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PITTORI: Maestro tedesco

Agostino e il bambino sulla spiaggia

Agostino e il bambino sulla spiaggia

 

 

MAESTRO TEDESCO

1480

Monaco, Alte Pinakothek

 

Agostino e il bambino sulla spiaggia

 

 

 

Un anonimo pittore bavarese ha raffigurato Agostino in questa tavola in legno di noce dalle dimensioni di 128 x 53 cm circa. L'opera, in stile goticheggiante, risalirebbe al 1480. Fu acquistata nel 1803, dopo la secolarizzazione del monastero agostiniano di Bernried, dove si trovava esposta nella chiesa conventuale. Attualmente è conservata nella Pinacoteca Statale del castello di Burghausen, uno dei più grandi complessi di edifici e fortificazioni della Germania.

Le collezioni di pittura presenti sono costituite principalmente da pale d'altare tardo medievali e dipinti del XV e XVI secolo, che esprimono il periodo di massimo splendore culturale dei monasteri, della Germania meridionale, dell'Alta Baviera e delle regioni limitrofe dell'Austria. In altre sale si trovano opere d'arte dell'inizio del XVII secolo con diversi dipinti di grande formato sulla storia dei duchi di Baviera attribuibili alla cerchia della corte bavarese o provenienti da un ciclo che il pittore Hans Werl realizzò per la Vecchia Sala di Ercole della Residenza di Monaco di Baviera.

L'anonimo pittore ha dipinto a figura intera sant'Agostino nelle sue vesti episcopali. Indossa un piviale rosso monocromo elegante sopra una tunica nera che ricorda l'abito monacale dei frati agostiniani. Con la mano destra inguantata regge vigorosamente un lungo bastone pastorale. Con la mano sinistra, anch'essa inguantata, tiene aperto un libro. Il suo sguardo è tuttavia rivolto verso l'osservatore e sembra quasi che lo voglia scrutare. Il viso è senza barba, dai lineamenti netti, con un naso diritto ed occhi ben aperti.

Il santo ha un aspetto ieratico con un volto tipicamente nordico tratteggiato con cura di particolari e rivela una notevole capacità esecutiva. Il suo sguardo è rivolto direttamente al fedele che lo osserva. In testa porta una elegante mitra bianca con bordature rossastra, che è cinta da un'aureola che porta inciso il titolo S. augustinus. Ai piedi del santo è seduto un bambino ignudo dai capelli ricci con in mano un cucchiaio di legno davanti a una buca scavata nel terreno. La sua presenza ricorda una leggenda medioevale che vede Agostino protagonista nella ricerca della conoscenza del mistero della santa Trinità.

Questo particolare è un evidente riferimento ad una leggenda che vede protagonista Agostino.

Questa leggenda è stata studiata da L. Pillion in La Légende de s. Jérome in Gazette des Beaux-Arts del 1908. L'episodio che godrà di molta fortuna nella iconografia agostiniana riprende un testo della Lettera apocrifa a Cirillo che avrebbe scritto lo stesso Agostino. In un passo Agostino ricorda una rivelazione divina con queste parole: "Augustine, Augustine, quid quaeris ? Putasne brevi immittere vasculo mare totum ?".

La leggenda si troverebbe forse già nel XIII secolo, sotto forma di exemplum, in uno scritto di Cesare d'Heisterbach (cfr. H. I. Marrou, Saint Augustin et l'ange, une légende médioévale, in l'Homme devant Dieu, Mélanges offerts au P. de Lubac, II, 1964, 137-149). Secondo Roland Kany [Il pensiero trinitario di Agostino] l'episodio, prima che fosse associato esclusivamente ad Agostino, venne utilizzato in modo simile anche con altri teologi. Secondo Kany il legame con Agostino fu creato dal canonico agostiniano Tommaso da Cantimpré intorno al 1260. La narrazione leggendaria si trova per la prima volta nel Catalogus Sanctorum del vescovo Petrus de Natalibus intorno al 1370 e successivamente divenne un elemento distintivo delle biografie agostiniane e degli episodi leggendari attribuiti al santo.

Questa leggenda sulla Trinità soppiantò ben presto la leggenda della Vedova che trattava dello stesso argomento della Trinità. L'origine di questa tematica iconografica non proverrebbe dunque dalla agiografia medioevale quanto piuttosto dalla predicazione. P. Antonio Iturbe Saìz ha a sua volta proposto una possibile ricostruzione della sua origine: nel secolo XIII si scrivevano "exempla" per i predicatori e in uno di questi apparve questa leggenda applicata a un professore di scolastica di Parigi con un fine chiaramente morale: criticare la alterigia e la superbia dei teologi.

L'episodio descritto in questa leggenda è abbastanza noto: Agostino, grande indagatore del mistero della Trinità, un giorno passeggiava per una spiaggia quando incontrò un bambino-angelo che con un secchiello prendeva dell'acqua di mare e la versava in una piccola cavità nella sabbia. Alla domanda del Santo su che cosa stesse facendo, il bambino avrebbe risposto che voleva porre tutto il mare dentro quel buco. Quando il Santo gli fece notare che ciò era impossibile, il bambino avrebbe replicato che così come non era possibile versare tutto il mare dentro la buca allo stesso modo era impossibile che i misteri di Dio e della SS. Trinità entrassero nella sua piccola testa di uomo.

Ciò detto sparì, lasciando il grande filosofo nell'angoscia più completa. Secondo il parere di alcuni studiosi di parabole e leggende la narrazione potrebbe essere considerata un sogno effettivamente fantasticato dal Santo. Altri aggiungono che forse il colloquio non si sarebbe svolto esattamente come è stato raccontato, perché, prima di sparire, il Santo aveva potuto a sua volta replicare che la risposta non lo convinceva, in quanto - avrebbe obiettato - il mare e i misteri di Dio sono due realtà assai diverse. Pur impossibile, sarebbe stato teoricamente verosimile immaginare il versamento del mare in una buca e allora allo stesso modo si sarebbe potuto supporre che i misteri divini avrebbero potuto entrare in un cervello umano adatto allo scopo e se l'uomo non aveva ricevuto una mente con tali qualità la colpa sarebbe da imputare a Dio, che non aveva appunto voluto che i suoi misteri fossero concepiti dall'uomo, per lasciarlo nell'ignoranza e nel dubbio più atroci.