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PITTORI: Konrad Witz

Sant'Agostino vescovo

Sant'Agostino vescovo

 

 

KONRAD WITZ

1435

Digione, Museo delle Belle Arti

 

Sant'Agostino vescovo

 

 

 

 

In questa tela Witz raffigura il santo con i tradizionali paramenti vescovili: con la destra regge un libro chiuso, con la sinistra tiene il pastorale e in testa ha la mitra. Il santo, dal viso abbastanza stanco e maturo, è ritto in piedi e guarda fissamente una scena lontana. Lo stile dell'artista risenta ancora delle influenze del gotico, soprattutto nella ricercata cura della precisione quasi miniaturistica dei vestiti e del bastone pastorale. La tela è conservata a Digione nel Museo des Beaux Arts.

 

Questa tavola costituisce una testimonianza importante della produzione artistica germanica del XV secolo, la cui espressione purtroppo ha subito una distruzione massiccia e iconoclasta nel periodo della Riforma. L'opera di Konrad Witz ha una ampiezza scenografica molto ampia che ha come soggetto anche la raffigurazione dell'imperatore Augusto e della Sibilla di Tibur nel rovescio. Il pannello con Agostino è solo una parte della famosa pala d'altare detta lo 'Specchio di salvezza' commissionata all'artista nel 1435 dai canonici della chiesa di San Leonardo a Basilea.

Questo polittico, ora smembrato, è per lo più conservato al Kunstmuseum di Basilea, oltre ai pannelli di Digione e un altro a Berlino. Il programma iconografico di questa pala è raro e complesso: fa eco alle questioni discusse nel corso del concilio che papa Eugenio IV celebrò a Basilea. La scena rappresenta il momento in cui l'imperatore Augusto si reca a consultare la Sibilla di Tibur per sapere se deve accettare di essere deificato. E' il giorno della nascita di Cristo e in ogni risposta, la Sibilla gli mostra nel cielo l'apparizione della Vergine e del Bambino. Questa visione è qui assente dallo sfondo dorato ma la sua evocazione, con i gesti di personaggi abbagliati, è alquanto più eloquente. Ricordando che uomini di ogni denominazione, ebrei o gentili, partecipano alla rivelazione della divinità di Cristo, questa immagine vuole affermare l'universalità della fede cristiana.

 

8. 1. Ma il beato Valerio, ormai vecchio, che più degli altri esultava e rendeva grazie a Dio per avergli concesso quello speciale beneficio, considerando quale sia l'animo umano, cominciò a temere che Agostino fosse richiesto come vescovo da qualche altra chiesa rimasta priva di pastore, e così gli fosse tolto. E ciò sarebbe già accaduto, se il vescovo, che era venuto a sapere la cosa, non lo avesse fatto trasferire in un luogo nascosto, sì che quelli che lo cercavano non riuscirono a trovarlo.

8. 2. Il santo vecchio, vieppiù timoroso e ben consapevole di essere ormai molto indebolito per le condizioni del corpo e per l'età, scrisse in modo riservato al primate di Africa, il vescovo di Cartagine: faceva presente la debolezza del corpo e il peso degli anni e chiedeva che Agostino fosse ordinato vescovo della chiesa d'Ippona, sì da essere non tanto suo successore sulla cattedra bensì vescovo insieme con lui. Di risposta ottenne ciò che desiderava e chiedeva insistentemente.

8. 3. Qualche tempo dopo, essendo venuto Megalio, vescovo di Calama e allora primate della Numidia, per visitare dietro sua richiesta la chiesa d'Ippona, Valerio, senza che alcuno se l'aspettasse, presenta la sua intenzione ai vescovi che allora si trovavano lì per caso, a tutto il clero d'Ippona ed a tutto il popolo. Tutti si rallegrarono per quanto avevano udito e a gran voce e col massimo entusiasmo chiesero che la cosa fosse messa subito in atto: invece il prete Agostino rifiutava di ricevere l'episcopato contro il costume della chiesa, mentre era ancora vivo il suo vescovo.

8. 4. Allora tutti si dettero a persuaderlo, dicendo che quel modo di procedere era d'uso comune e richiamando esempi di chiese africane e d'oltremare a lui che di tutto ciò era all'oscuro: infine, pressato e costretto, Agostino acconsentì e ricevette l'ordinazione alla dignità maggiore.

8. 5. Successivamente egli affermò a voce e scrisse che non avrebbe dovuto essere ordinato mentre era vivo il suo vescovo, perché questo era vietato dalla deliberazione di un concilio ecumenico, che egli aveva appreso soltanto dopo essere stato ordinato: perciò non volle che fosse fatto ad altri ciò che si doleva essere stato fatto a lui.

8. 6. Di conseguenza si adoperò perché da concili episcopali fosse deliberato che coloro che ordinavano dovevano far conoscere a coloro che dovevano essere ordinati o anche erano stati ordinati tutte le deliberazioni episcopali: e così fu fatto.

POSSIDIO, Vita di Agostino, 8, 1-6

 

 

Konrad Witz

Konrad Witz nacque a Rottweil, nella Germania del Sud, tra il 1400 e il 1410. Dopo aver trascorso qualche tempo nei Paesi Bassi, si trasferì in Svizzera, stabilendosi a Basilea, dove, l'anno 1434, entrò a far parte della locale corporazione dei pittori. Witz sposò la nipote d'un pittore tedesco - a quei tempi assai attivo - col quale egli stesso lavorò a dipinti murali (eseguiti verso il 1441) nell'armeria della città; tali opere andarono però perdute. Di lui si sa che morì verso il 1445 o poco prima e fu nei dieci anni che trascorse a Basilea e a Ginevra, che l'artista produsse quelle opere da cui gli è venuta la fama d'uno tra i maggiori pittori tedeschi dell'epoca. La sua formazione artistica lo pone nell'orbita dei van Eyck e del Maestro di Flémalle i quali avevano impresso un nuovo corso alla pittura fiamminga; Witz nutriva analogo amore per la bella materia pittorica, per i panneggi, per i ricchi e pesanti drappi di broccato, per le lucide superfici metalliche, per la ritrattistica. Ad esempio, nel Polittico della Redenzione (1435), i lineamenti di re David ricordano in maniera singolare quelli dell'Imperatore Sigismondo. Altri elementi ancora stanno a testimoniare di codesta affinità di gusto e di mestiere tra l'artista tedesco e l'arte fiamminga del tempo. Sullo sfondo di una tavola con le Sante Caterina e Maria Maddalena, sfondo che è ambientato in una strada, v'è una casa con due figure intagliate nel legno e dipinte, che si pensano eseguite da Witz, il quale, pertanto, oltre che pittore sarebbe anche stato scultore in legno: da ciò gli può derivare quella sua tendenza al grandioso e al monumentale che contraddistingue le sue opere di pittura. La pala d'altare con Cristo che cammina sulle acque, del 1444, commessagli dal Vescovo di Ginevra, immersa in una luce estiva meridiana, ha la particolarità d'essere ambientata sul lago Lemano con la veduta del Monte Bianco da Les Paques, forse una tra le più antiche rappresentazioni pittoriche di un paesaggio geograficamente ambientabile.