Contenuto
Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Quattrocento: Foppa VincenzoPITTORI: Foppa Vincenzo
Il grande polittico dell'altare maggiore
VINCENZO FOPPA e LODOVICO BREA
1490
Savona, Oratorio di Santa Maria di Castello
Agostino vescovo con Ambrogio
Il ritratto di Agostino, riprodotto a fianco di Ambrogio (riconoscibile per il flagello in mano), costituisce uno scomparto di un imponente polittico in legno intagliato e dorato risalente al 1490 e conservato nell'Oratorio di Santa Maria di Castello a Savona. Di grande impatto per la solennità dell'impianto compositivo, il polittico si articola su tre ordini ed è completato da una predella. Commissionato dal cardinale Giuliano della Rovere, futuro papa Giulio II, per l'altare maggiore della cattedrale di Savona, è opera di una collaborazione artistica tra Vincenzo Foppa e il pittore nizzardo Lodovico Brea. Agostino è stato raffigurato nelle sue abituali vesti di Dottore della Chiesa: con la mano destra impugna il pastorale mentre con la sinistra tiene in mano un libro chiuso. Interessante notare la presenza della cocolla nera dei monaci agostiniani sotto il ricco manto vescovile.
Nato a Brescia, è il primo pittore lombardo che, dopo aver conosciuto Gentile da Fabriano e la scuola padovana, partendo dalla tradizione gotica intende appieno il nuovo spirito rinascimentale. Il suo primo quadro è del 1456 segue la lezione del Mantegna, con una visione commossa della natura e una forte ricerca di luminosità e spazi. Dal 1474 il Foppa lavora col Bembo e il Bugatto alla cappella del Castello di Pavia, nel 1475 è a Brescia, nel 1476 a Bergamo. Sente in questo periodo l'influenza della pittura franco provenzale e fiamminga. Compagno di studi del Mantegna, Foppa è il più significativo pittore lombardo del primo Rinascimento.
Il santo viene frequentemente raffigurato nelle sue vesti di vescovo e di Dottore della Chiesa. Spesso Agostino è associato ad altri santi e soprattutto agli altri tre Dottori Gerolamo, Ambrogio e San Gregorio Magno. Con questi ultimi fu praticamente raffigurato in tutte le chiese cristiane d'Occidente sui piloni o sulle volte del presbiterio e della navata centrale. Appare vestito sia da vescovo che da monaco che da canonico; talvolta ha una chiesa in mano, altre volte un libro, una penna o un cuore. Il significato di questo tema iconografico è chiarissimo: Agostino è stato uno dei vescovi che ha maggiormente difeso la Chiesa in tutti i suoi scritti e soprattutto con tutta la sua anima e il suo cuore.
8. 1. Ma il beato Valerio, ormai vecchio, che più degli altri esultava e rendeva grazie a Dio per avergli concesso quello speciale beneficio, considerando quale sia l'animo umano, cominciò a temere che Agostino fosse richiesto come vescovo da qualche altra chiesa rimasta priva di pastore, e così gli fosse tolto. E ciò sarebbe già accaduto, se il vescovo, che era venuto a sapere la cosa, non lo avesse fatto trasferire in un luogo nascosto, sì che quelli che lo cercavano non riuscirono a trovarlo.
8. 2. Il santo vecchio, vieppiù timoroso e ben consapevole di essere ormai molto indebolito per le condizioni del corpo e per l'età, scrisse in modo riservato al primate di Africa, il vescovo di Cartagine: faceva presente la debolezza del corpo e il peso degli anni e chiedeva che Agostino fosse ordinato vescovo della chiesa d'Ippona, sì da essere non tanto suo successore sulla cattedra bensì vescovo insieme con lui. Di risposta ottenne ciò che desiderava e chiedeva insistentemente.
