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PITTORI: Maestro di Anagni

Sant'Agostino e la vera religione

Sant'Agostino e la Vera Religione

 

 

MAESTRO DI ANAGNI

1234-1246

Roma, Monastero dei Santi Quattro Coronati, Aula Gotica

 

Sant'Agostino e la vera religione

 

 

 

Nella quieta e intima clausura della comunità monastica dei Santi Quattro Coronati, che sorge su una appartata e silenziosa propaggine del colle del Celio, tra il complesso Lateranense e il Colosseo, si spalanca un capolavoro inestimabile di arte pittorica. Nella cosiddetta Aula Gotica del palazzo cardinalizio nel Monastero dei Quattro Santi Coronati a Roma, sono riaffiorati alcuni affreschi del tardo Duecento che erano stati ricoperti da successive ridipinture.

Questi affreschi datano presumibilmente fra il 1234 e il 1246 e vennero commissionati dal cardinale Stefano Conti vicario di Innocenzo IV all'epoca dello scontro con Federico II.

Nel registro inferiore le Storie di papa Silvestro e di Costantino rientrano nella logica di questa disputa per la supremazia fra potere dello Stato e della Chiesa.

In particolare l'immagine di Salomone richiama la presenza delle quattro virtù: Sobrietas, Concordia, Largitas e Vera Religione.

Quest'ultima è raffigurata con vesti militari, ma senza armi: indossa sopra una tunica verde, un mantello da pellegrino con un camaglio, una cintura a lamelle e in testa ha un cappuccio.

Sulle spalle della Vera Religione è dipinto un santo vescovo con la mitra in testa e una tunica bordata, che costituisce un esempio per la virtù raffigurata. Fra le lacune dell'intonaco si può leggere ...TINUS che richiamano sant'Agostino, soprattutto per il testo dei due cartigli riportati sui fianchi della scena. Si può leggere rispettivamente: IEIUNO BIS IN SABBATO DECIMA(S) e poi (a destra) RELIGIO MUNDA ET INMA(CULATA). Di entrambi questi passi tratti dal vangelo di Luca (parabola del fariseo e del pubblicano 18,  12) e dalla Lettera di Giacomo esistono commenti di Agostino nello Speculum de Scriptura sacra ai paragrafi 318 e 414.

Sulla frase del fariseo Agostino tornerà ancora più volte nei Sermoni (9, 19; 16b, 4; 36, 11; 115, 2; 290, 6 e 351, 1) nonchè nelle Enarrationes in Psalmos (31, 12, 11; 58, 1, 7; 74, 10 e 146, 17) e nel De sancta viriginitate (32).

D'altra parte va sottolineato che Agostino ha scritto anche un'opera titolata De Vera Religione, che l'autore dell'affresco ha tenuto presente nel definire il programma iconografico al momento della scelta di quali personaggi inserire come rappresentanti delle Virtù.

L'affresco viene abitualmente attribuito al cosiddetto Terzo Maestro di Anagni, una figura d'artista che viene identificata come il principale pittore della bottega che portò a termine le decorazioni ai Quattro Santi. Si tratta di un pittore formidabile per la forza espressiva delle figure, abbinate ad un impasto sapiente dei colori. Il suo è uno stile complesso che lo porta ad un apprezzabile livello di modernità. Ma, allo stesso tempo, il dato più eclatante che emerge dal ciclo è la sua riflessione sulla tradizione classica. Il complesso decorativo appare pertanto databile tra le fine degli anni Trenta e l'inizio dei Quaranta del Duecento e getta una luce nuova sulla portata innovativa della scuola romana.

 

Fin dal 499 si ha notizia dell'esistenza di un Titulus Aemilianae, denominazione a cui presto si sovrappose quella di Titulus SS. Quattuor Coronatorum ricordata per la prima volta nel 595. La chiesa, dedicata a un gruppo di martiri tumulati nel cimitero dei ss. Pietro e Marcellino ad duas lauros, si inserì presumibilmente in un'aula absidata di età tardo antica di grandi proporzioni, che conobbe le attenzioni dei papi Onorio I (625-638), Adriano I (772-795), Leone III (795-816), Gregorio IV (827-844). Leone IV (847-855) la fece poi trasformare in una basilica a tre navate con cripta semianulare preceduta da un quadriportico, all'ingresso del quale si inserì la torre campanaria; inoltre sistemò la cripta ed eresse le cappelle di santa Barbara, di san Nicola e di san Sisto, oggi scomparsa.

Per riparare i gravi danni subiti dalla chiesa a causa del sacco dei Normanni nel 1084, papa Pasquale II (1099-1118) intervenne sulla struttura dell'edificio: le navate laterali furono chiuse tamponando i colonnati che le dividevano dalla navata centrale e questa fu tripartita con nuove colonne. Il nuovo edificio fu consacrato il 20 gennaio 1110. Nel 1138 la chiesa fu affidata ai monaci Benedettini, che la tennero fino al secolo XV; sotto di loro furono costruiti il monastero (fine secolo XII), il chiostro (secolo XIII) e la cappella di san. Silvestro (1246). Nel 1521 il complesso passò a Camaldolesi e dal 1560 fu affidato alle Suore Agostiniane che tuttora la custodiscono. Sulle pareti della chiesa sono resti di affreschi del secolo XIV con funzione votiva. Nella navata sinistra sono raffigurati un santo vescovo, un monaco benedettino (sotto cui è scritto Mag. Rainald.) e uno cistercense; sant'Agostino; tre santi seduti; la Navicella; una scena di martirio.