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PITTORI: Maestro di Mondovì

Sant'Agostino in gloria ascende in cielo

Sant'Agostino in gloria ascende in cielo

 

 

MAESTRO DI MONDOVI'

1800-1830

Mondovì, chiesa di sant'Agostino

 

Sant'Agostino in gloria ascende in cielo

 

 

 

Questa grandiosa rappresentazione, che si trova nella chiesa di sant'Agostino a Mondovì, illustra la gloria di sant'Agostino assunto in cielo mentre gode della presenza della Trinità Il pittore l'ha rappresentata con simboli geometrici altamente simmetrici: il più semplice che è il triangolo equilatero e il perfetto che è la circonferenza. Il triangolo ben si addice alla Trinità, mentre la circonferenza e il cerchio alla perfezione. Il dipinto vuole quindi rappresentare il divino che splende al centro della cupola. La scena rappresenta un tema caro ai monaci agostiniani, capace di esprimere in forma simbolica il desiderio dell'Ordine agostiniano di glorificare sant'Agostino nei cieli.

Questo genere di raffigurazione compare con una certa frequenza nel periodo dopo la Controriforma e declina poi, almeno in parte, nell'Ottocento per l'appropriazione massonica del simbolo triangolare. Esso diventa il segno di un divino razionale, geometrico, illuminato e illuminista, a cui l'Ottocento clericale opporrà una religiosità più romantica e a tratti sentimentale. Qui la figurazione è supportata dal platonismo teologico di sant'Agostino e dal tema del sole che predomina nella Chiesa. Una datazione precisa degli affreschi sarebbe interessante per inquadrare meglio tutti gli interrogativi sulla conoscenza, l'arte e l'artista. che li ha realizzati. La fattura e lo stile propendono per una datazione tardo settecentesca o del primo Ottocento più che allo stile barocco. Il triangolo divino, come simbolo, ritorna nuovamente nella cappella laterale dedicata a Maria, mentre il sole raggiato che sovrasta Cristo, come si vede nella immagine, introduce la M mariana, in un intreccio di simboli ricco di pregnanza, anche in una chiesa la cui struttura si presenta tutto sommato essenziale.

Agostino, vestito con la tunica nera dei suoi frati, ha un aspetto da vegliardo, un poco stempiato e con una folta barba bianca. Allarga entrambe le braccia in segno di accoglienza al raggio luminoso che inonda tutta la scena. Il triangolo, contiene un occhio su sfondo bianco, ed è contenuto in tre cerchi concentrici di diverso colore: azzurro, bianco e giallo. Due angioletti a sinistra reggono il suo bastone pastorale.

Una descrizione di questo tradizionale modo di esaltare Agostino ci viene proposta da Grandi Vittore Silvio, nel suo volume VITA DELL' DOTTOR DELLA CHIESA S. AURELIO AGOSTINO, VESCOVO DI BONA IN AFRICA. VNITEVI LE CONFESSIONI E REGOLA DEL MEDESIMO S. PADRE, COLLA STORIA E CONFUTAZIONE DOGMATICA DELLE ERESIE MANICHEA, DONATISTA E PELAGIANA; E COLL'INDICE DELLE CONGREGAZIONI MILITANTI SOTTO IL SUO INSTITUTO E DI TUTTI GLI LIBRI DA LUI DATI ALLA LUCE, pag. 293-294, stampato a Venezia nel 1712, dove dice: "Fu sepolto nella Cattedrale di S. Stefano, ed è fama commune, che il Santo Padre nel punto della sua morte apparisse a un suo Religioso, vestito alla Pontificale, assiso in cielo sopra le Nubi, circondato di splendori; con occhi luminosi come i raggi del Sole, e che tramandava una gran fragranza di odori."

 

A Mondovì è nota la presenza degli Agostiniani in varie forme: la Congregazione di Genova, gli Agostiniani Scalzi e il monastero di S. Nicola e chiesa delle Agostiniane. L'attuale chiesa di sant'Agostino, documentata dall'inizio del secolo XV, sorge sul luogo,  lungo le rive dell'Ellero, dove esisteva l'antichissima chiesa di S. Arnolfo, risalente al X secolo e dipendente dal monastero di S. Frontiniano di Alba come suo priorato. La chiesa era utilizzata come luogo di sepoltura delle più importanti famiglie nobili. Nel 1548 venne venduta dall'arciprete della cattedrale ai padri agostiniani della provincia di Genova, che la trasformarono nella loro chiesa. L'edificio fu acquistato da privati dopo le soppressioni napoleoniche del 1802.

La chiesa possiede quattro cappelle: una è dedicata a san Bernolfo o Arnolfo, la cui primitiva costruzione risale al sec. XI, di poco posteriore al martirio del Santo Vescovo, di cui probabilmente fu tomba. La cappella di san Rocco e Teodoro fu ricostruita nel 1743 e conserva una pregevole tela del pittore romano Maratta. Le altre due cappelle sono dedicate a san Bernardo e san Francesco.