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Estasi di Ostia: particolare dei volti di Agostino e Monica
ISTITUTO TIROLESE DI PITTURA SU VETRO
1930
Ebnit, chiesa di Maria Maddalena
Estasi di Ostia
Questa vetrata che riprende la celebre rappresentazione dell'estasi di Ostia di Scheffer si trova nella chiesa parrocchiale di santa Maria Maddalena posta al dentro del villaggio di montagna di Ebnit nel comune di Dornbirn nel Vorarlberg e nella diocesi di Feldkirch. Il luogo è documentato per la prima volta sotto il toponimo di "Ebenot".
Nell'arco temporale dal 1351 circa a tutto il 1377 a Ebnit era attivo un monastero degli eremitani agostiniani di Saint Paul Einsiedel. Il monastero era stato costruito grazie alle donazioni dei Signori di Ems. Una cappellania in loco è menzionata per la prima volta nel 1423. Nel 1508 la chiesa fu bruciata, per cui nel 1515 fu costruito un nuovo edificio. Nel 1594 la cappellania fu elevata al rango di parrocchia. La chiesa subì ulteriori restauri nel 1776 e fu riaperta nel 1782. Purtroppo nel 1927 la chiesa fu nuovamente distrutta da un incendio e si dovette procedere alla costruzione di un nuovo edificio, che fu portato a termine da Alfons Fritz tra il 1928 e il 1929. La nuova chiesa, che è l'attuale, fu infine consacrata nel 1930.
La vetrata reca in basso due iscrizioni: la prima "ST. AUGUSTINUS U. ST. MONIKA" indica i nomi dei due protagonisti della scena raffigurata, mentre la seconda scritta ricordala FAMILIE OSKAR RHOMBERG di DORNBIRN che ha offerto la vetrata. La finestra in vetro, assai luminosa, fu dipinta nel 1930 su progetto di Gottlieb Schuller, direttore artistico dal 1919 al 1944 dell'Istituto Tirolese di Pittura su Vetro di Innsbruck. Il tema prescelto è l'estasi di Ostia, descritta da Agostino nel IX libro delle Confessioni. Monica e il figlio Agostino sono seduti affacciati dinanzi al mare ed hanno lo sguardo estatico rivolto verso l'alto dove campeggia un grande sole con al centro il triangolo con un occhio, simbolo della Trinità.
Risalendo di contemplazione in contemplazione dalle cose create alla divina Sapienza creatrice, madre e figlio pregustano la gioia del paradiso. Nel viaggio di ritorno da Milano dopo il 387 Agostino e Monica soggiornarono a Ostia in attesa di potersi imbarcare per l'Africa. In questa città Monica trovò la morte, ma prima di morire Agostino ricorda un fatto curioso che li vide protagonisti: un'estasi platonica.
10.23. Incombeva il giorno in cui doveva uscire da questa vita - e tu lo conoscevi quel giorno, noi no. Accadde allora per una tua misteriosa intenzione, credo, che ci trovassimo soli io e lei, affacciati a una finestra che dava sul giardino interno della casa che ci ospitava, là nei pressi di Ostia Tiberina, dove c'eravamo appartati lontano da ogni trambusto, per riposarci della fatica di un lungo viaggio e prepararci alla navigazione. Conversavamo dunque assai dolcemente noi due soli, e dimentichi del passato, protesi verso quello che ci era davanti ragionavamo fra noi, alla presenza della verità - vale a dire alla tua presenza. L'argomento era la vita eterna dei beati, la vita che occhio non vide e orecchio non udì, che non affiorò mai al cuore dell'uomo. Noi eravamo protesi con la bocca del cuore spalancata all'altissimo flusso della tua sorgente, la sorgente della vita che è in te, per esserne irrigati nel limite della nostra capacità, comunque riuscissimo a concepire una così enorme cosa.
