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Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Quattrocento: Stefano d'Antonio di VanniPITTORI: Stefano d'Antonio di Vanni
Agostino incontra il vescovo Ambrogio con il figlio Adeodato e Alipio per chiedere il battesimo
STEFANO D'ANTONIO DI VANNI
1480-1483
Firenze, Convento della Santissima Annunziata
Agostino incontra il vescovo Ambrogio con il figlio Adeodato e Alipio per chiedere il battesimo
L'affresco risale al periodo fra il 1480 e il 1483 quando il secondo chiostro del convento servita fiorentino della santissima Annunziata fu interessato da lavori per la sua decorazione. Il dipinto, che viene attribuito a Stefano Di Vanni D'antonio (1405-1483) raffigura Sant'Agostino che si presenta al vescovo di Milano Ambrogio. Il santo, contraddistinto da un'aureola raggiata sopra il cappello che porta in capo, è accompagnato dal il figlio Adeodato e dall'amico Alipio. Il motivo della visita è la richiesta di essere battezzato. I personaggi indossano abiti di fattura contemporanea con tuniche e copricapi.
Ambrogio, sulla sinistra, accompagnato da altri due personaggi alle sue spalle, accoglie il santo sulla porta di un edificio allargando le braccia con un segno di benvenuto. Il dipinto è posizionato nel primo riquadro in alto a destra e misura in altezza 147 cm e in larghezza 128. La scena appartiene ad un ciclo che raffigurava episodi della vita di sant'Agostino di cui restano lacerti sulle pareti del lato nord del secondo chiostro, a cui si accede dal chiostro grande attraverso un corridoio e una porta. Di questo secondo chiostro si hanno notizie fin dal 1322: nel 1371 fu ricostruito a due piani in colonne di pietra serena. Attualmente tuttavia si presenta murato e sono visibili solo le colonne d'angolo.
Dopo la soppressione del convento, verso il 1866 l'intero stabile fu acquisito dallo Stato. Il convento che fu dei frati serviti si trova a sinistra della chiesa o basilica della Santissima Annunziata, casa madre dell'ordine servita, che è ancora oggi il principale santuario mariano di Firenze.
La chiesa sorge su un'area dove esisteva un oratorio fondato ai tempi di Matilde di Canossa come ex-voto per la fine dell'assedio di Enrico IV. L'oratorio era dedicato alla Vergine. Nel 1233 sette giovani fiorentini che avevano avuto una doppia visione della Vergine piangente per le continue discordie cittadine chiesero al vescovo Ardengo Trotti di concedere loro l'uso dell'oratorio che era praticamente abbandonato a se stesso. I sette diedero vita a una compagnia dedicata a Maria Addolorata e si ritirarono in penitenza e in preghiera su un monte ai limiti del Mugello detto "Asinario", l'odierno Montesenario. La strada che conduceva al loro romitorio passava dalla Porta di Balla che affacciava sull'attuale via de' Servi, per cui l'oratorio era particolarmente utile nel corso dei loro spostamenti. Nel 1250 questa comunità di religiosi, che nel frattempo popolarmente veniva riconosciuta come dei Servi di Maria, pose la prima pietra per la costruzione di una più grande basilica, che diventerà nel corso dei secoli l'attuale.
Questa prima chiesa, e il convento annesso, furono detti di Santa Maria dei Servi di Cafaggio
Stefano d'Antonio di Vanni
Stefano frequentò la bottega di Bicci di Lorenzo. Si formò seguendo la lezione del maestro e si propose come uno degli ultimi continuatori dello stile tardo gotico. In particolare divenne uno specialista nella realizzazione di affreschi in terra verde. Per quanto il suo stile fosse lontano dal gusto rinascimentale, che si stava diffondendo in Toscana, Stefano riuscì a ottenere diverse committenze in ambito monastico, sia nella città di Firenze che in provincia. Fra le sue opere che ci sono rimaste vanno senz'altro ricordati gli affreschi che raffigurano l'Ultima cena nella pieve di Cercina (a Sesto Fiorentino), considerata la sua opera più importante, quella dell'ospedale di San Matteo, quella a San Cristoforo a Novoli e, forse, anche quella nella chiesa di Santa Maria a Campi Bisenzio.
A Cercina gli vengono attribuiti anche altri diversi affreschi, tra cui un Giudizio di Salomone e un'articolata Tebaide, nelle cui ardite scelte cromatiche ricorda il ciclo di Paolo Uccello a San Miniato al Monte. In ogni caso non sono presenti le soluzioni prospettiche tipiche del Rinascimento. Verso il 1470 gli fu commissionata la decorazione di un lato del secondo chiostro del convento della Santissima Annunziata. Altri suoi affreschi sono noti anche a Volterra e a San Miniato, mentre le altre sue non numerose opere su tavola sono conservate in chiese e musei.