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Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Seicento: Maestro di ConcesioPITTORI: Maestro di Concesio
Sant'Agostino vescovo e san Paolo
MAESTRO DI CONCESIO
XVII secolo
Concesio, chiesa S. Andrea
Sant'Agostino vescovo e san Paolo
L'altare laterale destro della chiesetta-oratorio di sant'Andrea a Concesio è dedicato a San Paolo ed è sormontato da una pala che risale al tardo seicento. La pala presenta una raffigurazione iconografica abbastanza inconsueta: seduto sopra una nuvola, volteggia nell'aria la figura scura e imponente di S. Paolo che regge una grande spada: alla sua sinistra si possono notare due figure femminili e sopra le loro teste svolazza un putto che solleva un drappo. In basso a destra è raffigurato un vescovo con mitra, piviale e pallio che raffigura quasi certamente sant'Agostino, come richiama la presenza a fianco di un san Nicola da Tolentino. Il santo vescovo di Ippona è affiancato da un angioletto che regge il pastorale, con ai piedi un libro aperto. Questo atto di umiltà a dispetto della carica episcopale rivestita, lo troviamo frequentemente nella iconografia agostiniana. La prima attestazione che richiama l'esistenza di questa tela risale al 1818.
In realtà, nella sua posizione attuale, in origine si trovava un'altra pala che fu commissionata da Bartolomeo Picinelli nel 1610, lo stesso benefattore della chiesa che aveva cinto con un muretto la dotazione di terreno dell'edificio sacro.
La struttura originaria della chiesa risale probabilmente al XIV secolo e presenta una forma quadrata. Recentemente sono stati rinvenuti alcuni affreschi di grande valore che sono conservati su una parete che potrebbe coincidere con il presbiterio originale.
Probabilmente il ventennio 1600-1620 fu un periodo di grandi cambiamenti per il tempietto visto che in quegli anni venne restaurato il campanile, costruito il muro di cinta, realizzata la pala dell'altare maggiore e anche questa laterale.
Parafrasando san Paolo, Agostino affermava che l'uomo può raggiungere la Verità, ma non la può possedere, poiché sarebbe possedere Dio; piuttosto, l'uomo ne viene posseduto.
Distinguendo la volontà di fare il bene dalla capacità effettiva di realizzarlo, Agostino si rifà ancora alle parole di Paolo di Tarso: «C'è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; io infatti non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me» (Paolo, Lettera ai Romani, VII, 18-20).
Sarebbe anche impossibile indagare le ragioni per cui Dio interviene a favore di alcuni e non di altri, perché noi non abbiamo titoli per criticare Dio. Agostino si rifà in proposito ancora una volta alle parole di Paolo di Tarso: «O uomo, chi sei tu per disputare con Dio? Oserà forse dire il vaso plasmato a colui che lo plasmò: "Perché mi hai fatto così?". Forse il vasaio non è padrone dell'argilla, per fare con la medesima pasta un vaso per uso nobile e uno per uso volgare?».