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PITTORI: Maestro romagnolo

Sant'Agostino vescovo e Dottore della Chiesa

Sant'Agostino vescovo e Dottore della Chiesa

 

 

MAESTRO ROMAGNOLO

1675-1700

Forlimpopoli, Raccolta Comunale d'Arte

 

Sant'Agostino vescovo e Dottore della Chiesa

 

 

 

Questa pittura a olio è stata dipinta da un anonimo pittore che si muoveva nell'ambito artistico romagnolo. L'opera, della dimensioni di cm 72 in larghezza e 93 in altezza, venne dipinto verso la fine del Seicento o gli inizi del Settecento. Il soggetto della pittura è Agostino, vescovo di Ippona, che è raffigurato al centro della tela, a busto intero, con il corpo leggermente girato di tre quarti verso sinistra. Il capo e lo sguardo del volto sono rivolti verso destra e direttamente verso l'alto. Agostino indossa ricchi paramenti ecclesiastici, fra cui si riconosce un ampio mantello di colore rosato, caratterizzato da un'alta bordatura dorata e finemente ricamata. In testa Agostino porta una elegante mitria vescovile. Il Santo è seduto davanti a uno scrittoio su cui è stato riposto un volume, mentre tiene nella mano sinistra un libro aperto. Con la mano destra invece impugna una penna come se avesse intenzione di scrivere.

Questo genere di composizione è stato ripetutamente utilizzato da numerosi artisti nelle rappresentazioni tradizionali di Agostino, dato che una delle caratteristiche che lo contraddistinguono è proprio quella di avere lasciato in eredità uno straordinario numero di opere scritte.

Le brevi annotazioni contenute nell'inventario della Quadreria comunale redatto nel 1972, riportano che la tela in origine si trovava nell'ex convento delle Suore Agostiniane. Non possediamo purtroppo ulteriori dettagli circa la sua collocazione all'interno della chiesa o del convento, che costituivano il complesso monastico. Il convento fu parzialmente soppresso nel 1797, ma nel 1810 lo fu definitivamente. In ogni caso già nel 1805, a seguito di un decreto, le monache furono costrette ad abbandonare il convento e riuscirono a trovare ospitalità presso il Monastero di clausura di Roncofreddo. Dopo il 1826, rientrarono nel loro convento e fu concesso loro di abitarlo fino al 1892, anno in cui il Regio Demanio cedette l'edificio al Comune. Nelle aree non più occupate dalle monache, l'Amministrazione comunale introdusse le Scuole elementari femminili. Le Suore furono definitivamente allontanate nel 1910 e dovettero stabilirsi nell'attuale sede in via Saffi. Si tramanda che al momento del trasferimento, la tela che raffigurava S. Agostino sia stata da loro lasciata a protezione del monastero.

Alcune annotazioni del medesimo inventario attribuirebbero la paternità dell'opera a un certo "Bondo", pittore forlivese. Questa indicazione, se attendibile, rimanderebbe alle figure dei fratelli Bondi, Francesco Antonio (1664-...) e Andrea Felice (1670-1733), pittori forlivesi assai attivi fra la fine del Seicento e i primi decenni del Settecento. Sia Francesco Antonio che Andrea Felice furono allievi, verso la metà degli anni Ottanta del Seicento, della nascente scuola di Carlo Cignani. I due fratelli collaborarono con il maestro alla realizzazione di opere di fondamentale importanza nel panorama artistico forlivese di quel tempo.

La loro straordinaria attività artistica venne descritta già nelle fonti coeve, soprattutto da Giorgio Viviano Marchesi che nelle "Vitae virorum illustrium foroliviensium", edite nel 1726, dedica a Felice Andrea, il più dotato dei due fratelli, una biografia. Il racconto di Marchesi sostiene che il pittore "colpito da malattia" fu costretto, all'apice della carriera, ad abbandonare l'attività. L'ultimo lavoro dei Bondi è la realizzazione della decorazione ad affresco della volta della cupola della cappella di San Pellegrino Laziosi nella chiesa forlivese dei Servi di Maria.

A causa dell'infermità mentale, Andrea Felice nel 1715 fu costretto a interrompere i lavori commissionati dai Padri dei Servi di Maria ed è molto probabile che il cantiere sia stato terminato da Francesco Antonio. Anche di quest'ultimo si perdono le tracce al termine del lavoro e, ad oggi, non è dato sapere se egli abbia continuato a operare autonomamente. La proposta attribuzione della tela di sant'Agostino ai fratelli Bondi - o, più realisticamente, alla mano di Francesco Antonio grazie al confronto con il dipinto "San Donato e Santa Caterina d'Alessandria" (custodito presso la pieve di San Donato a Polenta di Bertinoro) - è interessante ma non suffragata da alcun documento.