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Sant'Agostino scrive ispirato da un angelo
ROBIN FOURNIER
1426-1432
Firenze, Biblioteca Laurenziana, Ms. Med. Pal. 143, c. 101 v.
Sant'Agostino scrive ispirato da un angelo
Robin Fournier ha miniato il ms. Med. Pal. 143, c. 101 v. conservato alla Biblioteca Laurenziana istituita da Lorenzo de' Medici a Firenze. Fournier era un artista di Avignone e produsse questo codice come copia di un altro che aveva decorato nel 1426 per la Abbazia antoniana di saint Antoine en Viennois, oggi conservato alla National Library di Malta. Quest'ultimo era stato commissionato da Jean de Mointchenu cellario dell'abbazia francese del Delfinato per la fondazione di sant'Antonio di Ranverso nel torinese di cui fu precettore. Nel 1432 questo codice fu donato a papa Eugenio IV. Entrambi i due codici contengono una versione illustrata della vita di sant'Antonio abate. Il testo è preceduto dalla immagini dei santi Gerolamo e Atanasio ed concluso con quelle dei santi Agostino e Giovanni Crisostomo. Agostino nelle Confessioni aveva narrato, elogiandola, parte della vita di sant'Antonio. La miniatura ci presenta una bella figura di Agostino vestito da vescovo, mentre è seduto allo scrittoio da solo nel suo studio intento a scrivere su un rotolo. Il suo viso è particolarmente espressivo ed esteriorizza il suo stato d'animo gioioso. Alle sue spalle, da una finestrelle, appare un angelo che ha in mano un libro: l'angelo lo guarda, quasi volesse suggerirgli qualcosa da scrivere.
La scena si svolge in una cameretta semplice, scarna, con due aperture, che comunque riesce a comunicare un grande senso di pace e forza spirituale.
Quando i Goti presero Roma, gli infedeli e gli idolatri insultavano cristiani. ed allora Agostino scrisse il suo libro La città di Dio in cui dimostra che i buoni devono essere talvolta oppressi dal dolore e che i cattivi tal devono godere. In questo libro tratta anche delle due città: Gerusalemme e Babilonia, e dei loro re e cioè Gesù Cristo, re di Gerusalemme e il demonio re di Babilonia. Da queste due città, egli dice, provengono due amori: dalla città del demonio l'amore di se stesso che porta al disprezzo di Dio; e dalla città di Cristo l'amor che porta al disprezzo di se stesso.
JACOPO DA VARAGINE, Legenda Aurea
AGOSTINO, Confessioni, 10, 3, 4
L'Agostino delle Confessioni è anche poeta. Gli studiosi non hanno tralasciato d'illustrare quest'aspetto. " È il suo senso di poesia - scrive uno di essi - che dà alla realtà spirituale un volto ed una voce, alla realtà sensibile un'anima ed un palpito, sicché, mentre la prima viene accostata a noi senza perdere la sua immateriale purezza, la seconda, senza che ne abbiamo la concretezza visibile, ci si fa scala per salire a Dio".
Ed un altro afferma che tutte le qualità di Agostino scrittore, che furono molte, non spiegano la loro efficacia " se non si tien conto della grandezza del genio poetico del figlio di Monica ". La poesia è l'espressione più alta delle vibrazioni dell'anima, spesso della mistica. Così fu per Agostino. La sua fu la poesia dell'amore, dell'amicizia, della bellezza, del bisogno di Dio, della speranza; la poesia, per dirla con un sua immagine, d'un " filo d'erba assetato ": " Non abbandonare i tuoi doni - dice egli a Dio -, non disdegnare questo tuo filo d'erba assetato".
Si sa che le Confessioni sono una lettera a Dio, nella quale Agostino narra, loda, ringrazia, adora, implora, canta; canta le profondità abissali del cuore umano e le misericordie di Dio. L'uomo e Dio: ecco i due temi sui quali tesse i tredici libri delle Confessioni. Essi, scrive rileggendoli, " lodano Dio giusto e buono per i miei mali e per i miei beni, e verso di lui sollevano l'intelligenza e il cuore degli uomini."
La lode si trasforma spesso in preghiera d'implorazione o in ascesa interiore fino alle vette più alte della contemplazione. Nelle Confessioni ci sono le pagine più affascinanti dell'esperienza contemplativa agostiniana, pagine che si collocano per la forza narrativa e mistica tra le più belle della spiritualità cristiana. Aveva ragione uno scrittore, che era insieme filosofo e poeta, di dire, riferendosi alla narrazione dell'estasi di Ostia, che è una pagina di " profonda poesia " e " una delle cose più vertiginose dello spirito ... "; con essa " nasceva per la prima volta la poesia dell'estasi, il poema della comunicazione con Dio, la vertigine sublime dell'altezza, lo stupendo ascendere dell'anima sino all'assoluto Amore ... "