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PITTORI: Erri Agnolo

San Giovanni Battista, Madonna addolorata, San Giovanni Evangelista, Sant'Agostino

San Giovanni Battista, Madonna addolorata, San Giovanni Evangelista, Sant'Agostino

 

 

ERRI AGNOLO

1470-1480

Modena, Galleria Estense

 

San Giovanni Battista, Madonna addolorata, San Giovanni Evangelista e Sant'Agostino

 

 

 

Il dipinto costituisce un elemento d'insieme di una pala d'altare conservata alla Galleria Estense a Modena. Raffigura i santi Giovanni Battista, la Madonna addolorata, San Giovanni Evangelista e, a destra, sant'Agostino.

Dipinta con la tecnica a tavola, l'opera esprime bene gli stilemi dell'autore.

La pittura di Agnolo è morbidamente intessuta, intenerita e luminosa come nei modelli di Domenico Veneziano, prima ancora che di Piero della Francesca. L'intenso tenore emotivo, il carattere umorale e sanguigno dei volti, il tormento dei panni, presuppongono una diretta suggestione di Donatello. Agostino è raffigurato come vescovo con la mitra in testa, e nelle mani il bastone pastorale e un libro chiuso che appoggia al petto. E' interessante notare la presenza sotto il piviale dell'abito nero dei monaci agostiniani che indica l'intenzione dell'Ordine di affermare con decisione la figliolanza dell'Ordine stesso da Agostino, quale suo fondatore.

 

 

Agnolo degli Erri

Nasce a Modena nel Quattrocento in una famiglia di artisti. I suoi fratelli sono gli autori del fastoso trittico con l'Incoronazione della Vergine (1462-1466) conservato a Modena alla Galleria Estense: l'opera, più che assonanze con la scuola ferrarese, evidenzia una felice assimilazione del vigoroso gotico fiorito emiliano.

Nella famiglia degli Erri, nota a Modena già dal Trecento, il primo pittore conosciuto è un certo Bartolomeo, figlio del maestro di legname Geminiano, che viene documentato dal 1372, quando lo troviamo tra i fondatori della Compagnia della Buona Morte. Muore nel 1425 dopo aver fatto testamento. L'attività della bottega passò soprattutto al figlio Giorgio, che aveva sposato Agnese Serafini, figlia del pittore modenese Serafino de' Serafini. Giorgi nel 1418 dipinse lo studio del podestà, ma morì precocemente nel 1430, lasciando quattro figli: Angelina, Agnolo, Serafino e Bartolomeo. E' noto anche un Benedetto, figlio di Pellegrino, che lavorò a fianco dello zio Giorgio per la pittura degli stemmi del podestà sulle berrette dei nunzi. Nel 1420 fu incaricato di eseguire le miniature di tre codici con gli Statuta Mutinae reformata. Morti il nonno Bartolomeo e lo zio Giorgio, Benedetto subentrò nella pittura di pali, stemmi e barde per conto del Comune. Nel 1430, nel 1432 e nel 1452 lo ritroviamo fra i sapienti del Comune di Modena. Benedetto era plasticatore oltre che pittore: per l'ospedale della Buona Morte nel 1436 restaurò un tabernacolo; nel 1437 dipinse un cataletto e una "tavoletta indorata"; tra il 1439 e il 1440 fu pagato per la pittura di una tavola di indulgenza col simbolo della morte. Dopo numerosi altri lavori, l'ultima sua notizia è il pagamento per la pittura di un palio nel 1453. Morì prima del 1454 dato che suo figlio Pellegrino, con cui aveva bottega in comune, è citato da solo in un contratto con l'ospedale della Buona Morte. Anche i suoi tre figli maschi Agnolo, Serafino (1417-1448) e Bartolomeo, esercitarono l'arte della pittura. Il primogenito Agnolo è documentato per la prima volta a Modena nel 1430, alla morte del padre, quindi nel 1441, quando sposò Lucia di Tommaso Pignatta. Nel 1442 Agnolo e Serafino costituirono una società "de arte pictorie et bardarum" col pittore Antonio Azzi, collaboratore del loro cugino Benedetto. Nel 1449 Agnolo viene pagato dall'ospedale della Buona Morte per le miniature di un messale: è la prima testimonianza di una commissione più qualificata.

Lo stesso istituto nel 1461 affidò ad Agnolo la prestigiosa commissione della pala d'altare per l'oratorio superiore della compagnia.

Dal 1448 Agnolo, e poi anche Bartolomeo, lavorarono assiduamente alla decorazione interna della dimora estense di Sassuolo.

In quel periodo Agnolo dipinse nel nuovo castello estense di Modena la cornice della stalla e varie tavolette di soffitto e nappe da camino. Fin da giovane Agnolo rimpiazzò gradualmente il cugino Benedetto nel Comune di Modena per piccoli lavori di decorazione, (1443), per la mappatura dei confini col Bolognese lungo il Panaro (1444), per la pittura del palio (1447, 1454, 1458, 1459, 1461, 1465, 1466), per gli stemmi per le berrette dei messi e per gli stemmi per i ceri ("per depinzere le arme suso le berete di messi et per le arme de li duperi": 1447, 1449, 1452, 1456, 1463, 1464, 1465, 1466).

La società fra Agnolo e Bartolomeo fu sciolta nel 1465 e i due continuarono il commercio "in arte pictorie et bardarum".

Agnolo sopravvisse a Bartolomeo, morto quasi sicuramente tra il 1479 e il 1480: perciò fu probabilmente lui ad eseguire la Pala di san Vincenzo Ferrer. Tra il 1482 e il 1483 fu in contatto con lo stampatore Enrico da Colonia e nel 1487 teneva ancora bottega, a pigione dalla fabbrica di S. Giminiano. Il 23 luglio 1497 dettò testamento. Furono pittori anche due figli di Agnolo: Giorgio, già documentato nel 1464 come in età matura, perciò nato prima del 1439, che nel 1478 si stabilì con moglie e figli a Bologna, dove affittò una bottega dalla fabbrica di S. Petronio; Baldassare, documentato nel 1478 a Bologna, col fratello, ma nel 1486 attivo di nuovo a Modena, forse a fianco del padre ormai vecchio.