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PITTORI: Bellavia Marcantonio

Sant'Agostino e san Gerolamo

Sant'Agostino e san Gerolamo

 

 

BELLAVIA MARCANTONIO

1670

Roma, Istituto Nazionale per la Grafica

 

Sant'Agostino e san Gerolamo

 

 

 

La stampa apparve in un volume dal titolo OPERE DIVERSE ET DI ANIBAL CARACI. L'incisione falsamente attribuita dall'editore Vincenzo Belli ad Annibale Carracci, in realtà è opera dell'incisore siciliano Marcantonio Bellavia, che svolse la sua attività a Roma. La tavola raffigura S. AGOSTINO E S. GIROLAMO  uno di fronte all'altro, mentre stanno scrivendo ciascuno su un libro. Agostino è raffigurato a sinistra in abiti episcopali con la mitra in testa.

Per mezzo di Alipio, che prima del suo episcopato era stato in Palestina, Agostino s'era messo in contatto con san Gerolamo che fin dall'estate del 386 si era definitivamente ritirato a Betlemme. Gli aveva mandato una lettera per mezzo di un suo compagno, Profuturo, che nel frattempo era stato nominato vescovo di Cirta. Incomincia così la corrispondenza polemica di Agostino e Gerolamo, che una serie d'incidenti, di malintesi e di false notizie, oltre agli argomenti discussi, doveva contribuire a rendere aspra.

Agostino voleva conoscere l'opinione vera di Gerolamo su Origene, non riusciva a rendersi ragione che fosse necessario tradurre nuovamente l'Antico Testamento dall'ebraico, come Gerolamo stava facendo, mentre poteva bastare una semplice revisione del latino, condotta sulla versione greca dei Settanta, così come Gerolamo stesso aveva fatto per Giobbe. Soprattutto gli dispiaceva che nel commentare l'epistola ai Galati, Gerolamo avesse mostrato d'intendere che la disputa tra san paolo e san Pietro in Antiochia, raccontata nell'epistola stessa (II, 11 e seg.) fosse finta: un semplice artificio escogitato di comune accordo dagli apostoli per cavarne una lezione a vantaggio di tutti.

Pareva ad Agostino che in tal modo si desse implicitamente ragione ai manichei, che pretendevano di togliere dal Nuovo Testamento quello che a loro dispiaceva, asserendo trattarsi d'interpolazioni tendenziose. E tanto gli stava a cuore questo punto, da indurlo a scrivere un libro apposta, il De Mendacio, in cui Gerolamo è trattato piuttosto male, come il difensore della menzogna. Agostino coglie l'occasione per affermare il suo concetto che, a differenza dell'Antico, il Nuovo Testamento, a eccezione delle parabole di Gesù, va interpretato alla lettera; mentre nell'Antico l'interpretazione allegorica serve soltanto a dimostrare l'accordo tra le due parti della Scrittura, specie là dove il racconto - pur vero - raccolto alla lettera, offenderebbe il senso morale. La polemica si invelenì: Agostino invitata Gerolamo a contare la sua Palinodia, a Girolamo era giunta notizia, da Roma, d'un libro di Agostino contro di lui. Per non acuire il dissidio, Agostino si astenne dal pubblicare il De Mendacio.

 

 

Marcantonio Bellavia

Di questo incisore di origini siciliane non è nota né la data di nascita né il luogo dove nacque.

Tra il 1668 e il 1670 risiede a Roma, dove svolse tutta la sua attività di pittore e di incisore. Per lungo tempo fu aiuto e collaboratore del pittore Girolamo Troppa. Seguace di Pietro da Cortona, Bellavia ha lasciato una testimonianza della sua pittura nella cappella De Angelis in S. Maria in Aracoeli con gli affreschi della volta che raffigurano la Gloria di san Pietro d'Alcantara e nella prima cappella a destra del fonte battesimale in San Andrea delle Fratte. Agli inizi del Settecento Vincenzo Belli pubblicò 60 sue incisioni con l'indicazione: Opere diverse di Annibale Carracci. In realtà erano incisioni di Bellavia, come appare dal suo monogramma "M. A. B." e "M. A. B. I.". La numero 39 riporta l'iscrizione: "Marcus Antonius, Bellavia in. et pr. Rome". Poco dopo Venanzio Monaldini ristampò 38 incisioni di Bellavia raccogliendole in un volume dal titolo: Pensieri diversi lineati et intagliati d'Anibale Caracci. A tutti i pezzi il Monaldini aggiunse le lettere truffaldine "A. C. IN."