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PITTORI: Giuseppe Mancinelli

Morte di sant'Agostino

Morte di sant'Agostino

 

 

GIUSEPPE MANCINELLI

1859

Napoli, chiesa di Santa Maria di Piedigrotta

 

Morte di sant'Agostino

 

 

 

Agostino muore il 28 agosto 430 mentre i Vandali di Genserico stanno assediando Ippona.

 

31. 1. Quel sant'uomo, nella lunga vita che Dio gli aveva concesso per l'utilità e il bene della santa chiesa (infatti visse 76 anni, e circa 40 anni da prete e vescovo), parlando con noi familiarmente era solito dire che, ricevuto il battesimo, neppure i cristiani e i sacerdoti più apprezzati debbono separarsi dal corpo senza degna e adatta penitenza.

31. 2. In tal modo egli si comportò nella sua ultima malattia: fece trascrivere i salmi davidici che trattano della penitenza - sono molto pochi - e fece affiggere i fogli contro la parete, così che stando a letto durante la sua infermità li poteva vedere e leggere, e piangeva ininterrottamente a calde lacrime.

31. 3. Perché nessuno disturbasse il suo raccoglimento, circa dieci giorni prima di morire, disse a noi, che lo assistevamo, di non far entrare nessuno, se non soltanto nelle ore in cui i medici entravano a visitarlo o gli si portava da mangiare. La sua disposizione fu osservata, ed egli in tutto quel tempo stette in preghiera.

31. 4. Fino alla sua ultima malattia predicò in chiesa la parola di Dio ininterrottamente, con zelo e con forza, con lucidità e intelligenza.

31. 5. Conservando intatte tutte le membra del corpo, sani la vista e l'udito, mentre noi eravamo presenti osservavamo e pregavamo, egli - come fu scritto - si addormentò coi suoi padri, in prospera vecchiaia (1 Re, 2, 10). Per accompagnare la deposizione del suo corpo, fu offerto a Dio il sacrificio in nostra presenza, e poi fu sepolto.

31. 6. Non fece testamento, perché povero di Dio non aveva motivo di farlo. Raccomandava sempre di conservare diligentemente per i posteri la biblioteca della chiesa con tutti i codici. Quel che la chiesa aveva di suppellettili e ornamenti, affidò al prete che alle sue dipendenze curava l'amministrazione della casa annessa alla chiesa.

31. 7. Né durante la vita né al momento di morire trattò i suoi parenti, sia quelli dediti alla vita monastica sia quelli di fuori, nel modo consueto nel mondo. Quando viveva, dava a costoro, se era necessario, quel che usava dare agli altri, non perché avessero ricchezze ma perché non fossero poveri e non lo fossero troppo.

31. 8. Lasciò alla chiesa clero abbondante e monasteri di uomini e donne praticanti la continenza con i loro superiori; inoltre, biblioteche contenenti libri e prediche sia suoi sia di altri santi, dai quali si può conoscere quanta sia stata, per dono di Dio, la sua grandezza nella chiesa e nei quali i fedeli lo trovano sempre vivo. In tal senso un poeta pagano, disponendo che i suoi gli facessero la tomba in luogo pubblico ed elevato, dettò questa epigrafe: Vuoi sapere, o viandante, che il poeta vive dopo la morte? Ecco, io dico ciò che tu leggi: la tua voce è la mia.

POSSIDIO, Gesta Augustini 31, 1 - 8

 

Morì nella pace del Signore alla presenza dei suoi monaci che pregavano, in età di 77 anni, dopo quarant'anni di episcopato. Morì senza far testamento perchè nella sua povertà evangelica nulla aveva di cui potesse disporre.

JACOPO DA VARAGINE, Legenda Aurea

 

Mancinelli nasce a Napoli nel 1813 e si iscrive giovanissimo al Reale Istituto di Belle Arti di Napoli, dove fu allievo del pittore Costanzo Angelini. Dal 1830 prese parte alle Esposizioni borboniche, presentando tele di soggetto storico come Dante e Virgilio alla porta dell'Inferno, Caino spaventato dopo aver ucciso Abele e Belisario con la sua guida. Nel 1835 vinse il concorso per il pensionato artistico borbonico e si trasferì a Roma, dove soggiornò per dieci anni. Qui divenne allievo di Vincenzo Camuccini, direttore dell'Accademia napoletana. Durante questo soggiorno si dedicò sopratutto allo studio dell'arte rinascimentale e del classicismo seicentesco. A Roma nel 1840 sposò Maddalena Arnoldi, da cui ebbe sette figli. All'esposizione Borbonica di Belle Arti del 1841 inviò l'olio su tela Sfida al canto fra i pastori, opera che riassume l'esperienza romana in rapporto ai maestri tedeschi. Altri dipinti mitologici contribuirono al crescente successo del pittore, in special modo presso la corte di Ferdinando II.

I suoi temi sono trattati con un forte cromatismo, l'impostazione monumentale e al contempo lo studio e la disposizione calibrata dello spazio sono ben evidenti in tutti i suoi soggetti. Medesimo pathos il Mancinelli mise nei soggetti religiosi: nel 1847 realizzò, per la chiesa di S. Carlo all'Arena a Napoli, il dipinto S. Carlo Borromeo fra gli appestati. Anche la Madonna degli Angeli, dipinta nel 1857 per la chiesa dei francescani a Tripoli, e ora al Museo di Capodimonte, suscitò apprezzamento e ammirazione, tanto che Ferdinando II volle che il dipinto entrasse a far parte delle collezioni reali. Nel 1851 il Mancinelli vinse il concorso per l'assegnazione della cattedra di disegno presso il Reale Istituto di Belle Arti di Napoli. Accanto all'attività didattica, svolta per un decennio, Mancinelli realizzò opere di grande respiro come il sipario per il teatro S. Carlo di Napoli, raffigurante Omero e le muse tra i poeti (1854). Affievolendosi la fortuna della pittura storica, Mancinelli ottenne minori commesse e nel 1860 cedette a Morelli la prestigiosa cattedra di disegno, riservandosi l'insegnamento della pittura. La sterminata produzione artistica di Mancinelli è essenzialmente legata a dipinti di soggetto devozionale, tra cui la Vestizione di santa Chiara, pala realizzata per il santuario della Madonna della Stella a Spoleto e che, presentata all'Esposizione vaticana del 1867, ebbe un notevole successo. L'ultima tela, dipinta nel 1875 per la cattedrale di Altamura, è la Presentazione della Vergine al tempio. Mancinelli morì a Palazzolo di Castrocielo, presso Caserta nel 1875.