- 24. E il nostro ragionamento ci portava a questa conclusione: che la gioia dei sensi e del corpo, per quanto vivida sia in tutto lo splendore della luce visibile, di fronte alla festa di quella vita non solo non reggesse il confronto, ma non paresse neppur degna d'esser menzionata. Allora in un impeto più appassionato ci sollevammo verso l'Essere stesso attraversando di grado in grado tutto il mondo dei corpi e il cielo stesso con le luci del sole e della luna e delle stelle sopra la terra. E ascendevamo ancora entro noi stessi ragionando e discorrendo e ammirando le tue opere, e arrivammo così alle nostre menti e passammo oltre, per raggiungere infine quel paese della ricchezza inesauribile dove in eterno tu pascoli Israele sui prati della verità. Là è vita la sapienza per cui sono fatte tutte le cose, quelle di ora, del passato e del futuro - la sapienza che pure non si fa, ma è: così come era e così sarà sempre. Anzi l'essere stato e l'essere venturo non sono in lei, ma solo l'essere, dato che è eterna: infatti essere stato ed essere venturo non sono eterni. Mentre così parliamo, assetati di lei, eccola... in un lampo del cuore, un barbaglio di lei. E già era tempo di sospirare e abbandonare lì le primizie dello spirito e far ritorno allo strepito della nostra bocca, dove la parola comincia e finisce. E cosa c'è di simile alla tua Parola, al Signore nostro, che perdura in se stessa senza diventare vecchia e rinnova ogni cosa?
- 25. "Se calasse il silenzio, in un uomo, sopra le insurrezioni della carne, silenzio sulle fantasticherie della terra e dell'acqua e dell'aria, silenzio dei sogni e delle rivelazioni della fantasia, di ogni linguaggio e di ogni segno, silenzio assoluto di ogni cosa che si produce per svanire" - così ragionavamo - "perché ad ascoltarle, tutte queste cose dicono: 'Non ci siamo fatte da sole, ma ci ha fatte chi permane in eterno'; se detto questo dunque drizzassero le orecchie verso il loro autore, e facessero silenzio, e lui stesso parlasse non più per bocca loro, ma per sé: e noi udissimo la sua parola senza l'aiuto di lingue di carne o di voci d'angelo o di tuono o d'enigma e di similitudine, no, ma lui stesso, lui che amiamo in tutte queste cose potessimo udire, senza di loro, come or ora con un pensiero proteso e furtivo noi abbiamo sfiorato la sapienza eterna immobile sopra ogni cosa: se questo contatto perdurasse e la vista fosse sgombrata di tutte le altre visioni di genere inferiore e questa sola rapisse e assorbisse e sprofondasse nell'intima beatitudine il suo spettatore, e tale fosse la vita eterna quale è stato quell'attimo di intelligenza per cui stavamo sospirando: non sarebbe finalmente questa la ventura racchiusa in quell'invito, entra nella gioia del tuo signore? E quando? Forse quando tutti risorgeremo, ma non tutti saremo mutati ?"
AGOSTINO, Confessioni, 9, 10, 23-25
L'edificio della chiesa presenta una navata sotto un alto tetto a capanna che è seguita da un coro poligonale. L'ingresso principale è sul lato sud della chiesa mentre la sagrestia chiude a sud del presbiterio. Sul lato est si notano otto arcate con cinque finestre ad arco mentre sul lato ovest le finestre sono sviluppate in arcate cieche rettangolari. Nel transetto anteriore sud si trova una cappella mariana e lo scalone per la galleria dell'organo e la canonica. I dipinti sulle finestre sono stati realizzati nel 1930 dall'Istituto tirolese di pittura su vetro. Nel coro è raffigurato sant'Agostino a sinistra e san Carlo Borromeo a destra. Sul lato destro della navata sono rappresentati i santi Wendelin, Uberto, "Gesù Buon Pastore", Teodulo e Antonio Eremita. A destra troviamo i santi Agostino, Monica e Caterina.
L'altare maggiore proveniva originariamente dalla chiesa parrocchiale di Riezlern nella Kleinen Walsertal. Questa struttura, realizzata all'inizio del XVIII secolo, presenta sei colonne tortili con trabeazione curva e una torre a sei colonne.
Al posto della pala d'altare è presente un crocifisso dell'inizio del '700 con Maria Maddalena. Le figure a lato raffigurano san Martino a sinistra e san Wolfgang a destra. Ai lati del tabernacolo si sono due busti d'argento, realizzati intorno al 1760, di S. Maria Maddalena a sinistra e S. Pietro a destra. L'altare laterale sinistro è una struttura con due colonne tortili e timpani segmentati su una trabeazione chiusa. La struttura dell'altare laterale destro è identica a quello di sinistra. Le scene della Passione nel coro furono dipinte nel 1847 da Matthias Jely di Bludenz e provengono dalla Basilica di Rankweil. L'Incoronazione con le spine, la Caduta della croce e sant'Anna col Bambino risalgono invece al 1700 circa. Julius Wehinger ha realizzato la Via Crucis nel 1938. Il fonte battesimale è stato realizzato da Gustav Bachmann. Sul muro della navata occidentale sono raffigurate le figure di sant'Afra e Agostino che risalgono alla metà del Settecento.