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Agostino cardioforo
ARTARI AUGUSTO, ANTONIO E ALESSANDRO
1895
Champorcher, chiesa di san Nicola di Bari
Agostino cardioforo
A dipingere le volte della chiesa di Champorcher furono i tre fratelli Artari - Augusto, Antonio ed Alessandro - figli di Luigi, definiti dagli storici locali come "le figure più popolari della pittura ottocentesca in Valle d'Aosta."
I loro avi, gli Artari settecenteschi, originari di Campione, furono attivi anche presso diverse corti europee. I loro discendenti del XIX secolo, nati anch'essi nel Canton Ticino, ad Aragno, acquistarono presto notorietà per la loro intensa attività artistica itinerante. Già dai primi anni dell'Ottocento Luigi si trasferì in Valle d'Aosta, dove già operavano diversi architetti, stuccatori e impresari ticinesi. Luigi abitò dapprima a Issogne, presso il parroco, essendo impegnato nella decorazione della chiesa parrocchiale (1816-1818) e dal 1823 si stabilì a Vèrres nel vecchio borgo dove ancora oggi casa Artari presenta dipinti di pregio sui soffitti.
Qui nacquero Alessandro, Augusto ed Antonio e due sorelle (Marie-Anne-Madeleine e Marie-Anne-Catherine). I tre fratelli ornarono numerosi edifici religiosi, tra cui il santuario di Machaby, la prevostura di Saint-Gilles di Vèrres, le parrocchiali di Hône, Châtillon, Pontey, Fénis, Saint-Marcel, una cappella di Nostra Signora delle Grazie nella Cattedrale di Aosta. La loro attività si estese anche a prestigiosi locali di palazzi pubblici come lo spettacolare salone ducale del Municipio di Aosta.
Nella vivista pastorale fatta a Champorcher il 4 maggio 1893 il Vescovo, mons. Joseph-Auguste Duc, accolto dal parroco don Jean Baptiste Danna, aveva ordinato di "blanchir les murs et les voûtes et les décorer."
Per aderire a questa richiesta i parrocchiani avevano raccolto denari giungendo infine a stipulare un accordo con i fratelli Artari. Dopo poco più di due anni i lavori erano terminati e alla fine del 1895 la chiesa era interamente decorata. Il 28 aprile 1896 il Vescovo Duc si recò di nuovo in visita a Champorcher. Nel verbale redatto dal vicario si legge: "Ce n'est pas sans une vraie consolation que nous avons constaté l'heureuse transformation de cette église, selon les voeux exprimés dans notre dernière visite. En 1895, après avoir d'abord fait exécuter des réparations à l'intérieur, à l'extérieur et au toit, au prix de 700 francs, les frères Artari de Verrés se chargèrent de la décoration complète de cet édifice sacré, travail qui fut accompli avec leur bon gout et leur habilité ordinaire pour la somme de 2600 francs."
Citata per la prima volta nella bolla di papa Alessandro III del 20 aprile 1176, in cui sono elencate le chiese dipendenti dal vescovo di Aosta, la chiesa di san Nicola a Champorcher viene nuovamente ricordata in un documento del 1269 tra quelle dipendenti dall'arcidiacono. La sua giurisdizione comprese, fino al 1625, anche il territorio di Pontboset. La chiesa è dedicata a san Nicola, vescovo di Mira (Turchia) vissuto nel IV secolo, le cui reliquie vennero traslate a Bari nel 1087. L'edificio attuale risale agli anni 1728-1732 e fu costruito dal capomastro valsesiano Jean Fer, con la collaborazione degli abitanti, che fornirono materiali e manodopera.
La chiesa originaria probabilmente coincideva, almeno nella parte del presbiterio, con la cappella del castello dei signori di Bard. Nel 1532 la chiesa subì una prima ristrutturazione, come è attestato da una minuscola pergamena conservata in un reliquiario contenente le reliquie di San Nicola e San Giorgio. Nel 1741 fu realizzato l'altar maggiore, ad opera di Giovanni Battista Gilardi, un altro artista della Valsesia. Stilisticamente risente dell'influsso tardo barocco e presenta le statue di san Nicola al centro, san Grato (vescovo di Aosta nel V secolo e patrono della diocesi) e san Giocondo (suo successore). Sulla cimasa sovrastata tutto la statua della della Madonna, a sua volta collocata sotto il fastigio con la statua del Padre Eterno. Dei quattro altari laterali, tutti in legno intagliato, dipinto e parzialmente dorato, il più antico è quello di Sant'Antonio, forse della stessa bottega dell'artista che realizzò l'altar maggiore. Gli altri tre altari (del Sacro Cuore, della Madonna e di San Giuseppe) sono stati rifatti contemporaneamente all'apertura delle due navate laterali, tra il 1864 e il 1868, da un artigiano di Brusson, Claude-Maurice Freydoz, utilizzando forse, in parte, anche statue di fattura precedente.
Sulle pareti della navata centrale si possono osservare medaglioni con dipinti santi e apostoli, che sono riapparsi nel loro splendore dopo i lavori di rifacimento condotti nel 2010-2011. Sui pilastri che introducono all'altare maggiore sono stati affrescato un san Gregorio Magno e sant'Agostino. Quest'ultimo, vestito da vescovo e Dottore della Chiesa porta nella mano sinistra un cuore fiammante, simbolo assai diffuso dalla devozione popolare e raccolta dagli iconografi settecenteschi. Il viso del santo è giovanile e la mitra è circondata da un nimbo di santità. Con la mano destra Agostino regge un cartiglio parte arrotolato e parte piano. Sulla parte visibile si può leggere: EX ALTIS COELIS FRATRES ARTARI ALLUMINI ET CUSTODI, un chiaro riferimento ai pittori che eseguirono l'opera.
Nel libro nono delle Confessioni Agostino si esprime con queste parole: sagittaveras tu cor meum charitate tua, hai ferito il mio cuore - ricorda Agostino - con il tuo amore. Esse esprimono in forma poetica il grande amore che Agostino aveva per Dio. Un amore così grande da essere rappresentato simbolicamente con un cuore fiammante trafitto da una freccia. Questo tipo di rappresentazione godrà di grandissima fortuna iconografica dal 1600 in poi, tanto da essere un punto fermo nel logo che lo stesso Ordine Agostiniano adotterà per il suo Stemma Ufficiale. Il cuore è l'elemento caratteristico di questo tema iconografico: Agostino lo tiene in mano, talvolta è attraversato da una freccia, o anche viene offerto al Signore.