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PITTORI: Marcantonio Bassetti

Particolare del volto di Agostino

Particolare del volto di Agostino

 

 

MARCANTONIO BASSETTI

1618-1620

Barcellona, Artur Ramon Art

 

Agostino e il bambino in riva al mare

 

 

 

Marcantonio Bassetti dipinse questo Sant'Agostino con il Bambino verso il 1620. Il santo, in vesti pontificali, indossa i paramenti episcopali con in testa la mitra e nella mano sinistra il bastone pastorale. Agostino è ritto in piedi ed allarga le braccia disponendosi a conversare con un bambino seduto, che alza lo sguardo verso di lui. Il suo volto esprime un uomo maturo, nella pienezza della maturità, con le rughe del tempo e una folta barba che gli copre tutto il mento. Sono i soli personaggi che compaiono nella scena, la cui composizione non presenta altri significativi elementi. L'osservatore è indotto a concentrarsi sui due personaggi che stanno interagendo fra di loro. L'episodio descritto si riferisce molto probabilmente all'incontro di Agostino con un bambino in riva al mare, nell'occasione in cui stava riflettendo sul mistero della Trinità.

L'episodio descritto in questa leggenda è abbastanza noto: Agostino, grande indagatore del mistero della Trinità, un giorno passeggiava per una spiaggia quando incontrò un bambino-angelo che con un secchiello prendeva dell'acqua di mare e la versava in una piccola cavità nella sabbia. Alla domanda del Santo su che cosa stesse facendo, il bambino avrebbe risposto che voleva porre tutto il mare dentro quel buco. Quando il Santo gli fece notare che ciò era impossibile, il bambino avrebbe replicato che così come non era possibile versare tutto il mare dentro la buca allo stesso modo era impossibile che i misteri di Dio e della SS. Trinità entrassero nella sua piccola testa di uomo.

Ciò detto sparì, lasciando il grande filosofo nell'angoscia più completa. Secondo il parere di alcuni studiosi di parabole e leggende la narrazione potrebbe essere considerata un sogno effettivamente fantasticato dal Santo. Altri aggiungono che forse il colloquio non si sarebbe svolto esattamente come è stato raccontato, perché, prima di sparire, il Santo aveva potuto a sua volta replicare che la risposta non lo convinceva, in quanto - avrebbe obiettato - il mare e i misteri di Dio sono due realtà assai diverse. Pur impossibile, sarebbe stato teoricamente verosimile immaginare il versamento del mare in una buca e allora allo stesso modo si sarebbe potuto supporre che i misteri divini avrebbero potuto entrare in un cervello umano adatto allo scopo e se l'uomo non aveva ricevuto una mente con tali qualità la colpa sarebbe da imputare a Dio, che non aveva appunto voluto che i suoi misteri fossero concepiti dall'uomo, per lasciarlo nell'ignoranza e nel dubbio più atroci.

Questa leggenda è stata studiata da L. Pillion in La Légende de s. Jérome in Gazette des Beaux-Arts del 1908. L'episodio che godrà di molta fortuna nella iconografia agostiniana riprende un testo della Lettera apocrifa a Cirillo che avrebbe scritto lo stesso Agostino. In un passo Agostino ricorda una rivelazione divina con queste parole: "Augustine, Augustine, quid quaeris ? Putasne brevi immittere vasculo mare totum ?".

La leggenda si troverebbe forse già nel XIII secolo, sotto forma di exemplum, in uno scritto di Cesare d'Heisterbach (cfr. H. I. Marrou, Saint Augustin et l'ange, une légende médioévale, in l'Homme devant Dieu, Mélanges offerts au P. de Lubac, II, 1964, 137-149). Secondo Roland Kany [Il pensiero trinitario di Agostino] l'episodio, prima che fosse associato esclusivamente ad Agostino, venne utilizzato in modo simile anche con altri teologi. Secondo Kany il legame con Agostino fu creato dal canonico agostiniano Tommaso da Cantimpré intorno al 1260. La narrazione leggendaria si trova per la prima volta nel Catalogus Sanctorum del vescovo Petrus de Natalibus intorno al 1370 e successivamente divenne un elemento distintivo delle biografie agostiniane e degli episodi leggendari attribuiti al santo.

Questa leggenda sulla Trinità soppiantò ben presto la leggenda della Vedova che trattava dello stesso argomento della Trinità. L'origine di questa tematica iconografica non proverrebbe dunque dalla agiografia medioevale quanto piuttosto dalla predicazione. P. Antonio Iturbe Saìz ha a sua volta proposto una possibile ricostruzione della sua origine: nel secolo XIII si scrivevano "exempla" per i predicatori e in uno di questi apparve questa leggenda applicata a un professore di scolastica di Parigi con un fine chiaramente morale: criticare la alterigia e la superbia dei teologi.

 

 

 

Marcantonio Bassetti

Marcantonio Bassetti nacque a Verona nel 1586 in una famiglia di notai. Per un breve periodo frequentò la bottega di Felice Brusasorci. Dopo la morte del maestro nel 1605 si trasferì a Venezia e lì si accostò allo stile di Savoldo, Jacopo e Leandro Bassano e, soprattutto, di Tintoretto. Verso il 1615 si trasferì a Roma, dove lavorò al servizio di Alessandro Turchi per il cardinale Scipione Borghese. In quegli anni affiancò Carlo Saraceni in diversi lavori nella Chiesa di Santa Maria dell'Anima e nella Sala Regia nel Palazzo del Quirinale. Durante il suo soggiorno a Venezia si era interessato al naturalismo, che ora potè approfondire a Roma studiando Caravaggio e Orazio Gentileschi, le cui opere copiò in dipinti e disegni. Rientrato a Verona verso il 1619, Bassetti lavorò parecchio per i monasteri cittadini e suburbani, dove realizzò tele monumentali. Allo stesso tempo ritrasse diversi personaggi, i cui quadri si trovano oggi in diversi musei e collezioni private. Poco dopo il 1620 va datata l'esecuzione dell'imponente tela raffigurante l'Assunta per il monastero di Geisenfeld in Baviera. Nel corso della sua attività artistica si dedicò assiduamente al disegno a discapito della pittura. Come i condiscepoli Pasquale Ottino e Santo Creara, morì nel 1630 di peste, dopo avere prestato assistenza ai malati.

Il Museo di Castelvecchio possiede numerosi lavori di Bassetti, fra cui Ritratto di vecchia monaca, Il vecchio dai guanti, Il vecchio dal libro aperto, Cristo e la moneta, Apostolo sdraiato, sant'Antonio, L'incredulità di San Tomaso, San Francesco confortato dagli Angeli, Il casto Giuseppe, Il Risorto che compare alla Madre, San Pietro incatenato, La Madonna col Bambino e San Francesco. Numerose sono pure le sue opere sparse nelle chiese della città di Verona e della diocesi. In Verona nella chiesa di San Nicolò troviamo un San Nicola (presbiterio sinistro) e un San Giovanni Battista (primo altare a destra); in Santo Stefano ricordiamo I cinque Santi Vescovi (nella Cappella degli Innocenti); in San Fermo osserviamo L'Annunciazione (Cappella della Madonna); in Sant'Anastasia L'Assunzione (Cappella del Rosario); in Santa Maria della Scala il Ritrattino del Pona (quarto altare a destra). In Diocesi nella chiesa della Madonna dell'Uva Secca a Povegliano è conservata L'Assunta, mentre nella chiesa di Santa Maria in Progno a Negrar si trova La Madonna con San Domenico e due devoti.