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Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Quattrocento: Giusto di GandPITTORI: Giusto di Gand
Sant'Agostino vescovo
GIUSTO DI GAND
1474
Parigi, Museo del Louvre
Sant'Agostino vescovo
La tavola proviene da Urbino, dove era stata eseguita nel 1475 circa da Justus di Ghent per lo studiolo di Federico da Montefeltro. Si tratta di un olio su tavola della dimensioni di 119 x 62, attualmente custodita a Parigi nel Museo del Louvre. Questo, come gli altri ritratti eseguiti per il palazzo Ducale, non reggono il paragone con la perfezione in questo genere dei grandi italiani suoi contemporanei. Sembra che Justus sia stato aiutato da pittori toscani e persino spagnoli, che all'epoca risiedevano a Urbino. L'analisi del quadro con tecniche di laboratorio ha permesso di stabilire che è stato eseguito in modo tipicamente fiammingo e che l'opera è interamente attribuibile a Justus. L'Agostino di Urbino risente ancora del realismo giovanile, con i rossi vino, i blu giacinto e il verde acido, tuttavia esprime ormai un equilibrio che incorpora gli influssi dell'arte monumentale italiana e le idee umanistiche che circolavano alla corte del Duca di Urbino.
Giusto di Gand (1435/1440 - 1550 ca.)
Justus di Ghent, il cui vero nome era Joos Van Wassenhove, nacque fra il 1435 e il 1440. Fu nominato Maestro della gilda dei pittori di Anversa nel 1460 e divenne membro della gilda di Gand nel 1464. Nel 1467 fu patrocinatore di Hugo Van der Goes e poco prima del 1473, con l'aiuto di Goes, partì per l'Italia. Troviamo sue notizie a Urbino fra il 1473 e il 1475 quando il suo nome viene annotato nella contabilità della Confraternita del Corpus Domini per l'esecuzione di un dipinto e di un vessillo. Partecipò quindi alla produzione di 28 ritratti per lo studiolo del nuovo palazzo di Federico di Montefeltro, duca di Urbino, eminente condottiero e colto umanista. Questi ritratti rappresentano grandi filosofi, famosi poeti e dottori della Chiesa romana e greca. Di queste opere e di lui parla Vasari. Nel 1604 Baldi lo menziona come primo pittore a introdurre in Italia la tecnica della pittura a olio.
8. 1. Ma il beato Valerio, ormai vecchio, che più degli altri esultava e rendeva grazie a Dio per avergli concesso quello speciale beneficio, considerando quale sia l'animo umano, cominciò a temere che Agostino fosse richiesto come vescovo da qualche altra chiesa rimasta priva di pastore, e così gli fosse tolto. E ciò sarebbe già accaduto, se il vescovo, che era venuto a sapere la cosa, non lo avesse fatto trasferire in un luogo nascosto, sì che quelli che lo cercavano non riuscirono a trovarlo.
8. 2. Il santo vecchio, vieppiù timoroso e ben consapevole di essere ormai molto indebolito per le condizioni del corpo e per l'età, scrisse in modo riservato al primate di Africa, il vescovo di Cartagine: faceva presente la debolezza del corpo e il peso degli anni e chiedeva che Agostino fosse ordinato vescovo della chiesa d'Ippona, sì da essere non tanto suo successore sulla cattedra bensì vescovo insieme con lui. Di risposta ottenne ciò che desiderava e chiedeva insistentemente.
8. 3. Qualche tempo dopo, essendo venuto Megalio, vescovo di Calama e allora primate della Numidia, per visitare dietro sua richiesta la chiesa d'Ippona, Valerio, senza che alcuno se l'aspettasse, presenta la sua intenzione ai vescovi che allora si trovavano lì per caso, a tutto il clero d'Ippona ed a tutto il popolo. Tutti si rallegrarono per quanto avevano udito e a gran voce e col massimo entusiasmo chiesero che la cosa fosse messa subito in atto: invece il prete Agostino rifiutava di ricevere l'episcopato contro il costume della chiesa, mentre era ancora vivo il suo vescovo.
8. 4. Allora tutti si dettero a persuaderlo, dicendo che quel modo di procedere era d'uso comune e richiamando esempi di chiese africane e d'oltremare a lui che di tutto ciò era all'oscuro: infine, pressato e costretto, Agostino acconsentì e ricevette l'ordinazione alla dignità maggiore.
8. 5. Successivamente egli affermò a voce e scrisse che non avrebbe dovuto essere ordinato mentre era vivo il suo vescovo, perché questo era vietato dalla deliberazione di un concilio ecumenico, che egli aveva appreso soltanto dopo essere stato ordinato: perciò non volle che fosse fatto ad altri ciò che si doleva essere stato fatto a lui.
8. 6. Di conseguenza si adoperò perché da concili episcopali fosse deliberato che coloro che ordinavano dovevano far conoscere a coloro che dovevano essere ordinati o anche erano stati ordinati tutte le deliberazioni episcopali: e così fu fatto.
POSSIDIO, Vita di Agostino, 8, 1-6