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Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Ottocento: Maestro di MéenPITTORI: Maestro di Méen
La vetrata "agostiniana" con il doppio registro
MAESTRO DI MEEN
1870-1879
Saint-Méen-le-Grand, cappella di san Giuseppe
Agostino cardioforo vescovo e Dottore della Chiesa
Nel secondo registro di una vetrata della Cappella di San Giuseppe a Saint-Méen-le-Grand si trova questa immagine di sant'Agostino vescovo con in mano un cuore fiammante. Nel primo registro della stessa vetrata il santo è raffigurato con la madre Monica che lo consiglia a farsi cristiano.
La cappella di San Giuseppe o cappella del cimitero è una costruzione che sorge nella cittadina di Saint-Méen le Grand, costituisce
uno smembramento della primitiva parrocchia di Gael e precedentemente includeva il territorio dei Crouais. Saint-Méen-le-Grand deve le sue origini a Mewen, un monaco inglese, noto anche come Saint Méen. Nel VI secolo, Mewen sbarcò in Armorica con suo zio san Sansone e costruì il suo monastero in Gael sulle terre di Lord Kaduon o Caduon nel dominio di Tréfoss.
Questo monastero chiamato Monastero di Saint-Jean de Gaël, edificato grazie ad una importante donazione elargita da un emigrato bretone di nome Caduon nei suoi domini di Tréfoss, venne arricchito dalla liberalità dei signori bretoni e in particolare dal famoso conte di Vannes, Warroch. Questo monastero divenne con il tempo l'Abbazia di Saint-Méen, dove il santo muore nel 617. In questa abbazia si ritira il re Judicaël, dove termina i suoi giorni alla fine del settimo secolo. Il convento venne attaccato intorno al 799 dalle truppe di Carlo Magno. L'abate Helocar, vescovo di Aleth lo ricostruisce intorno all'anno 818 e Louis le Débonnaire conferma, nell'816, i privilegi concessi dal grande imperatore e sottopone l'istituzione alla Signoria di Saint-Benoît. Il monastero viene distrutto un'altra volta dai Normanni nel 919 e ricostruito all'inizio dell'XI secolo, grazie all'intervento della duchessa Havoise e di suo figlio, il duca Alain III. È l'abate di Saint-Jagu, Hingueton o Huguetin, che viene incaricato della ricostruzione ricevendo un adeguato sostegno economico cui partecipano anche le signorie di Gaël, Trémorel, Quédillac, le foreste di Saint-Méen, Recon, Hate e Troncar. Nel 1024, i monaci guidati da Hingueton decisero di fondare un nuovo monastero dedicato a St. Méen. Fra i 43 abati, che governano l'abbazia dal 565 al 1754, ci fu anche Enrico, che venne deposto nel XII secolo dai suoi religiosi, con la successiva approvazione del vescovo e di papa Eugenio III. Nello stesso secolo, i monaci di Paimpont furono posti sotto il controllo dell'abate di Saint-Méen. Il numero di priorati sotto l'abbazia aumentò nel tempo e salì a dieci nel XV secolo. L'abate Pierre Cornulier iniziò la riforma dell'Abbazia all'inizio del XVII secolo e nel 1638 chiamò la Congregazione di Saint-Maure. Achille du Hallay, vescovo di Saint-Malo, trasformò l'Abbazia in un seminario della sua diocesi e nel 1643 installò i Sacerdoti dell'Oratorio, poi nel 1645 i Sacerdoti della Missione o Lazzaristi. Il Petit Séminaire della diocesi di Rennes vi prese dimora nel 1381 e vi rimase fino al 1906.
Cappella costruita sul sito della vecchia chiesa parrocchiale demolita nel 1807. L'attuale edificio fu costruito intorno al 1870 e benedetto nel 1879.
La vetrata che raffigura sant'Agostino, ci presenta un santo in vesti pontificali, con in testa la mitra e nella mano sinistra un elegante bastone pastorale. I paramenti episcopali sono ben curati, ma senza sfoggio di ricchezza nei tessuti e nell'aspetto. Agostino regge con la mano destra un cuore fiammante, che guarda con grande attenzione, quasi fosse ammaliato da questa presenza. Il suo volto ha un aspetto giovanile, con una folta barba rossastra che gli copre le gote e il mento.
Nel libro nono delle Confessioni Agostino si esprime con queste parole: sagittaveras tu cor meum charitate tua, hai ferito il mio cuore - ricorda Agostino - con il tuo amore. Esse esprimono in forma poetica il grande amore che Agostino aveva per Dio. Un amore così grande da essere rappresentato simbolicamente con un cuore fiammante trafitto da una freccia. Questo tipo di rappresentazione godrà di grandissima fortuna iconografica dal 1600 in poi, tanto da essere un punto fermo nel logo che lo stesso Ordine Agostiniano adotterà per il suo Stemma Ufficiale. Il cuore è l'elemento caratteristico di questo tema iconografico: Agostino lo tiene in mano, talvolta è attraversato da una freccia, o anche viene offerto al Signore.
Tu stesso ci avevi folgorati con le frecce del tuo amore, e portavamo conficcati nel ventre gli arpioni delle tue parole e gli esempi dei tuoi servi, che da oscuri avevi reso splendidi e da morti, viventi. Bruciavano ammassati nel fondo della mente divorando la sua pesantezza e il torpore, per impedirci di scendere in basso, ed era un tale incendio che tutto il fiato soffiatoci contro dalle subdole lingue l'avrebbe ravvivato, non estinto. Tuttavia nel tuo nome, che hai reso sacro per tutta la terra, il nostro proponimento avrebbe certamente incontrato il plauso di alcuni, e quindi poteva sembrare ostentazione non aspettare quel poco che mancava alle vacanze, e congedarsi prima da un pubblico ufficio che era sotto gli occhi di tutti in modo da attirare sulle mie azioni l'attenzione universale. Così, se avessi dato l'impressione di non voler neppure attendere il termine tanto prossimo dei corsi, avrebbero molto chiacchierato, e sarebbe parso che volessi farmi notare. E a che pro favorire congetture e discussioni sui miei intenti e oltraggi al nostro bene?
AGOSTINO, Confessioni 9, 2, 3