Contenuto
Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Cinquecento: Maestro di OrvietoPITTORI: Maestro di Orvieto
Agostino lava i piedi al Cristo pellegrino
MAESTRO DI ORVIETO
1580-1590
Orvieto, chiesa di sant'Agostino
Agostino lava i piedi al Cristo pellegrino
Durante i restauri della chiesa di sant'Agostino ad Orvieto sono stati rinvenuti due affreschi che appartenevano probabilmente ad un interessante ciclo di affreschi risalente al Cinquecento, che decorava la parete di fondo dell'abside. Si sono salvate due lunette che raffigurano due episodi leggendari legati alla figura di Sant'Agostino. Il primo illustra l'episodio dell'incontro in riva al mare di Agostino con un bambino che versa dell'acqua in una buca e il secondo presente l'apparizione del Cristo pellegrino al santo.
Nella scena di destra due sono i personaggi: Agostino e il Cristo pellegrino. Il santo indossa la tonaca nera dei monaci agostiniani, è inginocchiato di fronte a Cristo e dopo avergli lavato e asciugato i piedi con un grande panno bianco, gli bacia le gamba. Il Cristo è seduto e con la mano destra si appoggia ad un lungo bastone da pellegrino. Gli abiti stessi che indossa sono quelli di un pellegrino con la tipica conchiglia del pellegrino jacobeo. Il suo volto è raggiante ed è circondato da uno strano nimbo a forma romboidale dai lati curvati.
La scena si svolge in una camera spoglia, che mostra una sola apertura all'esterno con una grande finestra, da cui non vi vede alcun paesaggio. La struttura della scena riproduce analoghe raffigurazioni già diffuse nel Cinquecento.
Questa leggenda mette in luce la carità di Agostino e divenne molto cara agli Eremitani ed ai Canonici. Secondo M. Aurenhammer, che lo affermò nel suo Lexikon der christlichen Ikonographie (Vienna, 1953), la leggenda sarebbe stata elaborata in Spagna, dove in effetti appare per la prima volta. Da lì si diffuse nelle Fiandre.
Probabilmente fu estrapolata da qualche frase di Giordano di Sassonia, che nel suo Liber vitasfratrum scrisse: "Unde in Vitaspatrum legitur, quod sanctus Apollonius fratribus suis praecipiebat attentius, ut advenientes fratres quasi Domini susciperent adventum: "Nam et adorari adventantes fratres propterea", inquit, "traditio habet ut certum sit in adventu eorum adventum Domini nostri iesu Christi haberi, qui dicit: Hospes fui et susceptistis me". Et hoc sumpta est illa laudabilis observantia Ordinis, ut fratres hospites recipiantur cum genuflexione et manuum deosculatione."
N. CRUSENIUS nel suo Monasticon Augustinianum, I, 7 pubblicato a Vallisoleti nel 1623 a sua volta scrive: "Ad interiora deserti secedens, Christum hospitio suscipit, pedes lavat et audit: 'Augustine, Filium Dei hodie in carne videre meruisti; tibi commendo Ecclesiam meam.' S. Prosper et alii ", dove questi alii sarebbero Ferdinando vescovo di Tarragona e Jean Maburn canonico regolare.
Il primo a produrre questo tema iconografico fu Huguet, ma sarà Bolswert con le sue incisioni a diffonderlo ampiamente. La valenza di questo soggetto è teologicamente importante sia perché abbondano i testi agostiniani che sottolineano il valore dell'ospitalità al pellegrino, e perché Agostino stesso diede molta importanza all'ospitalità nei suoi monasteri. Già nelle Costituzioni Agostiniane del 1290 si trova il passo che stabilisce per i pellegrini la possibilità di lavarsi i piedi nel monastero.
La chiesa orvietana di sant'Agostino è stata realizzata in stile gotico. Fu edificata verso il 1264 dai frati agostiniani sull'area della preesistente chiesa di Santa Lucia, che fu ceduta dai Premonstratensi dell'Abbazia dei Santi Severo e Martirio. Recentemente la chiesa è stata utilizzata come sala espositiva nell'ambito del circuito di Museo dell'Opera del Duomo di Orvieto e ospita varie statue degli Apostoli. Si tratta di un considerevole complesso di sculture di Apostoli e Santi realizzate tra la fine del Cinquecento e l'inizio del Settecento.
La struttura della chiesa antica è ancora oggi ben visibile e comprende l'abside, con una grande bifora ricostruita nel 1990 per anastilosi. Alla struutra originaria appartiene anche la prima sezione della navata caratterizzata da monofore ad ogiva in origine intervallate da contrafforti poi eliminati nel Settecento. La presenza dei monaci si conclude nel 1810 quando la chiesa diventa un presidio militare napoleonico così come il contiguo convento.