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Madonna in trono con Bambino e i Santi Agostino, Antonio da Padova e Giovanni Battista
FERRARI LUCA
1650-1654
Villa Estense, chiesa di Sant'Andrea Ap. e Colomba V. M.
Madonna in trono con Bambino e i Santi Agostino, Antonio da Padova e Giovanni Battista
La tela che raffigura questa Madonna in trono con il Bambino che tiene fra le mani un giglio, è attribuita a Luca Ferrari detto da da Reggio. La Vergine è attorniata, ai piedi del trono, da tre santi che si possono facilmente riconoscere nei santi Agostino, Antonio da Padova e Giovanni il Battista. L'opera risale al periodo finale dell'attività artistica di Ferrari e ne esprime la qualità, dove sorprendono i modi narrativi della pittura emiliana in una composizione organizzata in gruppi di figure, Ciascun personaggio è cadenzato con un gusto naturalistico attento e preciso,
Agostino è raffigurato a destra mentre sfoglia un libro di grandi dimensioni sorretto da un angelo. la sua espressione è complessa con una viva partecipazione alla lettura i cui contenuti sembrano esaltati dalle dita alzate della mano destra.
Ai suoi piedi un angelo gli regge la mitra e il bastone pastorale.
Giovanni il Battista, con uno sguardo che va oltre l'orizzonte della pittura con la mano sinistra indica, quasi invita, a considerare attentamente il libro da cui legge Agostino.
Luca Ferrari
Noto anche come Luca da Reggio perchè nacque a Reggio nell'Emilia nel 1605, questo pittore si formò nella bottega di Alessandro Tiarini. Al servizio della corte modenese Ferrari risulta infatti stipendiato nel 1627 come “aiutante pittore” di Alessandro Tiarini. La sua gioventù artistica fu influenzata dalla ventata artistica prodotta dal cantiere decorativo del Tempio della Beata Vergine della Ghiara. Prima di trasferirsi a Padova, l’artista realizza, fra il 1630 ed il 1635, quattro tele per la parrocchiale di Volta Mantovana. Nel 1632 si sposa a Padova con Elisabetta Mercati. In questa città dipinge un grande telero con S. Domenico che intercede per la fine della peste (Padova, Cassa di risparmio di Padova e Rovigo), eseguito nel 1635 per la chiesa di S. Agostino a Padova. L'opera gli era stata, commissionata da Lionello e Iacopo Rinaldi Papafava. Nei primi anni padovani a Ferrari vennero commissionati anche dipinti religiosi: nel 1637 eseguì per la chiesa dei Servi una tela in cui Ardingo vescovo di Firenze si veste da servita (ora perduto). Per la stessa chiesa dipinse anche Maria che appare ai fondatori dell'Ordine (1618). A questo periodo dovrebbe appartenere anche la pala raffigurante S. Clemente papa per la chiesa di S. Clemente. A Padova, dove soggiornò tra il 1639 e il 1643, venne a contatto con l'opera di Paolo Veronese. Tornato a Reggio nel 1644 per terminare la decorazione delle volte della Ghiara. Dal 1650 al 1654, anno della sua morte, ritornò stabilmente a Padova dove realizzò un importante ciclo con le Storie di Antenore e gli affreschi della Villa Emo Capodilista a Battaglia.
La sua pittura esprime ascendenze naturalistiche emiliane sovente associate al colorismo veneto. Suo allievo fu Antonio Domenico Triva. Fu sepolto nella chiesa di San Giovanni di Verdara.
Queste informazioni sono richiamate da Luigi Lanzi, autore de La Storia pittorica dell’Italia (1795-96) dove così dipinge Ferrari: “Scolar di Guido [Reni], riuscì grandioso più che delicato; onde per le pitture che fece in patria a S. Maria della Ghiara, dallo Scannelli fu creduto seguace del Tiarini. Tuttavia in alcune arie di teste, e in certe leggiadre mosse, non dimentica la grazia del suo istitutore. In Padova è una sua Pietà a S. Antonio, di gran carattere, e di raro colorito. In quadri di molte figure, com’è la Pestilenza del 1630, dipinta a’ Domenicani, non par felice altrettanto; né Guido gli avea dati grandi esempi in questo genere, solito a pesar piuttosto le sue figure che a numerarle".