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Agostino lava i piedi al Cristo pellegrino
JUAN e NICOLAS BECERRA
1650-1680
Morelia, chiesa ex convento di sant'Agostino
Agostino lava i piedi al Cristo pellegrino
ll dipinto è opera di Juan e Nicola Becerra, due pittori che sono noti in Messico verso la metà del Seicento e oltre. La scena è stata ampiamente ripresa da una stampa pubblicata a Parigi da Schelte da Bolswert. Poche sono le varianti rispetto all'originale: principalmente riguarda le figure di Agostino e dei monaci che si vedono nella parte destra della pittura in mezzo a un bosco in attitudine di preghiera.
Questa leggenda mette in luce la carità di Agostino e divenne molto cara agli Eremitani ed ai Canonici. Secondo M. Aurenhammer, che lo affermò nel suo Lexikon der christlichen Ikonographie (Vienna, 1953), la leggenda sarebbe stata elaborata in Spagna, dove in effetti appare per la prima volta. Da lì si diffuse nelle Fiandre.
Probabilmente fu estrapolata da qualche frase di Giordano di Sassonia, che nel suo Liber vitasfratrum scrisse: "Unde in Vitaspatrum legitur, quod sanctus Apollonius fratribus suis praecipiebat attentius, ut advenientes fratres quasi Domini susciperent adventum: "Nam et adorari adventantes fratres propterea", inquit, "traditio habet ut certum sit in adventu eorum adventum Domini nostri iesu Christi haberi, qui dicit: Hospes fui et susceptistis me". Et hoc sumpta est illa laudabilis observantia Ordinis, ut fratres hospites recipiantur cum genuflexione et manuum deosculatione."
N. CRUSENIUS nel suo Monasticon Augustinianum, I, 7 pubblicato a Vallisoleti nel 1623 a sua volta scrive: "Ad interiora deserti secedens, Christum hospitio suscipit, pedes lavat et audit: 'Augustine, Filium Dei hodie in carne videre meruisti; tibi commendo Ecclesiam meam.' S. Prosper et alii ", dove questi alii sarebbero Ferdinando vescovo di Tarragona e Jean Maburn canonico regolare.
Il primo a produrre questo tema iconografico fu Huguet, ma sarà Bolswert con le sue incisioni a diffonderlo ampiamente. La valenza di questo soggetto è teologicamente importante sia perché abbondano i testi agostiniani che sottolineano il valore dell'ospitalità al pellegrino, e perché Agostino stesso diede molta importanza all'ospitalità nei suoi monasteri. Già nelle Costituzioni Agostiniane del 1290 si trova il passo che stabilisce per i pellegrini la possibilità di lavarsi i piedi nel monastero. Nel 1686 si ribadisce che bisogna lavare i piedi dei pellegrini come se fossero la persona di Cristo.
Il tema di Agostino che lava i piedi al Cristo ha un grande valore anche teologico, poiché secondo la tradizione degli agostiniani eremitani, Agostino quando era monaco a Tagaste si sarebbe ritirato in un eremo con finalità di pura contemplazione. L'apparizione di Cristo in forma di pellegrino, gli avrebbe imposto di ritornare al mondo per testimoniare con la parola e le opere la vita cristiana.
Spesso la scena è accompagnata dal testo "O grande padre Agostino, ti affido la mia Chiesa", tratto da un apocrifo ambrosiano. E' un chiaro segno per giustificare la vita mista fra contemplazione e azione propria degli eremitani, con l'invito a seguire l'esempio del santo fondatore.
L'edificio conventuale di Morelia risale al XVI secolo ed è oggi adibito a Museo. Sebbene sia assai ricca di dipinti, reliquie, ornamenti e santi, la struttura mantiene una sobrietà elegante nelle sue forme. Si pensa che l'intero complesso monastico sia il secondo edificio più antico di Morelia. Il convento rivela anche una influenza stilistica di tipo gotico. La chiesa, il convento e la struttura della piazza da mercato di Antojitos sono tipiche della concezione urbanistica coloniale, anche se sono stati costruiti in tempi diversi.
I primi agostiniani a mettere piede nelle terre di Michoacan furono Fray Juan de San Román e Fray Diego de Chavez e Alvarado, che si stabilirono per la prima volta a Tiripetío, dove costruirono il convento, la chiesa e l'ospedale. Gli agostiniani vennero espulsi dal loro monastero nel 1863 ma solo tre anni dopo l'imperatore Massimiliano permise loro di ritornarvi.
Tuttavia quando le forze politiche liberali tornarono al potere, i monaci vennero nuovamente espulsi. Da allora la chiesa e il convento ebbero destini diversi. La piazza di sant'Agostino, il cui nome originario era Plaza Ignacio Comonfort, fiu realizzata sull'area di un preesistente cimitero.
In questo luogo viene venerata la Vergine di Socorro, una immagine che venne donata ai monaci agostiniani da San Tommaso de Villanueva, arcivescovo di Valencia, prima della sua morte avvenuta nel 1565. Uno dei luoghi meglio conservati di questa chiesa è una cappella laterale, posta accanto alla sacrestia, la cui volta e le cui pareti sono coperte da dipinti di illustri personaggi del tempo della Nuova Spagna realizzati dal pittore Javier Tapia.