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PITTORI: Alessandra Parisi

Agostino nel suo studio scrive le Confessioni

Agostino nel suo studio scrive le Confessioni

 

 

ALESSANDRA PARISI

2012

Roma, chiesa di san Giuseppe, cappella sant'Agostino

 

Agostino allo scrittoio nel suo studio

 

 

 

La decorazione pittorica della chiesa di san Giuseppe in via Nomentana è concentrata particolarmente sulle tre absidi. Le scelte iconografiche della decorazione dell'abside maggiore rivelano la volontà di evidenziare, oltre al santo titolare, due temi entrambi di segno marcatamente romani: la memoria dei martiri sepolti lungo la via Nomentana e il legame della nuova chiesa con la basilica lateranense, derivato dalla intitolazione della congregazione di appartenenza dei committenti. Il primo tema, già affrontato da Cisterna nella vicina chiesa del Corpus Domini, viene svolto nel catino absidale, dove, ordinate in uno schema simmetrico rigoroso di ascendenza medioevale, le figure dei martiri Agnese, Alessandro, Nicomede e Emerenziana tra palmette e un prato rigogliosamente fiorito si dispongono ai lati san Giuseppe, di dimensioni leggermente maggiori.

Sotto la figura di Agnese si legge la firma e la data 1907.

Una cappella della chiesa è dedicata a sant'Agostino. Sulla parete Cisterna ha creato un ambiente cosmatesco, il cui restauro nel 2012 ad opera di Agnese Boitani e Federica Patrizi, ha consentito di ripristinare l'originario apparato decorativo a finti marmi. All'interno di un riquadro prende corpo la figura di sant'Agostino realizzata con tecnica iconografa dalla pittrice romana Alessandra Parisi su commissione di don Giuseppe Cipolloni. La struttura della composizione, inaugurata nel gennaio 2013, risente fortemente della tecnica paleo-cristiana e bizantina, elementi prediletti dall'autrice. Agostino è raffigurato nel suo studio, seduto su una panca con un gran libro aperto sulle ginocchia. Il volto e lo sguardo del santo sono rivolti al fedele. Con la mano sinistra indica un altro testo aperto su un leggio che occupa la parte centrale della camera. Sullo sfondo si vede una semplice mensola che porta alcuni libri. A destra appare il bastone pastorale, simbolo della dignità episcopale di Agostino, che indossa una semplice tunica rossastra.

 

Di quest'opera l'autrice ci ha rilasciato la spiritualità che accompagnano il suo lavoro: "L'iconografo è in un rapporto di amore con il Creatore, col desiderio di trasmettere un messaggio che rimandi a Lui. Quindi Dio ci chiama a creare l'icona come strumento guida di un percorso interiore di approfondimento e di interrelazione profonda con Lui e con i fratelli. L'icona ci dovrebbe condurre a Dio, glorificandolo. L'iconografo tende a mediare il messaggio divino in una sorta di liturgia figurata che diventa catechesi comunicando il suo modo di sentire la fede. L'icona così diventa strumento di meditazione e ci aiuta a comprendere meglio gli eventi e le verità della Sacra Scrittura.

L'iconografo, entrando con la propria creatività nella prospettiva biblica, evangelica è chiamato da Dio a compiere uno sforzo di conoscenza e di penetrazione dei segni del mondo che mostrano la presenza divina, per rappresentarla nell'icona, che diventa strumento di comunicazione e di comunione. L'icona, nata a glorificare il Creatore, racchiude in sé un microcosmo, ossia la presenza del creato, secondo la schematizzazione dei tre regni; animale (uovo e colle), minerale (gesso e pigmenti), e vegetale (legno). In greco la parola legno significa anche "materia prima"; accanto ad una quercia Abramo ha ricevuto le rivelazioni da Dio; con il legno di acacia fu costruita l'Arca dell'Alleanza; attraverso un albero passa la trasgressione dell'uomo a Dio (melo); il legno è il massimo simbolo della cristianità (la Croce).

