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Estasi di Ostia
MAESTRO DI BOURG
1897
Bourg la Reine, chiesa di san Gilles
Estasi di Ostia
La vetrata illustra in modo atipico la scena dell'estasi di Ostia, che viene descritta da Agostino in alcune delle pagine più belle delle Confessioni, dove celebra un commosso ricordo della madre Monica. L'episodio che viene descritto è a tutti gli effetti un'esperienza mistica che i due ebbero a Ostia Tiberina nel 387, a breve distanza di tempo dal battesimo di Agostino e pochi giorni prima della morte di Monica. Risalendo di contemplazione in contemplazione dalle cose create alla divina Sapienza creatrice, madre e figlio pregustarono la gioia del paradiso. La scena si svolge ad Ostia nel corso del viaggio di ritorno in Africa da Milano mentre erano in attesa di potersi imbarcare per l'Africa.
Agostino e Monica sono ritti in piedi con lo sguardo rivolto verso l'alto. Agostino con entrambe le mani tiene la mano sinistra di Monica. La santa tiene invece la mano destra alzata dietro le spalle del figlio e con l'indice indica il cielo. Entrambi hanno la testa circondata dal nimbo dei santi e stranamente Agostino ha un volto decisamente più anziano della madre, la cui espressione sembra trasfigurata e giovanile.
10.23. Incombeva il giorno in cui doveva uscire da questa vita - e tu lo conoscevi quel giorno, noi no. Accadde allora per una tua misteriosa intenzione, credo, che ci trovassimo soli io e lei, affacciati a una finestra che dava sul giardino interno della casa che ci ospitava, là nei pressi di Ostia Tiberina, dove c'eravamo appartati lontano da ogni trambusto, per riposarci della fatica di un lungo viaggio e prepararci alla navigazione. Conversavamo dunque assai dolcemente noi due soli, e dimentichi del passato, protesi verso quello che ci era davanti ragionavamo fra noi, alla presenza della verità - vale a dire alla tua presenza. L'argomento era la vita eterna dei beati, la vita che occhio non vide e orecchio non udì, che non affiorò mai al cuore dell'uomo. Noi eravamo protesi con la bocca del cuore spalancata all'altissimo flusso della tua sorgente, la sorgente della vita che è in te, per esserne irrigati nel limite della nostra capacità, comunque riuscissimo a concepire una così enorme cosa.
- 24. E il nostro ragionamento ci portava a questa conclusione: che la gioia dei sensi e del corpo, per quanto vivida sia in tutto lo splendore della luce visibile, di fronte alla festa di quella vita non solo non reggesse il confronto, ma non paresse neppur degna d'esser menzionata. Allora in un impeto più appassionato ci sollevammo verso l'Essere stesso attraversando di grado in grado tutto il mondo dei corpi e il cielo stesso con le luci del sole e della luna e delle stelle sopra la terra. E ascendevamo ancora entro noi stessi ragionando e discorrendo e ammirando le tue opere, e arrivammo così alle nostre menti e passammo oltre, per raggiungere infine quel paese della ricchezza inesauribile dove in eterno tu pascoli Israele sui prati della verità. Là è vita la sapienza per cui sono fatte tutte le cose, quelle di ora, del passato e del futuro - la sapienza che pure non si fa, ma è: così come era e così sarà sempre. Anzi l'essere stato e l'essere venturo non sono in lei, ma solo l'essere, dato che è eterna: infatti essere stato ed essere venturo non sono eterni. Mentre così parliamo, assetati di lei, eccola... in un lampo del cuore, un barbaglio di lei. E già era tempo di sospirare e abbandonare lì le primizie dello spirito e far ritorno allo strepito della nostra bocca, dove la parola comincia e finisce. E cosa c'è di simile alla tua Parola, al Signore nostro, che perdura in se stessa senza diventare vecchia e rinnova ogni cosa?
- 25. "Se calasse il silenzio, in un uomo, sopra le insurrezioni della carne, silenzio sulle fantasticherie della terra e dell'acqua e dell'aria, silenzio dei sogni e delle rivelazioni della fantasia, di ogni linguaggio e di ogni segno, silenzio assoluto di ogni cosa che si produce per svanire" - così ragionavamo - "perché ad ascoltarle, tutte queste cose dicono: 'Non ci siamo fatte da sole, ma ci ha fatte chi permane in eterno'; se detto questo dunque drizzassero le orecchie verso il loro autore, e facessero silenzio, e lui stesso parlasse non più per bocca loro, ma per sé: e noi udissimo la sua parola senza l'aiuto di lingue di carne o di voci d'angelo o di tuono o d'enigma e di similitudine, no, ma lui stesso, lui che amiamo in tutte queste cose potessimo udire, senza di loro, come or ora con un pensiero proteso e furtivo noi abbiamo sfiorato la sapienza eterna immobile sopra ogni cosa: se questo contatto perdurasse e la vista fosse sgombrata di tutte le altre visioni di genere inferiore e questa sola rapisse e assorbisse e sprofondasse nell'intima beatitudine il suo spettatore, e tale fosse la vita eterna quale è stato quell'attimo di intelligenza per cui stavamo sospirando: non sarebbe finalmente questa la ventura racchiusa in quell'invito, entra nella gioia del tuo signore? E quando? Forse quando tutti risorgeremo, ma non tutti saremo mutati ?"
AGOSTINO, Confessioni, 9, 10, 23-25
La chiesa fu costruita nel 1152 dalle monache dell'abbazia di Montmartre. Pochi sono i documenti che si sono conservati, sufficienti tuttavia a permettere di ricostruire la struttura dell'edificio. Abbandonato durante la Rivoluzione francese, l'edificio subì gravi danni e nel 1833 il Consiglio Comunale ne decise l'abbattimento per poter procedere alla costruzione di una nuova chiesa. La chiesa medioevale fu demolita nel 1836 e le macerie furono rimosse solo nel 1843. L'architetto Auguste Molinos realizzò i lavori dal 1835 al 1837. Nel 1891 fu approvato un progetto di ampliamento dell'architetto Charles Barie che fu realizzato dal 1893 al 1897, facendo assumere alla chiesa la sua forma attuale a croce latina con transetti ai lati della navata centrale di otto campate, un profondo coro e una doppia sagrestia. Colonne con capitelli ionici separano le navate laterali dalla navata centrale, illuminata da alte finestre.
La prima costruzione medioevale era una chiesa a pianta rettangolare con accesso da un portico costruito dopo il 1567. All'interno a sinistra, nella prima campata, si trovava il fonte battesimale illuminato da una vetrata e formava una piccola cappella indipendente dall'edificio principale. Annesso al portico della chiesa era posto il presbiterio, prolungato da un piccolo giardino e terminava con la sacrestia che si estendeva fino alla parete dell'abside. Contrafforti e archi rampanti mantenevano i muri della navata centrale, il cui timpano raggiungeva i 18 metri.