Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Quattrocento: Basilio Manfredino

PITTORI: Basilio Manfredino

Sant'Agostino vescovo a Pontecurone, chiesa di S. Maria Assunta

Sant'Agostino vescovo

 

 

BASILIO MANFREDINO

1470 circa

Pontecurone, chiesa di S. Maria Assunta

 

Sant'Agostino vescovo

 

 

 

 

Riferibili ad un ambito locale sono i numerosi affreschi attribuibili a Manfredino Boxilio e agli altri due esponenti della scuola pittorica tortonese il fratello più giovane Franceschino e Quirico da Tortona che operarono certamente a più riprese sulle pareti di S. Maria Assunta nell'ultimo quarto del XV e anche agli inizi del XVI secolo. Il primo intervento di Manfredino Boxilio (1470 circa) va individuato nel trittico Madonna col Bambino e i Santi Biagio e Apollonia nella terza campata di destra; è autore anche di un sant'Agostino nell'abside. L'opera di Manfredino, che pure risente dello stile ieratico della pittura tardo quattrocentesca, tuttavia riesce a offrire una immagine di Agostino viva e acuta. Il santo, ha un duplice vestito: quello episcopale, vellutato e dorato, e quello monacale. Volutamente il pittore ha messo in rilievo la cocolla nera monacale con la cintura ai fianchi. La scelta non casuale, deriva quasi sicuramente dalla committenza agostiniana che così voleva rimarcare al fedele la stretta dipendenza dell'Ordine monacale agostiniano dal grande vescovo di Ippona.

La figura ieratica del santo è notevolmente addolcita dal viso straordinariamente significativo di Agostino, la cui espressione, il taglio degli occhi e delle labbra conferiscono una forte personalità al personaggio raffigurato. Agostino ha le mani inguantate: con la sinistra regge il pastorale mentre con la sinistra tiene un libro chiuso. Attorno alla testa del santo, il pittore ha dipinto un'aureola che contorna la mitra.

La barba bianca, sottile e ben proporzionata rispetto al viso conferisce assieme alla profondità degli occhi un'espressione ad Agostino intensa e accattivante, quasi volesse invitare il fedele a osservarlo e colloquiare con lui. Lo sfondo, particolarmente curato quasi fosse una miniatura, dà risalto alla figura con un indovinato contrasto di colore.

 

 

Manfredino Boxilio

Nasce a Castelnuovo Scrivia in un anno imprecisato. E' il fratello maggiore del maestro Franceschino Boxilio che morì nell'anno 1522. La bottega tortonese dei Boxilio fu attiva tra Piemonte e Lombardia dalla seconda metà del Quattrocento agli inizi del successivo: in questa fiorente bottega operarono due fratelli, Manfredino e Beltramo, e nella stessa si formarono i loro rispettivi figli, Franceschino e Giovanni Quirico. Manfredino assieme al fratello fu attivo nella diocesi di Tortona fino alla fine del Quattrocento. Ai due artisti sono attribuiti una buona parte degli affreschi nell'antica Pieve di San Pietro a Volpedo. I suoi primi lavori conosciuti sono gli affreschi, datati al 1474, nell'abside della cappella di S. Fermo nella pieve di Novi Ligure. In questi affreschi si nota un deciso gusto tardo gotico, più vicino all'ambiente della pittura lombarda del primo Quattrocento che a quella piemontese. Un suo polittico, firmato "Manfredinus de Castronovo i Terdona", è conservato presso l'Accademia Ligustica di Belle Arti a Genova. In quest'ultima opera il suo stile si fa assai più robusto e plastico, probabilmente sotto l'influsso dell'arte di Foppa, di Braccesco, di Brea e di Corso, attivi in quel tempo a Genova e nella Riviera ligure. Proveniente dalla parrocchiale di Gavi, l'opera fu eseguita nel 1478, come attesta l'iscrizione posta in margine. Gli affreschi nella parrocchiale di Pontecurone forniscono uno scarso contributo alla conoscenza della sua arte, che tuttavia dovette riscuotere larga fama in Piemonte e soprattutto in Lombardia, tanto da essere chiamato nel 1490 a decorare, col fratello minore Franceschino, con Butinone e Zenale, la sala della Balla nel Castello Sforzesco di Milano. Manfredino morì nel 1496.

 

 

8. 1. Ma il beato Valerio, ormai vecchio, che più degli altri esultava e rendeva grazie a Dio per avergli concesso quello speciale beneficio, considerando quale sia l'animo umano, cominciò a temere che Agostino fosse richiesto come vescovo da qualche altra chiesa rimasta priva di pastore, e così gli fosse tolto. E ciò sarebbe già accaduto, se il vescovo, che era venuto a sapere la cosa, non lo avesse fatto trasferire in un luogo nascosto, sì che quelli che lo cercavano non riuscirono a trovarlo.

8. 2. Il santo vecchio, vieppiù timoroso e ben consapevole di essere ormai molto indebolito per le condizioni del corpo e per l'età, scrisse in modo riservato al primate di Africa, il vescovo di Cartagine: faceva presente la debolezza del corpo e il peso degli anni e chiedeva che Agostino fosse ordinato vescovo della chiesa d'Ippona, sì da essere non tanto suo successore sulla cattedra bensì vescovo insieme con lui. Di risposta ottenne ciò che desiderava e chiedeva insistentemente.

8. 3. Qualche tempo dopo, essendo venuto Megalio, vescovo di Calama e allora primate della Numidia, per visitare dietro sua richiesta la chiesa d'Ippona, Valerio, senza che alcuno se l'aspettasse, presenta la sua intenzione ai vescovi che allora si trovavano lì per caso, a tutto il clero d'Ippona ed a tutto il popolo. Tutti si rallegrarono per quanto avevano udito e a gran voce e col massimo entusiasmo chiesero che la cosa fosse messa subito in atto: invece il prete Agostino rifiutava di ricevere l'episcopato contro il costume della chiesa, mentre era ancora vivo il suo vescovo.

8. 4. Allora tutti si dettero a persuaderlo, dicendo che quel modo di procedere era d'uso comune e richiamando esempi di chiese africane e d'oltremare a lui che di tutto ciò era all'oscuro: infine, pressato e costretto, Agostino acconsentì e ricevette l'ordinazione alla dignità maggiore.

8. 5. Successivamente egli affermò a voce e scrisse che non avrebbe dovuto essere ordinato mentre era vivo il suo vescovo, perché questo era vietato dalla deliberazione di un concilio ecumenico, che egli aveva appreso soltanto dopo essere stato ordinato: perciò non volle che fosse fatto ad altri ciò che si doleva essere stato fatto a lui.

8. 6. Di conseguenza si adoperò perché da concili episcopali fosse deliberato che coloro che ordinavano dovevano far conoscere a coloro che dovevano essere ordinati o anche erano stati ordinati tutte le deliberazioni episcopali: e così fu fatto.

POSSIDIO, Vita di Agostino, 8, 1-6