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Estasi di Ostia
MAESTRO DI PERREUX
1900-1910
Le Perreux-sur-Marne, chiesa di San Giovanni Battista
Estasi di Ostia
Il dipinto appartiene a una serie omogenea di due dipinti della fine del XIX o inizio del XX secolo, che vennero donati dalla famiglia di Ruby Armand. L'autore non è noto. I due quadri raffigurano santa Teresa d'Avila che incontra il Gesù Bambino in un giardino e la scena dell'estasi di Ostia che vede protagonisti Agostino e Monica. Le due pitture hanno supporto e piano della stessa forma rettangolare verticale. Il supporto adatto per la pittura ad olio, misura 254 cm in altezza e 103 in larghezza.
I due quadri sono posti in due nicchie del deambulatorio. La scena in cui sono raffigurati Agostino e Monica è copiata da un'opera di Ary Scheffer conservata al Museo del Louvre a Parigi.
L'autore tuttavia ha profondamente modificato il paesaggio che li circonda e ha sostituito alla originaria marina la visione di un rigoglioso giardino con alberi che si slanciano verso il cielo.
10.23. Incombeva il giorno in cui doveva uscire da questa vita - e tu lo conoscevi quel giorno, noi no. Accadde allora per una tua misteriosa intenzione, credo, che ci trovassimo soli io e lei, affacciati a una finestra che dava sul giardino interno della casa che ci ospitava, là nei pressi di Ostia Tiberina, dove c'eravamo appartati lontano da ogni trambusto, per riposarci della fatica di un lungo viaggio e prepararci alla navigazione. Conversavamo dunque assai dolcemente noi due soli, e dimentichi del passato, protesi verso quello che ci era davanti ragionavamo fra noi, alla presenza della verità - vale a dire alla tua presenza. L'argomento era la vita eterna dei beati, la vita che occhio non vide e orecchio non udì, che non affiorò mai al cuore dell'uomo. Noi eravamo protesi con la bocca del cuore spalancata all'altissimo flusso della tua sorgente, la sorgente della vita che è in te, per esserne irrigati nel limite della nostra capacità, comunque riuscissimo a concepire una così enorme cosa.
- 24. E il nostro ragionamento ci portava a questa conclusione: che la gioia dei sensi e del corpo, per quanto vivida sia in tutto lo splendore della luce visibile, di fronte alla festa di quella vita non solo non reggesse il confronto, ma non paresse neppur degna d'esser menzionata. Allora in un impeto più appassionato ci sollevammo verso l'Essere stesso attraversando di grado in grado tutto il mondo dei corpi e il cielo stesso con le luci del sole e della luna e delle stelle sopra la terra. E ascendevamo ancora entro noi stessi ragionando e discorrendo e ammirando le tue opere, e arrivammo così alle nostre menti e passammo oltre, per raggiungere infine quel paese della ricchezza inesauribile dove in eterno tu pascoli Israele sui prati della verità. Là è vita la sapienza per cui sono fatte tutte le cose, quelle di ora, del passato e del futuro - la sapienza che pure non si fa, ma è: così come era e così sarà sempre. Anzi l'essere stato e l'essere venturo non sono in lei, ma solo l'essere, dato che è eterna: infatti essere stato ed essere venturo non sono eterni. Mentre così parliamo, assetati di lei, eccola... in un lampo del cuore, un barbaglio di lei. E già era tempo di sospirare e abbandonare lì le primizie dello spirito e far ritorno allo strepito della nostra bocca, dove la parola comincia e finisce. E cosa c'è di simile alla tua Parola, al Signore nostro, che perdura in se stessa senza diventare vecchia e rinnova ogni cosa?
- 25. "Se calasse il silenzio, in un uomo, sopra le insurrezioni della carne, silenzio sulle fantasticherie della terra e dell'acqua e dell'aria, silenzio dei sogni e delle rivelazioni della fantasia, di ogni linguaggio e di ogni segno, silenzio assoluto di ogni cosa che si produce per svanire" - così ragionavamo - "perché ad ascoltarle, tutte queste cose dicono: 'Non ci siamo fatte da sole, ma ci ha fatte chi permane in eterno'; se detto questo dunque drizzassero le orecchie verso il loro autore, e facessero silenzio, e lui stesso parlasse non più per bocca loro, ma per sé: e noi udissimo la sua parola senza l'aiuto di lingue di carne o di voci d'angelo o di tuono o d'enigma e di similitudine, no, ma lui stesso, lui che amiamo in tutte queste cose potessimo udire, senza di loro, come or ora con un pensiero proteso e furtivo noi abbiamo sfiorato la sapienza eterna immobile sopra ogni cosa: se questo contatto perdurasse e la vista fosse sgombrata di tutte le altre visioni di genere inferiore e questa sola rapisse e assorbisse e sprofondasse nell'intima beatitudine il suo spettatore, e tale fosse la vita eterna quale è stato quell'attimo di intelligenza per cui stavamo sospirando: non sarebbe finalmente questa la ventura racchiusa in quell'invito, entra nella gioia del tuo signore? E quando? Forse quando tutti risorgeremo, ma non tutti saremo mutati ?"
AGOSTINO, Confessioni, 9, 10, 23-25
Le Perreux-sur-Marne divenne comune autonomo nel 1887, ma non possedeva alcun luogo di culto. Il consiglio comunale ha poi approvato la costruzione di una chiesa. Fu consacrata e aperta al culto nel 1890 dal cardinale Riccardo. L'architetto Alary ne ha supervisionato la costruzione e una targa in marmo nero, posta all'ingresso della chiesa, menziona i donatori. La chiesa possiede un organo Cavaillé-Coll del 1890. L'altare maggiore è sormontato da un affresco con gli angeli adoranti il Signore, realizzato nel 1924 dal pittore Adolphe Deteix. Le tre vetrate risalenti al 1889 rappresentano san Giulio, l'Ascensione di Cristo e san Giovanni Battista. Il fonte battesimale, risalente al XII secolo, proviene dall'antica chiesa di Noisy-le-Grand.