Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Quattrocento: Giusto di Ravensburg

PITTORI: Giusto di Ravensburg

Cristo mostra la ferita fra i santi Ambrogio e Agostino

Cristo mostra la ferita fra i santi Ambrogio e Agostino

 

 

GIUSTO DI RAVENSBURG

1451-1455

Collezione Privata

 

Cristo mostra la ferita fra i santi Ambrogio e Agostino

 

 

 

La tavola, realizzata nel Quattrocento, viene attribuita a Giusto di Allemagna o Justus von Ravensburg. La critica pensa anche ad una esecuzione nell'ambito della sua bottega. L'opera che esprime "Cristo mentre mostra la ferita del costato tra Sant'Ambrogio e Sant'Agostino" è un olio su tavola in legno delle dimensioni di cm 160 x 140.

La tavola si trovava fino alla metà del Settecento nella chiesetta di sant'Ambrogio a Brugherio. Scomparsa nel 1925, la pala è attualmente di proprietà privata ed è stata esposta nel 2015 in una accurata mostra al Museo Diocesano di Milano.

Antonio Dubini, proprietario della cascina e della chiesa, prima di vendere queste sue proprietà nel 1925 alla famiglia Cavajoni Bologna, prelevò la tavola per portarsela a Milano. L'anno successivo Dubini inviò a Brugherio una copia del dipinto.

Non si conosce il committente dell'opera, forse furono le monache che nel Quattrocento erano proprietarie del convento dedicato a sant'Ambrogio. O forse fu acquisito successivamente. Le prime testimonianze sicure della presenza della tavola si trovano nei documenti della visita pastorale del 1763.

La tavola rappresenta Cristo che mostra le ferite della Passione al costato ai due santi Ambrogio e Agostino legati alla devozione milanese. Nella parte centrale, Cristo raffigurato come Giudice ultimo con indosso il mantello rosso sorretto dagli angeli, è un rimando evidente alla Trinità: Dio Padre, nella parte superiore è affiancato dalla colomba dello Spirito Santo. la colomba è inserita, a conferma della provenienza milanese, nella Raza viscontea.

Assai raffinata, nel contesto artistico milanese, è la sua cornice trompe l'oeil in stile gotico fiorito con guglie cuspidate, nicchie, statue e sottilissimi e raffinati trafori. L'opera presenta analogie con il dipinto di Giusto di Ravensburg nel chiostro di Santa Maria di Castello a Genova. Simile è l'impianto architettonico, come anche il gusto decorativo dei dettagli e la resa dei volti, oltre al modo di definire panneggi morbidi, ma nervosi e bagnati dalla luce.

I due santi ritratti in alto a sinistra, che si affacciano alla balconata insieme a Dio Padre e alla colomba dello Spirito Santo, posti al centro, e a san Pietro e a san Paolo sono stati individuati come gli evangelisti Luca e Giovanni. Recenti analisi vi riconoscono invece un san Tommaso, noto soprattutto per il suo atteggiamento incredulo circa la resurrezione di Gesù.

Ai lati di Cristo scopriamo Ambrogio ed Agostino. Entrambi sono vestiti da vescovi con la mitra in testa coronata da un'aureola, e con fra le mani il bastone pastorale. Agostino nella mano destra mostra un piccolo cuore rosso trafitto da frecce, una fra le prime raffigurazioni con questo simbolo che godrà molta fortuna nei secoli successivi.

 

 

 

Jos Amman von Ravensburg

Questo pittore è noto anche come Giusto d'Alemagna. Una sua firma posta sull'affresco della loggia del Convento di Santa Maria di Castello a Genova fornisce alcune utili indicazioni sulla sua vita, La firma porta la data 1451 e l'abbrevazione CRDZ che è stata interpretata come "Civis Ravensburgensis de Zella". La nota ci indica la sua provenienza da Ravensburg, mentre la sua famiglia era originaria di Radolfszell sul Lago di Costanza. Varie testimonianze scritte attestano la sua presenza a Genova nel 1451, dove dipinse un polittico con San Sebastiano per Antonio Caffarotto, oggi disperso.

A Genova era stato chiamato dai fratelli Emanuele e Lionello Oliva Grimaldi, che commerciano lana a Ravensburg. Costoroi gli avevano commissionato una tavola di grandi dimensioni e l'affresco di Santa Maria di Castello. Nel 1452 Jos è già tornato a Ravensburg, avendo saputo della morte del padre.

Giusto di Ravensburg, artista molto apprezzato nelle terre ambrosiane, intorno alla metà del Quattrocento ricopre un ruolo fondamentale nel testimoniare l'aggiornamento dell'arte lombarda sulle novità nordiche.