Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Quattrocento: Maestro di Castignano

PITTORI: Maestro di Castignano

Giudizio universale con Dottori della Chiesa

Giudizio universale con Dottori della Chiesa

 

 

MAESTRO DI CASTIGNANO

1420-1430

Castignano, chiesa dei SS. Pietro e Paolo

 

Giudizio universale con Dottori della Chiesa

 

 

 

L'affresco raffigurante il Giudizio Universale è stato riscoperto nella chiesa dei SS. Pietro e Paolo di Castignano nel corso di un restauro fra gli anni 1990 e 1993. L'affresco fino ad allora era rimasto nascosto da un altare ligneo del tardo Seicento.

L'affresco recuperato ha un grande interesse e presenta indubbie affinità stilistiche con il ciclo raffigurato nel catino absidale di S. Maria della Rocca a Offida, datato all'anno 1423 nel suo registro inferiore.

L'intero ciclo fu realizzato da almeno due pittori, probabilmente gli stessi che dipinsero i più vasti affreschi della chiesa di S. Maria in Piano di Loreto Aprutino.

Il Giudizio di Castignano è fortemente intriso di compunzione. Oltre alla funzione di memento, esso divenne il luogo dove i cittadini ritenevano di dover registrare le eclissi, di sole e di luna, sentendole come segnali di una imminente fine del mondo. Le parole graffite nel luogo della Resurrezione, in basso verso destra, "1485 die 16 martii oscuratus/fuit sol (...) maiori parte.../ 1505 ... die augusti scurata luna (...) et ubique (...) / 1539 die 18 aprilis/ fuit eclipsis solis" si collegano in maniera diretta al testo della Sacra Scrittura.

Il portento inspiegabile della eclisse, totale o parziale che fosse, era correlato alla fine del mondo: "Il quarto angelo suonò la sua tromba: fu colpita la terza parte del sole, la terza parte della luna e la terza parte delle stelle, in modo che s'offuscò la terza parte di loro" (Apocalisse, 8, 12) o anche "All'apertura del sesto sigillo apparve ai miei occhi questa visione: si udì un gran terremoto; il sole si offuscò da apparire nero come un sacco di crine, la luna tutta prese il colore del sangue; le stelle del cielo precipitarono sulla terra ..."  Apocalisse, 6, 12).

La lettura iconografica dell'affresco è complessa poiché la rappresentazione si articola nei tanti episodi che trattano bontà come premio e il peccato come contrappasso. Inoltre l'affresco si presenta come una summa di tutta una lunga tradizione immaginifica precedente, sia letteraria che figurativa, la quale ultima è frequente soprattutto nel vicino territorio abruzzese.

In alto troviamo la Parusia, ovvero il ritorno del Cristo. La sua rappresentazione si radica nelle origini della cristianità. Nel vangelo troviamo: "Egli manderà i suoi angeli, i quali con lo squillo della grande tromba raduneranno i suoi eletti da quattro venti, da un estremo all'altro dei cieli." (Matteo 24,31)

Come accade in tutti i Giudizi dipinti, si osserva la netta spartizione della scena in due spazi: l'Inferno alla sinistra del Cristo e il Paradiso alla sua destra. Viene presentato il suggestivo annuncio degli angeli con la tromba che riprende san Paolo "Canet enim tuba et mortui resurgent" nella sua lettera ai Corinzi. Le parole che si leggono sul vessillo dell'angelo che vola a piombo sulla sinistra recitano "Surgite mortui/ venite ad iudicem" e denotano una derivazione diretta dai testi sacri. La scritta sull'altro vessillo non è leggibile.

Nell'affresco Cristo è coperto del sudario, siede sul sarcofago e tende le mani per mostrare le piaghe insanguinate. Questa immagine segue la narrazione di Onorio d'Autun che nel suo Elucidarium (inizio secolo XII) scrive che il Cristo comparirà nel giorno del Giudizio con lo stesso aspetto che aveva nel giorno della morte.

La Croce presenta i simboli della Passione, formati da oggetti (il secchio, la colonna, la frusta, la scala, il piccone, la veste, i chiodi, i dadi, le tenaglie, la spugna) come anche dalle rivisitazione delle scene che accompagnano la morte di Gesù e cioè i soldati che lo sputare o compiono gesti osceni.

Sono le cosiddette Arma Christi, gli strumenti della redenzione e della vittoria, che sono citate nella Legenda Aurea di Jacopo da Varazze quando si legge che "al terzo segno compariranno le insegne della Passione: la croce, i chiodi e le ferite, prova della sua gloriosa vittoria. Per questo i segni della sofferenza appariranno nello splendore della vittoria."

L'affresco da questo punto in poi è completamente compromesso ma l'analogia con quello di S. Maria in Piano ci permette di supporre che la scena proseguisse con la mensa dell'altare intorno al quale si genuflettono i santi Agostino, Francesco e Domenico in rappresentanza dei tre maggiori ordini dei Predicatori.

Il gruppo dei tre santi inginocchiati, quali si vedono nell'affresco di S. Maria in Piano va probabilmente interpretato come un forte richiamo alla speranza del perdono dopo la morte. La loro molto probabile presenza anche nell'affresco di Castignano testimonia un diffuso canone figurativo dal contenuto riconoscibile e ormai codificato. I tre Santi potevano essere invocati come intercessori e soprattutto sant'Agostino che era stato il vero inventore del terzo luogo dell'oltretomba, ponendo le basi di  luogo di espiazione che è nella visione moderna. Fra i Domenicani fu soprattutto S. Tommaso ad approfondire l'argomento, nel suo Scriptum e fra i Francescani il tema coinvolse S. Francesco e S. Bonaventura.  L'ordine francescano inoltre cominciò a praticare il nuovo sacramento della confessione, con connessa una penitenza espiatoria. La Chiesa riconobbe la realtà del Purgatorio con il concilio di Lione del 1274 per giungere poi alla sua istituzione ufficiale con il concilio di Firenze del 1438 e questa data, così vicina al realizzarsi di questi Giudizi, è un segno della sentita e dibattuta attualità del tema del perdono e del Giudizio fra il XIII e il XIV secolo.