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PITTORI: Fratelli Limbourg

Ambrogio battezza Agostino

Ambrogio battezza Agostino

 

 

POL, JEAN  e HERMANN LIMBOURG

1413-1415

Chantilly, Museo Condé, MS 65, fol 37v

 

Ambrogio battezza Agostino

 

 

 

 

I fratelli Limbourg nacquero a Nimega sul finire del XIV secolo da Arnold de Limbourg, intagliatore di legno, e Mechteld, sorella del pittore Jean Malouel. Ricevettero la loro prima formazione presso un orafo di Parigi, dal quale appresero fin da subito a lavorare con precisione e accuratezza i piccoli formati, e poi sotto la tutela dello zio. Pol e Jean Hennequin, probabilmente primo e secondogenito, lavorarono per Filippo l'Ardito duca di Borgogna. Da quel momento fino alla loro morte, avvenuta per tutti e tre nell'epidemia di peste nel 1416, i Limbourg rimasero alla corte del duca e fu in questo periodo di tempo che illustrarono per lui codici miniati di straordinaria bellezza.

Tra il 1413 e il 1416 lavorarono al libro d'ore, considerato universalmente come il loro capolavoro, le Très riches heures du duc de Berry (Musée Condé, Chantilly), dove crearono grandi miniature a piena pagina di straordinaria qualità, considerate come uno dei massimi traguardi del gotico internazionale francese.

Ne Les très riches heures lo stile dei Limbourg giunge a un risultato di straordinaria fusione armonica attraverso l'unione di un minuzioso naturalismo a un raffinato formalismo lineare che andava divenendo in quegli anni carattere distintivo del gotico internazionale.

Sebbene divenuti famosi grazie a tale lavoro, i Limbourg in realtà illustrarono solo la prima parte del manoscritto, che restò incompiuto a causa della prematura morte dei tre e del duca di Berry nel 1416: le restanti miniature sarebbero state aggiunte circa settant’anni più tardi da Jean Colombe di Bourges, tra il 1485 e il 1489, su commissione di Carlo I di Savoia.

 

Milano fu la tappa decisiva della conversione di Agostino. Qui ebbe l'opportunità di ascoltare i sermoni di Ambrogio che teneva regolarmente in cattedrale, ma se le sue parole si scolpivano nel cuore di Agostino, fu la frequentazione con un anziano sacerdote, san Simpliciano, che aveva preparato Ambrogio all'episcopato, a dargli l'ispirazione giusta; il quale con fine intuito lo indirizzò a leggere i neoplatonici, perché i loro scritti suggerivano "in tutti i modi l'idea di Dio e del suo Verbo". Un successivo incontro con sant'Ambrogio, procuratogli dalla madre, segnò un altro passo verso il battesimo; fu convinto da Monica a seguire il consiglio dell'apostolo Paolo, sulla castità perfetta, che lo convinse pure a lasciare la moglie, la quale secondo la legge romana, essendo di classe inferiore, era praticamente una concubina, rimandandola in Africa e tenendo presso di sé il figlio Adeodato (ci riesce difficile ai nostri tempi comprendere questi atteggiamenti, così usuali per allora).

A casa di un amico Ponticiano, questi gli aveva parlato della vita casta dei monaci e di s. Antonio abate, dandogli anche il libro delle Lettere di S. Paolo; ritornato a casa sua, Agostino disorientato si appartò nel giardino, dando sfogo ad un pianto angosciato e mentre piangeva, avvertì una voce che gli diceva "Tolle, lege, tolle, lege" (prendi e leggi), per cui aprì a caso il libro delle Lettere di S. Paolo e lesse un brano: "Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. Rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri" (Rom. 13, 13-14).

Dopo qualche settimana ancora d'insegnamento di retorica, Agostino lasciò tutto, ritirandosi insieme alla madre, il figlio ed alcuni amici, ad una trentina di km. da Milano, a Cassiciaco, l'attuale Cassago Brianza, in meditazione e in conversazioni filosofiche e spirituali; volle sempre presente la madre, perché partecipasse con le sue parole sapienti. Nella Quaresima del 386 ritornarono a Milano per una preparazione specifica al Battesimo, che Agostino, il figlio Adeodato e l'amico Alipio. Il giorno di Pasqua Agostino ricevette il battesimo insieme all'amico Alipio che era stato convertito dalle prediche di S. Ambrogio, e ad Adeodato, figlio dello stesso Agostino, natogli mentre era ancora filosofo pagano. Allora S. Ambrogio secondo quello che lui stesso dice, gridò: Te Deum laudamus. S. Agostino seguitò: Te Dominum confitemur.

 

Giunto il momento in cui dovevo dare il mio nome per il battesimo, lasciammo la campagna e facemmo ritorno a Milano. Alipio volle rinascere anch'egli in te con me. Era già rivestito dell'umiltà conveniente ai tuoi sacramenti e dominava così saldamente il proprio corpo, da calpestare il suolo italico ghiacciato a piedi nudi, il che richiede un coraggio non comune. Prendemmo con noi anche il giovane Adeodato, nato dalla mia carne e frutto del mio peccato. Tu l'avevi ben fatto. Era appena quindicenne e superava per intelligenza molti importanti e dotti personaggi.

AGOSTINO, Confessioni 9, 6, 14