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PITTORI: Maestro di Gilles

Agostino fra il sangue di Cristo e il latte della Vergine

Agostino fra il sangue di Cristo e il latte della Vergine

 

 

MAESTRO DI GILLES

1640-1660

Saint Gilles, chiesa di san Gilles

 

Agostino fra il sangue di Cristo e il latte della Vergine

 

 

 

Il tema trattato dall'artista autore dell'opera è piuttosto raro. In un inventario del 1841, relativo alla chiesa, è menzionato "un dipinto ad olio di Sant'Agostino accanto al fonte battesimale" (fascicolo P arch. diocesano), che potrebbe corrispondere a questa tela. I cinque dipinti attuali che si trovano nel coro si trovavano già nello stesso posto durante l'inventario del 15 febbraio 1906.

Nell'opera

Agostino è raffigurato in piedi al centro del dipinto con l'abito nero tipico dell'ordine agostiniano che segue la sua regola, cui ha sovrapposto un piviale rosso e oro riccamente decorato. Su un quadro ricamato del piviale è visibile la scena della Passione, dove i soldati vestono Gesù con un mantello viola. In segno di umiltà Agostino ha posto a terra il bastone pastorale e la mitra. Nell'angolo in alto a destra, Cristo appare a mezzo busto su una nuvola con le mani che presentano le stimmate. Il suo petto nudo è avvolto in un panno rosso vivo mosso dal vento. Nell'angolo in alto a sinistra, la Vergine, vestita con semplicità con un abito rosso, avvolta in un manto azzurro, mostra il seno destro. I numerosi angioletti reggono piccoli mazzi di fiori.

Il dipinto rappresenta l'esitazione di Agostino nel dover scegliere tra il latte della Vergine e il sangue di Cristo. Le parole "quo me vertam nescio" cioè "Non so a chi rivolgermi" scritte sui fogli di un libro aperto ai piedi del santo indicano il dilemma agostiniano. L'ambiente in primo piano è quello di un tempio di cui si vedono due palafitte, mentre un paesaggio urbano occupa lo sfondo lontano. La cornice è rettangolare, ma aggiunge un bordo leggermente curvato internamente, nella larghezza superiore. È realizzato in legno intagliato, patinato e dorato, con motivi a foglie d'acanto. La tela, dipinta ad olio, è composta da due strisce orizzontali ed è in uno stato di conservazione discretamente in buone condizioni.

 

L'episodio narrato nel quadro è relativo a una leggenda che nasce probabilmente in Italia. Diversi pittori si sono ispirati a essa che trae spunto da passi delle sue meditazioni: il santo è presentato innanzi al Cristo crocefisso ed alla Vergine, mentre, pregando, si domanda: "Hinc a vulnere pascor", e, volgendosi verso Maria, soggiunge: "Hinc lactor ab Ubere", concludendo: "Positus in medio quod me vertere nescio, Dicam ergo Jesu Maria miserere". Sembra che l'episodio prenda spunto da un passo della S. Aurelii Augustini Hipponensis episcopi et S. R. E. doctoris vita di Cornelius Lancelotz (1574-1622) O.S.A. edito ad Anversa nel 1616.

Lancillottus scrive, riportando parole apocrife di Agostino: "Positus in medio quo me vertam nescio. Hinc pascor a vulnere, hinc lactor ab ubere." La medesima scritta fu riportata da Francesco Francia e poi da Kartarius, un incisore nativo di Viterbo, che lavorò a Roma fra il 1560 e il 1570, nella sua stampa della Vita di Agostino edita nel 1570.

La prima immagine di Maria "Galactotrephousa" (così era chiamata in Oriente, mentre in Occidente veniva appellata come "Maria Lactans") è di origine copta e si trova in una cella monastica di Banit in Egitto e in una caverna eremitica del Monte Latmos in Asia minore (entrambi del sec. VI - VII) nonché a Roma in un frammento di scultura del secolo VI rinvenuto nel Cimitero di San Sebastiano. L'immagine paleocristiana della Virgo lactans, che nella rappresentazione del gesto materno per eccellenza evidenziava l'incarnazione del Cristo in una creatura terrena, fu recuperata nel secolo XII e incontrò enorme successo a partire dal XIII secolo, in coincidenza con la diffusione, promossa dai crociati, delle icone della Galactotrephousa che stimolò una fiorente produzione d'immagini devozionali sia nella pittura che nella scultura.

 

 

In origine la frazione di Obbrussel, l'antico nome della frazione di Saint-Gilles, apparteneva alla parrocchia di Forest. Nel 1216 Enrico I, duca di Brabante e Lotaringia, autorizzò la costruzione di una chiesa dedicata a Saint Gilles l'Eremita, attorno a cui si è poi sviluppato il villaggio di Obbrussel. Il paese fu distrutto nel 1578 nell'assedio spagnolo di Bruxelles. Nel 1595 iniziarono i lavori per la costruzione di una nuova chiesa, che fu completata solo nel 1756. Nel 1823 l'edificio fu dotato di una nuova torre. La forte crescita demografica costrinse le autorità a demolire la chiesa nel 1868 per costruirne una nuova più grande, il cui progetto fu affidato all'urbanista Victor Besme. I lavori iniziarono nel 1868 e terminarono nel 1878. L'edificio venne solennemente consacrato nel 1880.

La pianta basilicale della chiesa presenta un campanile-portico affiancato da due cappelle laterali, cui segue una navata centrale a quattro campate, divisa in tre navate. Nel 1879 il coro della chiesa fu dotato di vetrate colorate; quella centrale in fondo all'abside rappresenta, a sinistra, san Gilles, santa Barbara e san Francesco di Sales; a destra san Giuseppe, santa Elisabetta e san Giovanni Battista. Questi sono i santi patroni di diversi membri della famiglia Berckmans che furono i generosi donatori delle vetrate. Altre due vetrate nell'abside, offerte sempre da questa stessa famiglia, rappresentano i dodici apostoli.

 

La leggenda racconta che l'abbazia fu fondata nel VII secolo da sant'Egidio, su territori che aveva avuto in dono dal re visigoto Vamba dopo che questi lo aveva ferito involontariamente nel corso di una battuta di caccia. Il monastero, inizialmente dedicato ai santi Pietro e Paolo, nel IX secolo fu intitolato a sant'Egidio. Le sue reliquie custodite nella chiesa abbaziale riuscirono ad attirare numerosi pellegrini. Passata sotto la giurisdizione di Cluny, la chiesa fu ampliata e decorata dal XII al XV secolo. Nel corso delle guerre di religione la chiesa fu devastata dagli ugonotti e subì ulteriori danni durante la rivoluzione francese.