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PITTORI: Giovanni Francesco Nagli detto il Centino

SSant'Agostino vescovo allo scrittoio del Centino

Sant'Agostino vescovo allo scrittoio

 

 

GIOVANNI FRANCESCO NAGLI detto il CENTINO

1629-1638

Rimini, Pinacoteca comunale

 

Sant'Agostino vescovo allo scrittoio

 

 

 

 

Nella Pinacoteca Comunale di Rimini è conservata questa splendida raffigurazione di sant'Agostino che risale alla prima metà del Seicento e che rivela la schiettezza dell'artista. L'autore è Giovanni Francesco Nagli detto il Centino, così soprannominato per le sue origini da Cento. L'occhio si avvicina a scrutare più da vicino la fisica e concreta parvenza del personaggio, la cui inconsueta dimensione nel campo ridotto della tela si accompagna al crescere della forma pittorica, che nell'addensarsi degli impasti va costruendo e modellando il volto rugoso e la mani, sfiorate dal lume, mentre sul rosso del piviale il bianco del camice guadagna risalto indimenticabile.

Su questo abbrivio di timbro così veracemente allusivo non sorprende che il gran libro spiegato a ridosso di una pila di altri in-folio posti di sbieco a mostrare lo spessore della pagina sollevata, offra significativa occasione di riscontro con i più accreditati maestri della poetica. Giovan Francesco Nagli originario di Cento ma divenuto riminese come Lorenzo Gennari, dalle opere risulta essere stato un seguace dell'ultima maniera di Guercino, e non un suo allievo diretto. Tuttavia, di quello stile, riuscì ad essere interprete dolcissimo e profondamente sincero.

 

Quando i Goti presero Roma, gli infedeli e gli idolatri insultavano cristiani. ed allora Agostino scrisse il suo libro La città di Dio in cui dimostra che i buoni devono essere talvolta oppressi dal dolore e che i cattivi tal devono godere. In questo libro tratta anche delle due città: Gerusalemme e Babilonia, e dei loro re e cioè Gesù Cristo, re di Gerusalemme e il demonio re di Babilonia. Da queste due città, egli dice, provengono due amori: dalla città del demonio l'amore di se stesso che porta al disprezzo di Dio; e dalla città di Cristo l'amor che porta al disprezzo di se stesso.

JACOPO DA VARAGINE, Legenda Aurea

AGOSTINO, Confessioni, 10, 3, 4

 

L'Agostino delle Confessioni è anche poeta. Gli studiosi non hanno tralasciato d'illustrare quest'aspetto. " È il suo senso di poesia - scrive uno di essi - che dà alla realtà spirituale un volto ed una voce, alla realtà sensibile un'anima ed un palpito, sicché, mentre la prima viene accostata a noi senza perdere la sua immateriale purezza, la seconda, senza che ne abbiamo la concretezza visibile, ci si fa scala per salire a Dio ".

Ed un altro afferma che tutte le qualità di Agostino scrittore, che furono molte, non spiegano la loro efficacia " se non si tien conto della grandezza del genio poetico del figlio di Monica ". La poesia è l'espressione più alta delle vibrazioni dell'anima, spesso della mistica. Così fu per Agostino. La sua fu la poesia dell'amore, dell'amicizia, della bellezza, del bisogno di Dio, della speranza; la poesia, per dirla con un sua immagine, d'un " filo d'erba assetato ": " Non abbandonare i tuoi doni - dice egli a Dio -, non disdegnare questo tuo filo d'erba assetato".

Si sa che le Confessioni sono una lettera a Dio, nella quale Agostino narra, loda, ringrazia, adora, implora, canta; canta le profondità abissali del cuore umano e le misericordie di Dio. L'uomo e Dio: ecco i due temi sui quali tesse i tredici libri delle Confessioni. Essi, scrive rileggendoli, " lodano Dio giusto e buono per i miei mali e per i miei beni, e verso di lui sollevano l'intelligenza e il cuore degli uomini "

La lode si trasforma spesso in preghiera d'implorazione o in ascesa interiore fino alle vette più alte della contemplazione. Nelle Confessioni ci sono le pagine più affascinanti dell'esperienza contemplativa agostiniana, pagine che si collocano per la forza narrativa e mistica tra le più belle della spiritualità cristiana. Aveva ragione uno scrittore, che era insieme filosofo e poeta, di dire, riferendosi alla narrazione dell'estasi di Ostia, che è una pagina di " profonda poesia " e " una delle cose più vertiginose dello spirito ... "; con essa " nasceva per la prima volta la poesia dell'estasi, il poema della comunicazione con Dio, la vertigine sublime dell'altezza, lo stupendo ascendere dell'anima sino all'assoluto Amore ... "