8. 3. Qualche tempo dopo, essendo venuto Megalio, vescovo di Calama e allora primate della Numidia, per visitare dietro sua richiesta la chiesa d'Ippona, Valerio, senza che alcuno se l'aspettasse, presenta la sua intenzione ai vescovi che allora si trovavano lì per caso, a tutto il clero d'Ippona ed a tutto il popolo. Tutti si rallegrarono per quanto avevano udito e a gran voce e col massimo entusiasmo chiesero che la cosa fosse messa subito in atto: invece il prete Agostino rifiutava di ricevere l'episcopato contro il costume della chiesa, mentre era ancora vivo il suo vescovo.
8. 4. Allora tutti si dettero a persuaderlo, dicendo che quel modo di procedere era d'uso comune e richiamando esempi di chiese africane e d'oltremare a lui che di tutto ciò era all'oscuro: infine, pressato e costretto, Agostino acconsentì e ricevette l'ordinazione alla dignità maggiore.
8. 5. Successivamente egli affermò a voce e scrisse che non avrebbe dovuto essere ordinato mentre era vivo il suo vescovo, perché questo era vietato dalla deliberazione di un concilio ecumenico, che egli aveva appreso soltanto dopo essere stato ordinato: perciò non volle che fosse fatto ad altri ciò che si doleva essere stato fatto a lui.
8. 6. Di conseguenza si adoperò perché da concili episcopali fosse deliberato che coloro che ordinavano dovevano far conoscere a coloro che dovevano essere ordinati o anche erano stati ordinati tutte le deliberazioni episcopali: e così fu fatto.
POSSIDIO, Vita di Agostino, 8, 1-6
Lodovico Brea
Pittore nizzardo (Nizza 1450 ca.-1522 o 1523). Abbiamo sue notizie dal 1475 (la datata Pietà di Cimiez presso Nizza) al 1522 (consegna del polittico per S. Martino a Châteauneuf-de-Grasse). Formatosi con ogni probabilità in patria nell'àmbito delle scuole del Durandi e del Mirailhet (riferimenti puntuali con quest'ultimo non mancano nella rigida e schematica Vergine di Misericordia, 1484, della chiesa dei Domenicani di Taggia), le prime opere attestano rapporti con la corrente provenzale dominante nel territorio nizzardo (si veda la Pietà citata, una fra le più positive realizzazioni dell'artista). Accostamenti a pittori dell'Italia settentrionale intervengono nel Brea abbastanza presto, con vario esito: nella Crocifissione di Palazzo Bianco a Genova (1481) viene accolta, ridotta tuttavia sul piano di devota rappresentazione, la lezione di Donato de' Bardi, mentre nel 1490 la sua collaborazione al polittico del Foppa in S. Maria di Castello a Savona nel quale egli dipinge il S. Giovanni Evangelista (firmato e datato 1490), determina un riflesso di elementi foppeschi nelle opere successive: l'Assunzione (1495) di Savona, la Madonna del Rosario (1513) di Taggia.
L'attività del pittore continua fecondissima nel 1500 (la Madonna e Bambino, 1501, per la chiesa di Arcs; la decorazione, con il Barbagelata e Lorenzo Fasolo, della cappella di Pietro da Persio, al Carmine, Genova, 1503; la Crocifissione, 1512, di Cimiez; la Vocazione dei Giusti, 1512, a S. Maria di Castello, Genova; il S. Giorgio, 1516, di Montaldo Ligure; ecc.), benché in questo secondo periodo la sua pittura vada sempre più perdendo vigore in un adattamento alquanto anonimo di forme cinquecentesche. Con il Brea ebbero rapporti più o meno diretti di dipendenza pittori piemontesi: il Canavesio, Macrino d'Alba e, soprattutto, Gandolfino da Roreto. I fratelli Pietro (notizie dal 1504 al 1518) e Antonio furono suoi collaboratori: il primo lasciò, tra l'altro, l'ancona con S. Antonio Abate (1504, Palazzo Bianco, Genova), in collaborazione con il cugino Antonio, e il polittico di S. Michele (1516) a Diano Borello. Francesco, figlio di Ludovico, attivo a Taggia dal 1538 al 1547 nel convento dei Domenicani, ripeté pedestremente le orme paterne.