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Caino e Abele: la città terrena e quella celeste
ANONIMO AMANUENSE FRANCESE
1450-1500 circa
Biblioteca Nazionale di Parigi ms. 19 f. 55
Caino e Abele: la città terrena e quella celeste
Gran bella rappresentazione simbolica delle Due città, quella umana e quella divina: l'amanuense in pratica cerca di ricostruire la storia della umanità dipingendo la morte di Abele, il diluvio universale con l'Arca di Noè e infine la processione dei Re Magi alla città di Dio dove nascerà il Bambino Gesù.
E' sostanzialmente la storia della grande alleanza che Dio ha voluto stringere con il suo popolo. Agostino compare in piedi vestito da vescovo dietro le mura della città e dinanzi alla banchina del porto dove si è ancorata la zattera di Noè. Iddio osserva il tutto dall'alto: un grande mare fa poi da sfondo all'intera scena generando una notevole suggestione visiva.
L'opera "Città di Dio" fu scritta da Agostino dopo il Sacco di Roma da parte dei visigoti guidati da Alarico I nel 410, un evento che sconvolse il mondo romano ovvero. Agostino apprese la notizia mentre faceva la spola tra Ippona e Cartagine, dove si stava svolgendo un concilio. Presto gli arrivarono alle orecchie le accuse dei pagani contro il Dio cristiano che non aveva saputo difendere l'Urbe, ed assistette all'arrivo dei profughi con i loro racconti drammatici.
L'eccezionalità dell'evento lo sollecita a riflettere sul senso della vita e della storia. E nel 412 intraprende un'opera che lo impegnerà per una dozzina di anni e che diventerà uno dei pilastri della cultura occidentale. L'opera appare come il primo tentativo di costruire una visione organica della storia dal punto di vista cristiano, principalmente per controbattere le accuse della società pagana contro i cristiani.
Nella pagina di Genesi 4 Caino e Abele sono i prototipi dell'umanità considerata nelle sue relazioni fraterne; gli uomini, creati fratelli, si oppongono l'uno all'altro fino a darsi la morte. Caino è il figlio primogenito di Adamo ed Eva. Il significato del nome ebraico Qajin è assai discusso ("fabbro", oppure "lancia"). La sua nascita è salutata da un grido di giubilo. Non si registra invece alcuna speciale accoglienza per Abele, il secondogenito il cui nome (in ebraico: hevel) significa "soffio", "vapore". Caino è contadino e offre a JHWH i prodotti del lavoro della terra; Abele è pastore e offre i primogeniti del suo gregge.
Ma "il Signore guardò ad Abele e alla sua offerta e guardò meno a Caino e alla sua offerta" (Gn 4,4b-5a). Tradizione ebraica e tradizione cristiana si sono interrogate sui motivi che orientano la preferenza di JHWH verso il sacrificio di Abele.
Paolo scrive: "Per fede Abele offrì a Dio un sacrificio migliore di quello di Caino e in base ad esso fu dichiarato giusto, attestando, Dio stesso, di gradire i suoi doni" (Eb 11,4). Così Giovanni esorta i cristiani all’amore vicendevole. "non (fate) come Caino che era dal maligno e uccise il suo fratello... perché le opere sue erano malvagie, mentre quelle di suo fratello erano giuste" (1 Gv3, 11-12). La colpa di Caino si è ripetuta a dismisura sopra la terra, ma sull’umanità, redenta dal Sangue di Cristo, risplende ormai la luce della vita eterna con Dio.