Questa icona è realizzata su una tavola di tiglio, irrobustita con zeppe coniche a coda di rondine alloggiate sul retro, trattato con impregnante antitarlo, antimuffa e vernice all'acqua. La parte frontale è telata, gessata e carteggiata a mano. Per eseguire il disegno, la scelta del canone da seguire diventa, nell'icona, "il prologo"; qui è basato sul "modulo bizantino"; la struttura geometrica alla base di ogni icona non è una gabbia ma è utile per indicare le dimensioni in cui lavorare. Il nimbo dorato, simbolo della gloria di Dio, conferisce spiritualità al personaggio. Il corpo umano viene raffigurato nella dimensione della Trasfigurazione e appare stilizzato. La prospettiva "rovesciata" porta il personaggio verso lo spettatore. Lo sfondo dell'icona rappresenta la luce. L'incarnato, sankir, conferisce spiritualità; è realizzato con ocra gialla, rosso ercolano, verde bretonico, blu. L'iconografo, come dice P. Florenskij nelle "Porte Regali" ... non si occupa di faccende tenebrose e non dipinge ombre" ... quindi la pittura inizia da un fondo scuro poi con schiarimenti successivi si darà l'effetto della luce desiderata. La luce va verso lo spettatore dall'interno del soggetto stesso, o delle strutture e degli oggetti rappresentati; la parte di maggior luce è quella più vicina a noi. Si tratta di realizzare, per mezzo di schiarimenti il volume dell'incarnato, delle vesti, delle strutture geometriche. Spesso sono necessari più di 20 lumeggiature per ottenere un buon modellato. Poi nelle zone di maggior luce si aggiunge più bianco e si fanno i "tratti vivi". La spiritualizzazione delle forme è lo scopo principale dell'arte bizantina, così la semplificazione delle costruzioni, degli oggetti o le pieghe dei vestiti è adatta ad esprimere un pensiero teologico, che è vicino all'astrazione. Sant'Agostino è seduto nella semplicità del suo studio, avendo celebrato l'umiltà come virtù umana di maggior spicco, radice di tutte le altre; sta scrivendo un passo de "Le Confessioni" (X, 27), forse uno dei più noti e rappresentativi della sua fede: "Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova; tardi ti ho amato! Tu eri dentro di me, e io stavo fuori, ti cercavo qui, gettandomi, deforme, sulle belle forme delle tue creature Tu eri con me, ma io non ero con te. Mi tenevano lontano da te le creature che, se non esistessero in Te, non esisterebbero per niente. Tu mi hai chiamato, il tuo grido ha vinto la mia sordità; hai brillato, e la tua luce ha vinto la mia cecità; hai diffuso il tuo profumo, e io l'ho respirato, e ora anelo a te; ..."

Sulle ginocchia un libro aperto: Le Lettere di San Paolo ai Romani che, come lui stesso ci scrive, lo hanno folgorato mentre si trovava con Alipio. Accanto allo scrittoio il pastorale e sulla mensola, oltre ai libri e al calamaio la mitra, a ricordarci che Sant'Agostino nel 396 è stato consacrato Vescovo, e per questo la veste è rossa, anche se semplice; per lui l'amore di Dio aveva maggior valore della scienza teologica e della dignità episcopale. Sulla parete di fondo dello studio fra i libri: l'Hortensius di Cicerone, dal cui studio nasce il suo grande amore per la ricerca della verità, come impegno morale e orientamento di vita; gli altri titoli, "Grandezza dell'Anima", "Il Bello e l'Utile", "Dottrina Cristiana", "Fede e Simbolo", "Utilità del Credere", sono alcune delle opere scritte da Sant'Agostino prima de "Le Confessioni" solo a ricordarci che seguendo la sua indole di studioso, ha scritto per noi le sue meditazioni, componendo oltre duecento opere. E' per mezzo dell'iscrizione che l'immagine riceve la sua dimensione spirituale, il suo carattere sacro: così l'icona è legata al suo prototipo, a colui che è rappresentato."

 

La chiesa di San Giuseppe a via Nomentana è una chiesa di Roma nel quartiere Nomentano. Venne costruita su progetto di Carlo Maria Busiri Vici tra il 1904 ed il 1905 in stile neoromanico. Fu consacrata solennemente il 12 ottobre 1905 dal cardinale Pietro Respighi. La facciata è in laterizio a vista e nella parte inferiore presenta un porticato a tre arcate sorrette da colonne e nella parte superiore un oculo circolare sovrastato dagli spioventi della copertura. Inserito nella facciata si può osservare un mosaico con gli stemmi di Pio X e dei Canonici Lateranensi e una lapide nella quale è scritto in mosaico "DEO SACRUM IN HONOREM S. JOSEPH". L'interno si presenta a tre navate, a forme eclettiche neoromaniche, tutta in laterizi a vista. Presenta un'abside riccamente decorata in stile cosmatesco da Alessandra Parisi, che lavorava, all'epoca, per l'Ordine dei Canonici Regolari Lateranensi. La statua di San Giuseppe che campeggia in alto, sul fondo dell'abside, è opera del Magni, mentre i quadri degli altari minori in onore del Sacro Cuore di Gesù e di Maria Santissima del Suffragio sono opera di Giuseppe Bravi.

 

 

Alessandra Parisi

Nasce nel 1957 a Roma, città dove tuttora vive con la famiglia. Il suo interesse di iconografa nasce dalla attrazione dell'uso dei colori e dallo sguardo sull'icona che impone sosta e riflessione. Nel 1997 si applica seriamente al mondo dell'iconografia e della tecnica bizantina sotto la guida di Simonetta Oro. Ha seguito diversi seminari, sia di approfondimento teologico che tecnico. In occasione di questi corsi incontra la dottoressa Maria Giovanna Muzj, docente di Iconografia Cristiana e Liturgia Bizantina alla Pontificia Università Gregoriana e al Pontificio Istituto Orientale di Roma, che le rafforza il desiderio di studiare questo tipo di arte. Dal 2002 frequenta lo studio del maestro iconografo Stefano Armakolas ed entra in contatto con il centro Russia Ecumenica, che offre a Roma un punto di incontro sulla liturgia e la spiritualità fra Cristiani ed Ortodossia.