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PITTORI: Magistro Petro

Sant'Agostino vescovo

Sant'Agostino vescovo

 

 

MAGISTRO PETRO

1458-1462

Città del Vaticano, Basilica di san Pietro, Grotte Vaticane

 

Sant'Agostino vescovo e san Gerolamo

 

 

 

 

L'opera a rilievo fa parte di un gruppo marmoreo conservato a Città del Vaticano. La lastra probabilmente apparteneva al monumento funebre di papa Callisto III Borgia, pontefice dal 1455 al 1458. Il monumento fu realizzato sul finire del pontificato e posto nella cappella dei santi Andrea e Giacomo il maggiore nella Rotonda di sant'Andrea vicino alla Basilica di san Pietro. La tomba è rimasta in loco fino al 1586 quando papa Sisto V nel 1586 fece demolire parte della cappella per trasportarvi l'obelisco di Caligola. La tomba fu quindi trasportata in Basilica ma già nel 1618 fu riposta a frammenti nelle Grotte Vaticane. Nel riquadro si può osservare, sulla destra, la figura del vescovo Agostino che indossa i paramenti della sua dignità episcopale. In testa porta la mitra, nella mano destra regge il bastone pastorale, mentre con la mano sinistra sostiene un libro chiuso contro il petto. Due colonne ricche di addobbi e decorazioni di stile rinascimentale inquadrano la figura del santo, che rivela ancora molti aspetti stereotipi che lo scultore non ha ancora saputo superare.

Una folta barba gli avvolge il viso ancora giovanile: lo sguardo è profondo e volge il suo orizzonte verso lontano.

Incerto è l'esecutore: fra le varie ipotesi si fa riferimento ad uno scultore lombardo-veneto, forse un certo Magistro Petro, ma è stato proposto anche Andrea dell'Aquila o un maestro della sua cerchia.

Dottore della Chiesa, Gerolamo è uno dei quattro massimi Padri latini. Nacque a Stridone ai confini fra Dalmazia e Pannonia tra il 340 e il 350. Di ricca famiglia, perfezionò i suoi studi a Roma, dove ricevette il battesimo. Colto, sapiente, tradusse la Bibbia, approfondì le questioni dottrinarie. Polemizzò con molti, fra cui anche Agostino, di cui era contemporaneo. Di lui Agostino dice che aveva una cultura immensa e una potente personalità.

Dopo la morte di Papa Damaso, Girolamo lasciò Roma nel 385 e intraprese un pellegrinaggio, dapprima in Terra Santa, silenziosa testimone della vita terrena di Cristo, poi in Egitto, terra di elezione di molti monaci (cfr Contra Rufinum 3,22; Ep. 108,6-14). Nel 386 si fermò a Betlemme, dove, per la generosità della nobildonna Paola, furono costruiti un monastero maschile, uno femminile e un ospizio per i pellegrini che si recavano in Terra Santa, «pensando che Maria e Giuseppe non avevano trovato dove sostare» (Ep. 108,14).

A Betlemme restò fino alla morte, continuando a svolgere un'intensa attività: commentò la Parola di Dio; difese la fede, opponendosi vigorosamente a varie eresie; esortò i monaci alla perfezione; insegnò la cultura classica e cristiana a giovani allievi; accolse con animo pastorale i pellegrini che visitavano la Terra Santa. Si spense nella sua cella, vicino alla grotta della Natività, il 30 settembre 419-420.

La scultura ha un bell'aspetto rinascimentale, anche se la struttura architettonica del dittico riporta agli schemi compositivi del tardo Trecento. I due santi sono stati raffigurati all'interno di due nicchie separate da simboli che danno origine a una specie di candelabro.

 

 

8. 1. Ma il beato Valerio, ormai vecchio, che più degli altri esultava e rendeva grazie a Dio per avergli concesso quello speciale beneficio, considerando quale sia l'animo umano, cominciò a temere che Agostino fosse richiesto come vescovo da qualche altra chiesa rimasta priva di pastore, e così gli fosse tolto. E ciò sarebbe già accaduto, se il vescovo, che era venuto a sapere la cosa, non lo avesse fatto trasferire in un luogo nascosto, sì che quelli che lo cercavano non riuscirono a trovarlo.

8. 2. Il santo vecchio, vieppiù timoroso e ben consapevole di essere ormai molto indebolito per le condizioni del corpo e per l'età, scrisse in modo riservato al primate di Africa, il vescovo di Cartagine: faceva presente la debolezza del corpo e il peso degli anni e chiedeva che Agostino fosse ordinato vescovo della chiesa d'Ippona, sì da essere non tanto suo successore sulla cattedra bensì vescovo insieme con lui. Di risposta ottenne ciò che desiderava e chiedeva insistentemente.

8. 3. Qualche tempo dopo, essendo venuto Megalio, vescovo di Calama e allora primate della Numidia, per visitare dietro sua richiesta la chiesa d'Ippona, Valerio, senza che alcuno se l'aspettasse, presenta la sua intenzione ai vescovi che allora si trovavano lì per caso, a tutto il clero d'Ippona ed a tutto il popolo. Tutti si rallegrarono per quanto avevano udito e a gran voce e col massimo entusiasmo chiesero che la cosa fosse messa subito in atto: invece il prete Agostino rifiutava di ricevere l'episcopato contro il costume della chiesa, mentre era ancora vivo il suo vescovo.

8. 4. Allora tutti si dettero a persuaderlo, dicendo che quel modo di procedere era d'uso comune e richiamando esempi di chiese africane e d'oltremare a lui che di tutto ciò era all'oscuro: infine, pressato e costretto, Agostino acconsentì e ricevette l'ordinazione alla dignità maggiore.

8. 5. Successivamente egli affermò a voce e scrisse che non avrebbe dovuto essere ordinato mentre era vivo il suo vescovo, perché questo era vietato dalla deliberazione di un concilio ecumenico, che egli aveva appreso soltanto dopo essere stato ordinato: perciò non volle che fosse fatto ad altri ciò che si doleva essere stato fatto a lui.

8. 6. Di conseguenza si adoperò perché da concili episcopali fosse deliberato che coloro che ordinavano dovevano far conoscere a coloro che dovevano essere ordinati o anche erano stati ordinati tutte le deliberazioni episcopali: e così fu fatto.

POSSIDIO, Vita di Agostino, 8, 1-6