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Sant'Agostino allo scrittoio
MAESTRO DI CAVA
1600-1650
Cava dei Tirreni, Museo della Abbazia benedettina della SS. Trinità
Sant'Agostino allo scrittoio
Il pittore ha raffigurato una scena in cui Agostino si trova nel suo studio davanti a uno scrittoio seduto in atto di scrivere. Un grande calamaio nero con una penna d'oca infissa si nota in primo piano a destra sopra una groviglio di fogli non ancora scritti. Sul tavola, praticamente vuoto, è deposto un grande libro aperto che Agostino regge con la mano sinistra. Il libro è spiegazzato e non sembra avere una copertina rigida, il che gli conferisce una insolita dinamicità. Il santo non guarda il libro ma volge la sua attenzione verso l'esterno e il suo volto esprime un senso di meraviglia, quasi avesse letto qualcosa che lo ha profondamente colpito. Il gesto della mano destra, che accompagna l'espressione del volto, conferma la sensazione di una scoperta intellettuale importante. La mano destra si appoggia dolcemente su un bracciolo intagliato della sedia, che non si vede, ma se ne percepisce la presenza.
Agostino indossa una tunica nera, tipico abito dei monaci agostiniani. E' dunque assai probabile che l'opera sia di committenza agostiniana. Il volto del santo ha un aspetto ancora giovanile con una folta barba nerastra che gli copre il volto. Lo sguardo del santo è particolarmente intenso e la composizione stessa della tela lascia presagire la buona qualità artistica del suo autore.
L'opera è conservata all'interno del sito museale dell'Abbazia benedettina della SS. Trinità a Cava dei Tirreni, dover si possono ammirare numerose tele, sculture, ceramiche, miniature a partire dal Duecento. In esso vi sono presenti numerose testimonianze artistiche tra cui un grande polittico dipinto per l'altare maggiore della Chiesa, risalente alla metà del Settecento, probabilmente eseguito da Cesare da Sesto, che aderiva al movimento lombardo-raffaellesco di Andrea Sabatini. Nel museo vi sono altre opere quale la pala dipinta per la chiesa di S. Cesareo da Agostino Tesauro o il tondo eseguito da Francesco Penni su disegno di Raffaello. Sono presenti inoltre sarcofagi romani, sculture medievali, pitture del Trecento e Quattrocento di scuola senese, una statua policroma raffigurante una Madonna col Bambino e una raccolta di dipinti su tavola del Cinquecento. Vi sono anche oggetti di ceramica, porcellana, avorio e metallo di varie epoche e fatture. Ricordiamo fra i vari reperti una cassetta eburnea del XII secolo di fattura bizantina, carte nautiche trecentesche ed alcuni corali, esempi del prezioso materiale cartaceo e pergamenaceo che la Badia custodisce nel suo ricchissimo archivio.
L'abbazia sorge in collina, a circa 400 metri sul livello del mare, a 3 km dal centro dalla città di Cava dei Tirreni e a poca distanza dalla costiera amalfitana e dall'agro nocerino.
Il fondatore dell'abbazia fu sant'Alferio Pappacarbone, un nobile salernitano di origine longobarda che aveva vissuto una esperienza spirituale a Cluny e che nel 1011 si ritirò sotto la grande grotta Arsicia alle falde del monte Finestra per trascorrervi vita eremitica.
La basilica fu costruita nell'XI secolo dall'abate san Pietro Pappacarbone e consacrata dal papa Urbano II nel 1092. Nel Settecento fu completamente ricostruita su progetto di Giovanni del Gaizo. Della basilica medioevale si conservano l'ambone cosmatesco del XII secolo e la cappella dei Santi Padri, ristrutturata e rivestita di marmi policromi nel 1641.
L'origine dell'archivio dell'abbazia risale al 1025, quando il principe Guaimario III di Salerno e suo figlio Guaimario IV concessero, con un diploma, a sant'Alferio la proprietà della grotta Arsicia con il circostante territorio. Da allora vennero conservati tutti i diplomi, bolle, privilegi, donazioni, lasciti testamenti riguardanti l'abbazia, che sono tuttora custoditi.