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PITTORI: Michele Desubleo

Sant'Agostino e il Cristo pellegrino

Sant'Agostino e il Cristo pellegrino

 

 

MICHELE DESUBLEO

1640-1652

Bologna, Pinacoteca Nazionale

 

Sant'Agostino e il Cristo pellegrino

 

 

 

 

Grandiosa pala, con telero da 384 cm di altezza e 255 di larghezza, che ci presenta un tema comune al secolo: l'episodio leggendario della visita ad Agostino di Cristo sotto l'aspetto di un pellegrino. Agostino è in ginocchio, vestito con il saio degli Eremiti agostiniani e tiene un asciugamano con cui lava e asciuga i piedi del Cristo. Un secchio deposto al centro del dipinto rammenta l'opera di carità di Agostino.

Sulla sinistra un pellegrino scalzo assiste all'episodio, così come a destra un monaco osserva quanto sta succedendo con lo sguardo sorridente. Agostino ha una lunga barba e un viso maturo ed espressivo. Sulla destra, vicino alla anfora dell'acqua, un libro aperto riporta l'incipit della Regola agostiniana. Il Cristo occupa magistralmente la centralità della pala attorniato da una miriade di angeli. Sul fondo a destra si nota la classica costruzione di una chiesa, che Cristo affida ad Agostino.

 

Questa leggenda mette in luce la carità di Agostino e divenne molto cara agli Eremitani ed ai Canonici. Secondo M. Aurenhammer, che lo affermò nel suo Lexikon der christlichen Ikonographie (Vienna, 1953), la leggenda sarebbe stata elaborata in Spagna, dove in effetti appare per la prima volta. Da lì si diffuse nelle Fiandre.

Probabilmente fu estrapolata da qualche frase di Giordano di Sassonia, che nel suo Liber vitasfratrum scrisse: "Unde in Vitaspatrum legitur, quod sanctus Apollonius fratribus suis praecipiebat attentius, ut advenientes fratres quasi Domini susciperent adventum: "Nam et adorari adventantes fratres propterea", inquit, "traditio habet ut certum sit in adventu eorum adventum Domini nostri iesu Christi haberi, qui dicit: Hospes fui et susceptistis me". Et hoc sumpta est illa laudabilis observantia Ordinis, ut fratres hospites recipiantur cum genuflexione et manuum deosculatione."

N. CRUSENIUS nel suo Monasticon Augustinianum, I, 7 pubblicato a Vallisoleti nel 1623 a sua volta scrive: "Ad interiora deserti secedens, Christum hospitio suscipit, pedes lavat et audit: 'Augustine, Filium Dei hodie in carne videre meruisti; tibi commendo Ecclesiam meam.' S. Prosper et alii ", dove questi alii sarebbero Ferdinando vescovo di Tarragona e Jean Maburn canonico regolare.

Il primo a produrre questo tema iconografico fu Huguet, ma sarà Bolswert con le sue incisioni a diffonderlo ampiamente. La valenza di questo soggetto è teologicamente importante sia perchè abbondano i testi agostiniani che sottolineano il valore dell'ospitalità al pellegrino, e perchè Agostino stesso diede molta importanza all'ospitalità nei suoi monasteri. Già nelle Costituzioni Agostiniane del 1290 si trova il passo che stabilisce per i pellegrini la possibilità di lavarsi i piedi nel monastero. Nel 1686 si ribadisce che bisogna lavare i piedi dei pellegrini come se fossero la persona di Cristo.

Il tema di Agostino che lava i piedi al Cristo ha un grande valore anche teologico, poiché secondo la tradizione degli agostiniani eremitani, Agostino quando era monaco a Tagaste si sarebbe ritirato in un eremo con finalità di pura contemplazione. L'apparizione di Cristo in forma di pellegrino, gli avrebbe imposto di ritornare al mondo per testimoniare con la parola e le opere la vita cristiana.

Spesso la scena è accompagnata dal testo "O grande padre Agostino, ti affido la mia Chiesa", tratto da un apocrifo ambrosiano. E' un chiaro segno per giustificare la vita mista fra contemplazione e azione propria degli eremitani, con l'invito a seguire l'esempio del santo fondatore.