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PITTORI: Pompeo Bertini

Battesimo di Agostino a Milano

Battesimo di Agostino

 

 

POMPEO BERTINI

1889

Duomo di Milano

 

Battesimo di Agostino

 

 

 

Dopo quasi due secoli di abbandono il patrimonio vetrario del Duomo di Milano conobbe una grande fioritura grazie ai Bertini padre e figli. La loro attività si può osservare ad esempio nel Tornacoro: la prima vetrata è dedicata alle "Storie del Nuovo Testamento", rifacimento delle vetrate quattrocentesche operato da G. B. Bertini (dal 1838 al 1849) e dai suoi figli, Giuseppe e Pompeo. La vetrata di mezzo, nel finestrone del Sol justitiae, racconta "L’Apocalisse": la parte superiore e centrale conserva ancora vetri quattro-cinquecenteschi, mentre la zona inferiore ospita antelli bertiniani (1834-1865). La terza vetrata, con le "Storie dell’Antico Testamento", è sostituzione integrale di quella quattrocentesca, di Giuseppe e Pompeo Bertini (seconda metà XIX sec.). Nei quattro antelli ogivali, mediani alle lancette di destra, vi sono inseriti i quattro Dottori, fra cui Agostino. Al suo battesimo è dedicata inoltre la parte inferiore della vetrata di S. Ambrogio a sua volta situata sopra l'altare del santo. Autore di questa vetrata fu Pompeo figlio di Giovanni Bertini, che ne eseguì uno studio nel 1889. La scena del battesimo richiama l'impianto compositivo della pala del Barocci nel sottostante altare, ma ricorda anche una formella del coro ligneo dedicata al battesimo di Ambrogio.

 

Milano fu la tappa decisiva della conversazione di Agostino. Qui ebbe l'opportunità di ascoltare i sermoni di Ambrogio che teneva regolarmente in cattedrale, ma se le sue parole si scolpivano nel cuore di Agostino, fu la frequentazione con un anziano sacerdote, san Simpliciano, che aveva preparato Ambrogio all'episcopato, a dargli l'ispirazione giusta; il quale con fine intuito lo indirizzò a leggere i neoplatonici, perché i loro scritti suggerivano "in tutti i modi l'idea di Dio e del suo Verbo". Un successivo incontro con sant'Ambrogio, procuratogli dalla madre, segnò un altro passo verso il battesimo; fu convinto da Monica a seguire il consiglio dell'apostolo Paolo, sulla castità perfetta, che lo convinse pure a lasciare la moglie, la quale secondo la legge romana, essendo di classe inferiore, era praticamente una concubina, rimandandola in Africa e tenendo presso di sé il figlio Adeodato (ci riesce difficile ai nostri tempi comprendere questi atteggiamenti, così usuali per allora).

A casa di un amico Ponticiano, questi gli aveva parlato della vita casta dei monaci e di s. Antonio abate, dandogli anche il libro delle Lettere di S. Paolo; ritornato a casa sua, Agostino disorientato si appartò nel giardino, dando sfogo ad un pianto angosciato e mentre piangeva, avvertì una voce che gli diceva "Tolle, lege, tolle, lege" (prendi e leggi), per cui aprì a caso il libro delle Lettere di S. Paolo e lesse un brano: "Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. Rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri" (Rom. 13, 13-14).

Dopo qualche settimana ancora d'insegnamento di retorica, Agostino lasciò tutto, ritirandosi insieme alla madre, il figlio ed alcuni amici, ad una trentina di km. da Milano, a Cassiciaco, l'attuale Cassago Brianza, in meditazione e in conversazioni filosofiche e spirituali; volle sempre presente la madre, perché partecipasse con le sue parole sapienti. Nella Quaresima del 386 ritornarono a Milano per una preparazione specifica al Battesimo, che Agostino, il figlio Adeodato e l'amico Alipio. Il giorno di Pasqua Agostino ricevette il battesimo insieme all'amico Alipio che era stato convertito dalle prediche di S. Ambrogio, e ad Adeodato, figlio dello stesso Agostino, natogli mentre era ancora filosofo pagano. Allora S. Ambrogio secondo quello che lui stesso dice, gridò: Te Deum laudamus. S. Agostino seguitò: Te Dominum confitemur.

 

Giunto il momento in cui dovevo dare il mio nome per il battesimo, lasciammo la campagna e facemmo ritorno a Milano. Alipio volle rinascere anch'egli in te con me. Era già rivestito dell'umiltà conveniente ai tuoi sacramenti e dominava così saldamente il proprio corpo, da calpestare il suolo italico ghiacciato a piedi nudi, il che richiede un coraggio non comune. Prendemmo con noi anche il giovane Adeodato, nato dalla mia carne e frutto del mio peccato. Tu l'avevi ben fatto. Era appena quindicenne e superava per intelligenza molti importanti e dotti personaggi.

AGOSTINO, Confessioni 9, 6, 14