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Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Seicento: Michelangelo BraidiPITTORI: Michelangelo Braidi
Madonna della Cintura con i santi Agostino e Monica
MICHELANGELO BRAIDI
1569-1660
chiesa di sant'Agostino a Narni
Madonna della Cintura con i santi Agostino e Monica
L'Altare maggiore a sinistra e di stile barocco, fu costruito nel 1736 a spese della famiglia Scotti di San Vito, che ha la sepoltura in questa Chiesa; sopra vi e collocata una tela di pregio che rappresenta la Madonna della Cintola (olio su tela 325x190) del pittore narnese Michelangelo Braidi, autore anche dei quadretti laterali. Di recente il critico d'arte Vittorio Sgarbi ha attribuito l'opera a Simone de Magistris, che era contemporaneo del Braidi e suo maestro.
Braidi fu un pittore narnese che lavorò localmente. Fu un manierista, ma espresse una certa originalità di composizione e di tonalità di colore. Nella sua produzione artistica si osserva un progresso nell'uso del colore, che, da acceso delle opere giovanili, con predominio del rosso, raggiunge una più matura luminosità nelle opere successive. A S. Angelo in Massa c'è una sua tela che rappresenta la Natività: è firmata, con data 1595 e la precisazione che egli aveva 26 anni. Altra tela è nella chiesa della Quercia, altra a Taizzano; lavorò poi nella chiesa narnese di S. Agostino. Lavorò per le nobili famiglie Eroli e Cesi, sia in patria che a Roma: per Cesi affrescò la cappella omonima (ora Massimo) in S. Maria Maggiore.
La festa della Madonna della Cintura viene celebrata la prima domenica dopo il 28 agosto, memoria di sant'Agostino. La devozione alla Vergine della Cintura, secondo la tradizione, è nata dal desiderio di Santa Monica di imitare Maria anche nel modo di vestire: Monica infatti avrebbe chiesto alla Madonna di farle conoscere quale era il Suo abbigliamento durante la Sua vedovanza e, soprattutto, come vestiva dopo l'ascesa al cielo di Gesù. La Vergine, accontentandola, le apparve coperta da un'ampia veste di stoffa dozzinale, dal taglio semplice e di colore molto scuro, ossia in un abito totalmente dimesso e penitenziale. La veste era stretta in vita da una rozza cintura in pelle che scendeva quasi fino a terra. Maria, slacciatasi la cintura, la porse a Monica raccomandandosi di portarla sempre e le chiese di invitare tutti coloro che desideravano il Suo particolare patrocinio ad indossarla. Fra i primi ci fu sant'Agostino e, poco per volta, la cintura divenne uno dei tratti distintivi dell'ordine degli Agostiniani e di quanti hanno regole di vita che traggono spunto da sant'Agostino. La cintura nel mondo romano ed in questo contesto in particolare, aveva un valore simbolico ed indicava un legame (non a caso giocava un ruolo importante nel matrimonio dell'età classica), in un rapporto certamente di livello impari, di sottomissione che comportava una protezione, espressa da parte della Madonna nella forma del Patrocinio. Nella coroncina da recitarsi ogni giorno da parte dei "cinturati" questo accessorio viene interpretato come l'umanità di Cristo che per amore ha sparso il Suo sangue per le Sue creature. Portare la cintura equivale ad avere di fronte a sé il volto del Redentore e deve aiutare a tenere un comportamento aderente al Vangelo, secondo la volontà del Signore. Sono frequenti le immagini in cui si ritrae la Vergine, in alto, tra santa Monica e sant'Agostino in atto di donare la propria cintura: la Madonna appare con il Bambino in braccio, elemento che manca nel racconto tradizionale e non indossa affatto un abito scuro ma è raffigurata quasi sempre con la veste rosa e azzurra: il colore penitenziale rimane solo per la cintura che offre ai fedeli anche perché il nero o il marrone sono due colori capaci di evidenziare il particolare all'interno della composizione pittorica. L'iconografia della Madonna della Cintura è simile in vari casi a quella della Vergine del Rosario e la stessa Cintura si può confondere con quello strumento di preghiera: come nel caso della Madonna di Pompei, anche la Vergine della Cintura viene sovente raffigurata fra due santi uno di sesso maschile e l'altro femminile.
Simone De Magistris
Il clima culturale in cui opera Simone De Magistris è quello dei pittori ribelli che durante il manierismo cercano una grammatica nuova, non convenzionale, con soluzioni imprevedibili e impreviste. Simone non è un "minore", poiché non è un seguace, né è subalterno a nessuno, risultando molto originale, fino ad assomigliare a El Greco in una dimensione astratta e visionaria dei soggetti, nelle composizioni sghembe, nelle figure storte, nei colori lividi. Bizzarro, sconclusionato, anomalo, Simone De Magistris è un ribelle. Resiste solo otto giorni nella bottega di Lorenzo Lotto, il quale così annota nel suo "Libro di spese diverse" in data 10 agosto 1553.
Simone è un ribelle e presto si scoccia dell'anziano pittore, pieno di acciacchi, verso cui deve avere avuto un contegno poco riguardoso. Abbastanza geniale, De Magistris rompe tutti gli schemi. E' interessante verificare che il caldarolese arriva a una personalissima visione del mondo, un effetto deformante e sognante abbastanza affine a El Greco: storce, scompone, allunga le facce, i paesaggi si mischiano con le figure, un clima manieristico che porta direttamente a Caravaggio.
De Magistris si caratterizza per la mancanza di regole, per l'eccentricità assoluta: uomo e pittore euforico, vitalistico. È un artista anticonformista, titolare di una visione assolutamente originale. Si era formato nella bottega familiare: Simone era figlio di un pittore, Giovanni Andrea, e fratello di un altro pittore, Giovan Francesco. Le opere sono ingenue, scolastiche, quasi un manifesto poco originale della pittura romana tra Raffaello e Michelangelo. La sua arte rappresenta uno scarto rispetto ai precedenti pittori.
La "Madonna della cintola" di Narni presenta un curioso giallo nell'attribuzione. Vittorio Sgarbi la attribuisce a De Magistris, mentre Giordana Benazzi la attribuisce a Michelangelo Braidi.