una storia quasi autobiografica di Muziano scritta dal suo confessore (inedito fino al 1954) indica, invece, che Muziano è nato a Brescia e ha lasciato questo paese da giovane. Il suo apprendistato sarebbe avvenuto dapprima con Domenico Campagnola e Lambert Sustris. Nel 1544 - 1546 si sarebbe trasfeiro nella città di Padova. Trascorse successivamente un periodo a Venezia fino al 1549, e infine si trasferì definitivamente a Roma verso il 1550.