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Estasi di Ostia
GUSTAVE DORE'
1865-1880
Parigi, Museo della vita romantica
Estasi di Ostia
Il disegno è stato eseguito su carta con matita e carboncino e riflessi bianchi. L'opera è stata realizzata con una altezza di 54 cm circa per una larghezza di 38 cm. Il disegno costituisce uno studio che raffigura l'estasi di Ostia che vide protagonisti Agostino e la madre Monica. Il soggetto è chiaramente ispirato ad una celebre opera di Ary Scheffer, che presenta il medesimo soggetto. L'autore ha firmato il disegno in basso a sinistra, dove, con una matita nera, ha scritto "G Doré". Nel retro, al centro in basso a destra, su una vecchia etichetta, troviamo la scritta in inchiostro marrone: Sant'Agostino e Santa Monica sua madre / Chiesa di Fleurance / (Gers) / G Doré".
L'impostazione riprende il quadro di Scheffer, anche se il risultato non riesce a raggiungere la profondità degli sguardi di Agostino e Monica presenti nell'originale.
Doré ha curato attentamente la dinamica dei vestiti e la postura anatomica dei due personaggi, i cui volti riescono a esprimere lo stato di grazia e di estasi che stanno vivendo. La scena si apre su una grande finestra da cui si può osservare una marina dove veleggia una barca solitaria.
10.23. Incombeva il giorno in cui doveva uscire da questa vita - e tu lo conoscevi quel giorno, noi no. Accadde allora per una tua misteriosa intenzione, credo, che ci trovassimo soli io e lei, affacciati a una finestra che dava sul giardino interno della casa che ci ospitava, là nei pressi di Ostia Tiberina, dove c'eravamo appartati lontano da ogni trambusto, per riposarci della fatica di un lungo viaggio e prepararci alla navigazione. Conversavamo dunque assai dolcemente noi due soli, e dimentichi del passato, protesi verso quello che ci era davanti ragionavamo fra noi, alla presenza della verità - vale a dire alla tua presenza. L'argomento era la vita eterna dei beati, la vita che occhio non vide e orecchio non udì, che non affiorò mai al cuore dell'uomo. Noi eravamo protesi con la bocca del cuore spalancata all'altissimo flusso della tua sorgente, la sorgente della vita che è in te, per esserne irrigati nel limite della nostra capacità, comunque riuscissimo a concepire una così enorme cosa.
- 24. E il nostro ragionamento ci portava a questa conclusione: che la gioia dei sensi e del corpo, per quanto vivida sia in tutto lo splendore della luce visibile, di fronte alla festa di quella vita non solo non reggesse il confronto, ma non paresse neppur degna d'esser menzionata. Allora in un impeto più appassionato ci sollevammo verso l'Essere stesso attraversando di grado in grado tutto il mondo dei corpi e il cielo stesso con le luci del sole e della luna e delle stelle sopra la terra. E ascendevamo ancora entro noi stessi ragionando e discorrendo e ammirando le tue opere, e arrivammo così alle nostre menti e passammo oltre, per raggiungere infine quel paese della ricchezza inesauribile dove in eterno tu pascoli Israele sui prati della verità. Là è vita la sapienza per cui sono fatte tutte le cose, quelle di ora, del passato e del futuro - la sapienza che pure non si fa, ma è: così come era e così sarà sempre. Anzi l'essere stato e l'essere venturo non sono in lei, ma solo l'essere, dato che è eterna: infatti essere stato ed essere venturo non sono eterni. Mentre così parliamo, assetati di lei, eccola... in un lampo del cuore, un barbaglio di lei. E già era tempo di sospirare e abbandonare lì le primizie dello spirito e far ritorno allo strepito della nostra bocca, dove la parola comincia e finisce. E cosa c'è di simile alla tua Parola, al Signore nostro, che perdura in se stessa senza diventare vecchia e rinnova ogni cosa?
- 25. "Se calasse il silenzio, in un uomo, sopra le insurrezioni della carne, silenzio sulle fantasticherie della terra e dell'acqua e dell'aria, silenzio dei sogni e delle rivelazioni della fantasia, di ogni linguaggio e di ogni segno, silenzio assoluto di ogni cosa che si produce per svanire" - così ragionavamo - "perché ad ascoltarle, tutte queste cose dicono: 'Non ci siamo fatte da sole, ma ci ha fatte chi permane in eterno'; se detto questo dunque drizzassero le orecchie verso il loro autore, e facessero silenzio, e lui stesso parlasse non più per bocca loro, ma per sé: e noi udissimo la sua parola senza l'aiuto di lingue di carne o di voci d'angelo o di tuono o d'enigma e di similitudine, no, ma lui stesso, lui che amiamo in tutte queste cose potessimo udire, senza di loro, come or ora con un pensiero proteso e furtivo noi abbiamo sfiorato la sapienza eterna immobile sopra ogni cosa: se questo contatto perdurasse e la vista fosse sgombrata di tutte le altre visioni di genere inferiore e questa sola rapisse e assorbisse e sprofondasse nell'intima beatitudine il suo spettatore, e tale fosse la vita eterna quale è stato quell'attimo di intelligenza per cui stavamo sospirando: non sarebbe finalmente questa la ventura racchiusa in quell'invito, entra nella gioia del tuo signore? E quando? Forse quando tutti risorgeremo, ma non tutti saremo mutati ?"
AGOSTINO, Confessioni, 9, 10, 23-25
Gustave Doré
Nacque a Strasburgo nel 1832, ma presto si trasferì a Bourg-en-Bresse, dove il padre lavorava come ingegnere. Sin da giovane rivelò una forte attitudine al disegno. Formatosi al Louvre, tra il 1847 e il 1854 realizzò una notevole quantità di caricature e litografie, che rivelarono le sue doti tecniche e artistiche. Doré ottenne un grande successo con la illustrazione della Storia pittoresca, drammatica e umoristica della Santa Russia, la cui pubblicazione ottenne uno straordinario successo. Nel 1861 Doré pubblicò le illustrazioni dell'Inferno e del Don Chisciotte, due tra le sue opere più importanti e significative. Nel 1862 illustrò i Racconti di Perrault e nel 1864 la Bibbia. Nel 1867 concluse la serie di incisioni dedicate ai grandi classici con le Favole di La Fontaine. Dopo il 1870 iniziò a dedicarsi soprattutto alla pittura e alla scultura, senza tuttavia riscuotere un analogo successo. Fra le sue pitture segnaliamo La battaglia d'Alma (1855), la Battaglia di Balaklava (1865), Il Neofita e il Cristo mentre lascia il pretorio. Questi dipinti hanno un carattere molto veemente. Di Doré scultore ci resta la statua di Dumas padre (1882), eretta nella piazza Malesherbes a Parigi. Doré morì a Parigi nel 1883.